Guerra di religioneL’oltranzismo della destra italiana sulla mobilità elettrica

Al Parlamento europeo Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia votano contro la messa al bando delle auto a combustione dal 2035. E promettono battaglia pure sulle regole per i camion

AP/Lapresse

Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente una delle parti cruciali del pacchetto Fit for 55: dal 2035 nell’Unione Europea non si potranno vendere automobili o van che producono emissioni di anidride carbonica. Lo storico divieto di vendita su tutti i veicoli alimentati a combustibili fossili è stato approvato con trecentoquaranta voti a favore, a fronte di ventuno astenuti e duecentosettantanove contrari.

Tra questi ci sono tutti gli eurodeputati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: un’opposizione annunciata, quella dei partiti che compongono la coalizione di governo, che risponde a una linea da sempre molto critica sulla mobilità elettrica, in Europa.

«Errore ambientale»
La messa al bando totale dei motori endotermici dal 2035 si fonda su «un errore ambientale», afferma a Linkiesta Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia e relatore ombra per il Partito popolare europeo sul tema.

Perché la condizione delle «zero emissioni» taglierà fuori tutti i veicoli con motori endotermici, compresi quelli alimentati con i cosiddetti low-carbon fuels, meno inquinanti rispetto a benzina e diesel. E favorirà, a suo giudizio, un’unica tipologia di mobilità, producendo un’«elettrificazione a tappe forzate, che mette a rischio fino a cinquecentomila posti di lavoro», come ha specificato nel suo intervento in sessione plenaria.

«A livello mondiale, chi spinge per la mobilità elettrica è il Paese che produce elettricità in modo meno sostenibile di tutti: la Cina», dice l’europarlamentare a Linkiesta. «Per questo la norma è contraddittoria rispetto alle sue finalità ambientali».

Per Salini e il suo partito, la decarbonizzazione del settore dei trasporti, che da solo produce un quinto delle emissioni di gas climalteranti nell’Ue, deve avvenire considerando non solo le emissioni dal tubo di scappamento, ma l’intero ciclo di vita di un veicolo. Se i mezzi elettrici rischiano di venire alimentati da energia «non pulita», perché prodotta a partire da combustibili fossili, si spostano semplicemente le emissioni altrove invece che eliminarle, ragiona l’eurodeputato.

Il rischio di avvantaggiare le imprese cinesi a discapito di quelle europee è menzionato anche da Paolo Borchia, deputato della Lega e membro della commissione Trasporti del Parlamento europeo. Il suo partito considera l’obiettivo della neutralità climatica condivisibile, ma la tabella di marcia insostenibile.

«L’Ue vuole raggiungere le emissioni zero nel 2050, ma senza avere le tecnologie, né le filiere produttive, né le materie prime per farlo; la Cina ha tutte queste cose e fissa lo stesso obiettivo al 2060. Qualcuno non ha fatto bene i conti», dice a Linkiesta.

Inoltre, il parlamentare leghista sottolinea la difficoltà delle famiglie italiane a sostituire la propria macchina, con di conseguenza l’aumento dell’età media del parco auto nazionale. Questo aspetto rende la transizione verso la mobilità elettrica ancora più complicata e accresce il rischio boomerang rispetto agli obiettivi del Green Deal, visto che un’autovettura vecchia è quasi sempre più inquinante di una nuova. «Ci sono tutti gli elementi perché il nostro Paese vada in seria difficoltà a livello di mobilità».

Un obiettivo condiviso
Accanto a queste considerazioni rimangono quelle legate al tema occupazionale, su cui i partiti della destra italiana insistono molto da tempo. Nell’estate 2022 esultarono per l’approvazione in Parlamento del cosiddetto «emendamento salva-Ferrari», che posticipava di un anno la scadenza del 2035 per alcuni produttori automobilistici «di nicchia»: tra i mille e i diecimila esemplari annui per le macchine e tra i mille e i ventiduemila per i veicoli commerciali.

Tentativi di resistenza alla deadline del 2035, del resto, sono avvenuti anche al Consiglio dell’Ue, dove il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha provato (invano) a costituire una cosiddetta «minoranza di blocco», coerentemente con l’orientamento dei partiti che lo sostengono.

l’introduzione di deroghe, eccezioni e flessibilità è stata in realtà anche la missione del suo predecessore, Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica del governo di Mario Draghi, che insieme ai colleghi di Portogallo, Slovacchia, Romania e Bulgaria voleva persino spostare la scadenza complessiva al 2040.

Sulle automobili, il risultato più significativo per gli oppositori della proposta originaria resta una clausola di revisione dell’impatto, da effettuare nel 2026 prendendo in considerazione gli sviluppi tecnologici: una possibilità che lascia aperto lo spazio a modifiche strutturali della norma, come ha fatto capire anche il commissario europeo al Mercato interno Thierry Breton.

La prossima sfida: i camion elettrici
Mentre questa partita si chiude, con il voto finale all’Eurocamera e l’adozione formale del Consiglio prevista a breve, all’orizzonte ce n’è già un’altra, che vedrà la destra europea sulle barricate, con i suoi membri italiani in testa.

La Commissione europea ha appena proposto un target di riduzione delle emissioni anche per i veicoli pesanti, che sono responsabili del venticinque per cento delle emissioni del settore dei trasporti e del sei per cento del totale complessivo.

Entro il 2030 tutti i bus cittadini nell’Ue dovranno azzerarle, mentre per i camion gli obiettivi sono rispettivamente -45 per cento dal 2030, -65 per cento dal 2035 e -90 per cento dal 2040. Significa che i produttori di questi mezzi potranno mantenere solo una parte molto ridotta della loro flotta alimentata a combustibili fossili e dovranno «convertire» il resto in veicoli elettrici o a idrogeno: in pratica, servono centomila nuovi camion «a emissioni zero» immatricolati ogni anno segnala l’Associazione europea dei costruttori di auto. Una rivoluzione per un settore che oggi si muove al novantanove per cento a combustibili fossili.

Dalle soglie di riduzione sono esentati alcuni produttori di nicchia e tutti quei mezzi utilizzati per scopi militari, estrattivi, agricoli e forestali, così come ambulanze e camionette di polizia e vigili del fuoco. Non abbastanza per Paolo Borchia, che illustra a Linkiesta come questa nuova proposta normativa sia un altro passo nella direzione sbagliata: «Imporre legislazioni più restrittive rispetto a quanto succede in altre regioni del mondo è ingiustificabile».

Come spiega l’eurodeputato di Forza Italia, l’approccio critico del centro-destra sul tema risale a prima della formazione dell’attuale governo e vede i tre partiti che lo compongono uniti in un unico obiettivo, che in linea di principio definisce la «sintesi tra la necessità della decarbonizzazione e le problematiche per le filiere dell’automotive». Sul piano pratico, significa una strenua opposizione all’avvento dell’auto elettrica, destinata a proseguire nei prossimi anni.

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