Minestra riscaldataLo sbiadito programma ambientale di Attilio Fontana in Lombardia

Gli obiettivi del centrodestra sull’ecosostenibilità sono relegati a pagina ventidue (ventotto in totale). E nel capitolo dedicato ai trasporti e alla mobilità emerge la solita strategia leghista in Lombardia, fondata su tre elementi: cementificazione, sfruttamento del suolo, auto privata

Il leghista Attilio Fontana, sostenuto dalla coalizione di centrodestra, è stato riconfermato senza sorprese alla guida di una Regione afflitta da tre ingombranti problemi, in parte connessi tra loro: inquinamento, sanità e trasporto pubblico. Una Lombardia «Prima, Connessa, Sostenibile e Solidale», recita lo slogan elettorale dell’ex sindaco di Varese, che ha fatto della parola “connessione” il pilastro del suo programma

Tralasciando il pessimo operato in termini di gestione della pandemia, su cui non ci soffermeremo in questa sede, la netta rielezione (ha superato il cinquanta per cento) di Attilio Fontana è un’allarmante notizia anche per la sostenibilità ambientale della Lombardia, una delle aree più inquinate del nostro Paese e di tutto il continente: quattro delle dieci città italiane con i livelli di PM10 più elevati si trovano in questa Regione, dove nel 2020 – dati europei alla mano – ci sono state più di quindicimila morti premature dovute allo smog.

L’inquinamento, strettamente correlato al problema della sanità, è stato il grande assente all’interno di una campagna elettorale noiosa e poco stimolante. Leggendo il programma di Fontana, lungo in totale ventotto pagine, bisogna scendere fino al quinto capitolo (pagina ventidue) per scovare la sezione dedicata alla sostenibilità. E non è tutto, perché la parte sul «consolidamento delle azioni a tutela della qualità dell’aria, della lotta all’inquinamento diffuso e della bonifica dei suoli» si trova al terzultimo punto della (vaga) lista di obiettivi del paragrafo 5.1, «Ambiente e Sviluppo Sostenibile». Ciò denota che l’amministrazione lombarda continua sistematicamente a sottovalutare una vera e propria emergenza sanitaria e ambientale. 

La Lombardia, da ventotto anni governata dalla destra, è la Regione in cui i treni sono più lenti rispetto a cinquant’anni fa e il suo presidente scarica tutta la colpa sulla Rete ferroviaria italiana (Rfi). Qui, secondo il report Pendolaria 2019 di Legambiente, i treni hanno un’età media di 16,3 anni: il secondo peggior dato del nord Italia, dopo la Liguria. Qui, nell’estate 2022, la chiusura del tratto ferroviario Colico-Tirano ha in parte isolato la Valtellina. Qui, un terzo degli interventi ferroviari nella Provincia di Sondrio verrà inaugurato in ritardo rispetto all’inizio delle Olimpiadi invernali del 2026. Tutto questo accade in una Regione che, nel 2020, ha tagliato 10,2 milioni di euro per il trasporto pubblico locale. 

Non è un caso che alla voce «Infrastrutture, reti e servizi per la mobilità» sia stato dedicato il primo paragrafo del primo capitolo («Lombardia connessa») del programma del centrodestra. Tra gli obiettivi notiamo «il potenziamento del trasporto veloce tra i principali centri urbani attraverso infrastrutture ferroviarie, stradali e autostradali», come per esempio «il completamento della Pedemontana (la discussa autostrada che dovrebbe collegare Cassano Magnago a Osio Sotto, ndr)»; il «potenziamento del trasporto veloce al di fuori dei principali centri urbani»; «la revisione del nodo ferroviario di Milano»; la sperimentazione di «nuove tecnologie green per ridurre le emissioni» come la mobilità a idrogeno, l’autostrada elettrica e «smart road», biocombustibili ed elettrico. 

Tutti annunci molto generici, spesso “autocentrici” e lontani da un’idea strutturata per decarbonizzare il settore della mobilità. La parola «autostrada» ricorre troppo spesso, mentre alla «mobilità dolce» è riservata una piccola frase nel punto dedicato al potenziamento del trasporto pubblico, presentato come obiettivo necessario al fine di decongestionare le città. Vero, ma per ridurre il traffico sono necessarie anche politiche di demotorizzazione e di promozione di infrastrutture ciclabili in grado di collegare i capoluoghi di Provincia ai Comuni. Nulla di tutto ciò figura all’interno del programma di Attilio Fontana, che storicamente si è sempre schierato contro tutte le misure per disincentivare l’uso dell’auto privata. Emblematica, ad esempio, la sua battaglia contro Area B a Milano. 

“Cementificazione” e “consumo del suolo” sono due termini chiave degli ultimi cinque anni dell’amministrazione Fontana, e l’obiettivo sul completamento della Pedemontana – definita dalla Corte dei Conti «un debito per le generazioni future» – ne è la conferma. Al di là della sua utilità, questa grande opera così contestata è il simbolo dell’approccio leghista in Lombardia. Un approccio vecchio, superato, non più in linea con le esigenze del pianeta. 

Tornando invece al capitolo del programma dedicato all’ambiente, notiamo – senza stupore – un approccio cauto, non negazionista ma nemmeno coraggioso e progressista. Ci sono delle proposte per promuovere l’agricoltura sostenibile; una menzione al vertical farming; un punto sulla promozione delle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), che questa settimana dovrebbero essere sbloccate a livello nazionale grazie all’attesissimo decreto; l’attuazione della legge sulla riassegnazione delle grandi derivazioni idroelettriche; semplificazioni per gli impianti che operano nell’economia circolare. 

Sulle rinnovabili gli impegni sono a dir poco vaghi (intollerabile in piena transizione energetica), mentre l’ultimo punto del capitolo sull’ambiente è incentrato sulla piantumazione di alberi nelle aree urbane: l’obiettivo-greenwashing per eccellenza, cavalcato da chi non ha idee concrete su come gestire in maniera efficiente il verde all’interno delle città. Insomma, niente di nuovo dal fronte leghista, che per riconfermarsi alla guida della Regione non ha fatto altro che ricalcare le strategie promosse negli ultimi vent’anni. 

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