Case del futuroLa necessità di applicare i principi dell’economia circolare al settore dell’edilizia

Abbiamo imparato a considerare il vetro, la plastica, la carta e il metallo come materiali da raccogliere in maniera differenziata (per avviarli ai processi di riciclo), ma non lo abbiamo fatto con le componenti necessarie per costruire gli edifici

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Tra i quattro sistemi che inquinano di più quello dell’edilizia continua a essere scarsamente associabile ai principi dell’economia circolare. Eppure, come si legge nel Circularity gap report 2023 (lo studio di Circle economy realizzato in collaborazione con Deloitte e presentato a Davos in occasione dello scorso World economic forum), il modo in cui infrastrutture ed edifici vengono costruiti influenzerà la domanda di materiali e di energia, sia per la loro costruzione sia per la fase di utilizzo, determinandone il ciclo di vita. 

«Gli edifici già in uso – afferma il report – sono i principali responsabili delle emissioni di carbonio di quasi un terzo del consumo energetico globale. In tutto il mondo, la costruzione e la demolizione determinano quasi un terzo del consumo totale di materiali e generano una quantità analoga di rifiuti. In particolare, negli ultimi due decenni, l’aumento della domanda da parte dell’industria delle costruzioni ha fatto sì che l’estrazione di minerali non metallici, in particolare sabbia e ghiaia, triplicasse». 

C’è da dire anche che il maggiore consumo di materiali in generale, e non solo nell’edilizia, non è del tutto collegato all’aumento della popolazione. Infatti, i dati ci indicano che se negli ultimi cinquant’anni la popolazione globale è raddoppiata, l’estrazione di materiali dal 1970 invece è più che triplicata, ed è quasi raddoppiata dal 2000, raggiungendo oggi i cento miliardi di tonnellate. 

Nel settore specifico dell’edilizia il dispendio di energia e di materiali è estremamente elevato, e per questo urgono soluzioni che puntino a una maggiore efficienza e a un minor uso di materiali. Tuttavia, se da un lato abbiamo imparato a considerare il vetro, la plastica, la carta e il metallo come materiale da raccogliere in maniera differenziata per avviarlo al processo di riciclo, non lo abbiamo fatto con tutte le componenti con le quali sono costruite le nostre case. 

Se pensiamo a uno dei materiali più usati nelle costruzioni come il cemento, non possiamo non considerare che per produrlo è necessaria una temperatura di millequattrocento gradi che genera emissioni di gas serra pari all’otto per cento dell’intero totale. Di conseguenza, non possiamo non considerare la necessità di individuare metodi alternativi che inizino almeno a limitare l’uso dei combustibili fossili. 

Serve considerare tutto il patrimonio edile esistente come un bacino da sfruttare quanto più possibile, riqualificando le materie prime per riutilizzarle nei processi di ristrutturazione. In un recente servizio, la Bbc si è soffermata sull’ultima fase del ciclo di vita di un edificio, cioè quella della demolizione, evidenziando che in molti casi la vendita dei materiali recuperati andrebbe a compensare i maggiori costi derivanti dalle attività di smantellamento rispetto ai minori costi di demolizione. E infatti negli Stati Uniti già molte città l’hanno vietata a tutto vantaggio delle pratiche del recupero e del riutilizzo.

Va da sé che dalla scelta di questo tipo di soluzione il passo successivo comporta di progettare e realizzare le nuove costruzioni già nell’alveo della progettazione circolare in modo che a fine vita siano già pronti a essere riutilizzati, riadattati o facilmente smontati. Anche lo studio di Circle economy conclude invitando all’uso della costruzione modulare e a dare priorità a strutture e telai leggeri per ridurre l’uso di cemento e acciaio, consigliando anche laddove possibile di ricorrere ai tetti verdi. Non resta quindi che costruire oggi le case del futuro, con più legno e altri materiali disponibili localmente e meno cemento.

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