Piccoli passiLa ritrovata attenzione dell’Italia per lo spreco alimentare è un’ottima notizia (ma è solo l’inizio)

Il cibo ancora edibile buttato via ha visto una riduzione del dodici per cento nell’ultimo anno. Ovviamente resta ancora molta strada da fare nel percorso di cambiamento culturale e nelle abitudini di consumo

AP/Lapresse

«Prepariamoci a una possibile pandemia». È questo il consiglio di pochi giorni addietro che Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si è preoccupato di indirizzare alla popolazione mondiale alla luce del dato di fatto che il ceppo H5N1 è passato dagli uccelli ai mammiferi.

Il virus dell’influenza aviaria ha circolato per decenni tra gli uccelli selvatici e il pollame, tuttavia da qualche settimana molti mammiferi, tra cui visoni, lontre, volpi e leoni marini ne sono stati infettati. Una circostanza che va necessariamente monitorata sotto ogni aspetto.

Certo, l’Oms ha ragione a lanciare l’allarme, si tratta di un virus dall’elevata plasticità che potrebbe modificarsi al punto tale da diventare trasmissibile a livello interumano. Tuttavia, come viene evidenziato su alcuni media, «dopo il Covid-19 siamo molto più pronti sia a livello nazionale, che internazionale ad intervenire in caso la situazione dovesse mutare, dando origine ad una pandemia di influenza. A livello internazionale ci sono diversi gruppi di lavoro che studiano prototipi di vaccino. In Italia abbiamo un Piano Pandemico aggiornato ed è di pochi giorni fa, l’ultima simulazione di piani operativi da mettere velocemente in campo in caso di epidemia globale».

L’esperienza critica di questi ultimi anni, dunque, ci ha resi più guardinghi, attenti e previdenti. Nel nostro Paese, che è stato colpito di più rispetto agli altri Paesi europei, l’impatto sulle persone è stato considerevole con conseguenze evidenti non solo sulla dinamica demografica con il dimezzamento dei matrimoni, l’ulteriore calo delle nascite, la contrazione dei movimenti migratori. Ma anche sulle relazioni parentali e amicali, sulla fruizione del tempo libero, sulle abitudini. Insomma, ha generato un cambiamento significativo nei nostri stili di vita tra cui una sostanziale diminuzione dei consumi al di fuori delle mura domestiche e un aumento del trend verso la permanenza in casa.

Stando al rapporto “Il caso Italia” 2023 presentato dall’Osservatorio Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, un italiano su due ha ridotto la spesa per lo svago e cerca di risparmiare sulle bollette di energia elettrica (quarantasei per cento) e gas (trentanove per cento) e sull’abbigliamento (quarantadue per cento). Il diciotto per cento dichiara di risparmiare sulla spesa, ma solo il diciassette per cento e l’undici per cento tagliano rispettivamente le cure personali e la salute. Tuttavia, nove italiani su dieci considerano la salute (ottantanove per cento) e l’impatto ambientale della produzione (settantotto per cento) come i fattori più importanti nell’acquisto del cibo, insieme alla produzione a chilometro zero (ottantacinque per cento).

Una delle evidenze più significative racconta una nuova coscienza in fatto di sostenibilità alimentare che è diventata una priorità per il trentasei per cento degli intervistati, che hanno aumentato il consumo di alimenti a base vegetale come legumi e prodotti vegetali a discapito della carne e delle proteine animali. Inoltre, il ventinove per cento ha aumentato l’acquisto di prodotti locali. Più nel dettaglio, rispetto a due anni fa, quasi un italiano su tre presta attenzione alla riduzione del consumo di carne (ventisei per cento) e quattro su dieci nella decisione di spesa considerano la sostenibilità nella produzione e consumo del cibo (ventisette per cento). Inoltre, la maggior parte degli acquirenti è più fedele al brand del luogo di acquisto (ventitré per cento) che non alle grandi marche, il cui interesse è in calo del dieci per cento. La quantità di acquisti effettuati online rimane stabile, mentre c’è un piccolo aumento del quattordici per cento per i prodotti biologici e per gli acquisti nei negozi locali.

Da qui deriva anche una ritrovata attenzione a limitare lo spreco, tant’è che i dati relativi al mese di gennaio 2023 mostrano che in media gettiamo 524,1 grammi di cibo pro capite a settimana (circa settantacinque grammi al giorno e 27,253 chili all’anno). Il che equivale a una riduzione del dodici per cento rispetto alla stessa indagine del 2022 che a sua volta equivale a pensare che centrare l’obiettivo dell’Onu di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030 è alla nostra portata e può essere raggiunto. Ovviamente resta ancora molta strada da fare nel percorso intrapreso di cambiamento culturale e delle nostre abitudini di consumo poiché, per quanto una diminuzione dello spreco di cibo ancora edibile del dodici per cento possa sembrare rilevante, e lo è a tutti gli effetti, lo spreco nel nostro Paese vale comunque oltre nove miliardi di euro.

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