Conservare la felicità come una pesca nello sciroppo: basterà un piccolo morso per rivivere quegli istanti felici della stagione estiva, cui il frutto apparteneva. Così gli album di Jacques Henri Lartigue, che scattava le sue fotografie, le stampava, le ritagliava e le incollava sui suoi album con corpose didascalie che servivano a ricreare esattamente l’effetto madeleine. Pardon, l’effetto pesca sciroppata. Non la nostalgia di qualcosa, ma il piacere di ricordarla, quasi di rivederla, nella visione di quegli scatti volutamente felici. Già, volutamente. Perché Lartigue costruiva la messa in scena necessaria per fermare proprio solo ed esclusivamente l’istante della felicità. La creava e ricreava.
Tanto che l’ampia retrospettiva a lui dedicata si intitola proprio L’invenzione della felicità. «Per Lartigue è proprio un’invenzione», spiega il curatore Denis Curti. «Ha avuto una vita agiata, felice e privilegiata, ma le sue fotografie raccontano proprio un’ossessione verso la felicità. Fermava momenti felici che poi andava a comporre, consapevole che la fotografia è spesso ricostruzione e messa in scena.
Ci sono oltre centoventi album e diari dove Lartigue racconta la felicità con il timore che quegli attimi felici potessero svanire. Comprensibilmente: vive in un secolo turbolento, che ha visto due guerre mondiali». Ma non solo. Sembra profondo questo timore, talvolta sa addirittura di angoscia: emerge dagli scatti stessi, felici, ma a volte velati di malinconia o del timore che tutto possa finire presto, se non all’improvviso.
Nata a Venezia, questa mostra è già passata per Milano e Roma e ora apre le porte ad Alba presso la fondazione Ferrero con un piccolo omaggio al Piemonte, in particolare a Piozzo, dove Lartigue ha trascorso diverso tempo felice con l’ultima moglie e lo racconta in questi scatti inediti. Ma la scoperta di questo fotografo è garantita dal percorso espositivo che comincia con i primissimi scatti di Lartigue bambino.
Va in scena il talento e certamente una predisposizione per questa forma d’arte e le sue tecniche: gioca con doppie esposizioni e tempi veloci per fermare il movimento. Siamo ai primi del Novecento e poco dopo il fotografo francese racconta la Belle époque, epoca effettivamente felice, la cui felicità viene ulteriormente esaltata dal suo sguardo.
O forse dall’uso che, da fotografo amatoriale, Lartigue ama fare della fotocamera. «Affascinato dalla velocità come tanti artisti di quegli anni, racconta salti, tuffi, sci nautico, partite di tennis, gare automobilistiche in fotogrammi che svelano un movimento congelato, sospeso nel tempo», continua Curti, «poi a sessantanove anni le sue fotografie finiscono, grazie all’amico Charles Rado, che a Parigi dirigeva l’agenzia fotografica Rapho, in mano a a John Szarkowski, direttore del dipartimento fotografico del Museum of Modern Art di New York. La vita di Lartigue cambia radicalmente e si ritrova a fare il fotografo professionista, lavorando sui suoi temi e sul cinema: era spesso sui set cinematografici, e molto amico di Fellini che lo coinvolge con una piccola parte nel film Ginger e Fred».
Dopo questa esplosione tardiva del Lartigue fotografo si finisce però per dimenticarlo. Non in Francia dove la Donation Lartigue a Parigi mantiene vivo il lavoro del fotografo tra pubblicazioni e mostre, ma in Italia in effetti non se ne sente parlare, almeno al di fuori del mondo degli addetti ai lavori. Fino a questa mostra, molto completa, e ottima occasione per riscoprire il fotografo del quotidiano, dell’attimo di felicità. Non posso non chiedere a Curti se la proposta di questa mostra oggi ha a che fare anche con l’uso della foto che facciamo tutti, quotidianamente, sui social.
«Lartigue è stato sicuramente precursore di questo con la sua ricerca della felicità, della leggerezza e dell’amore incondizionato verso il bel mondo, le donne, l’eleganza, l’inclusività, mai volgare, anzi sempre attento a esprimersi attraverso una dolcezza compositiva particolare», risponde Curti. A cui lascio volentieri l’ultima parola, questa volta citando quelle che ha scritto per il catalogo della mostra. Spiega che quelle di Lartigue sono «immagini capaci di entrare nella storia e di essere al contempo il frammento leggero di un sentimento profondo».
Jacques Henri Lartigue, L’invenzione della felicità. A cura di Denis Curti, Marion Perceval e Charles-Antoine Revol in collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia e la Donation Jacques Henri Lartigue di Parigi.
Dal 17 febbraio al 30 marzo 2023 presso la Fondazione Ferrero, Strada di mezzo, 44 – Alba (CN).