Un barcone partito dalla Turchia, che trasportava probabilmente fino a 250 migranti in arrivo da Iran, Pakistan e Afghanistan, non ha retto al mare agitato e si è spezzato in due a cento metri dalla riva davanti alla costa di Cutro, in provincia di Crotone. Sono 59 i morti accertati, di cui 14 bambini, ma si temono oltre 100 vittime.
È questo il bilancio provvisorio dell’ennesimo naufragio, che questa volta riporta i riflettori sulla rotta Est dei migranti. Quella che parte dalla Turchia – il Paese pagato con altri 6 miliardi dall’Europa per gestire i flussi di migranti – per arrivare direttamente sulle coste di Calabria e Puglia. Spesso a bordo di velieri, con costi molto più alti della rotta del Mediterraneo centrale. Ma più pericolosa, anche perché in questo tratto di mare le ong non sono presenti.
A percorrere la rotta Est sono soprattutto afghani, iracheni, pachistani, siriani. Molte sono famiglie in fuga da teatri di guerra, quelle che si affidano ai cosiddetti viaggi in “prima classe” delle rotte migratorie con biglietti dai 10mila ai 4mila dollari. Ma il timore ora, guardando le immagini della barca spezzata in due sulla spiaggia di Cutro, è che le grandi barche a vela affidate dai turchi a scafisti russi e ucraini possano aver lasciato spazio o essere stati affiancati da traversate meno costose e meno sicure su barconi fatiscenti capaci di ospitare centinaia di persone. Soprattutto dopo il terremoto che ha fatto migliaia di sfollati tra Turchia e Siria, il timore è che gli “standard” si siano abbassati.
È la legge della domanda e dell’offerta, che vale anche per l’immigrazione. E i numeri da questa rotta, nonostante il muro tra Grecia e Turchia e i respingimenti verso le isole greche, sono raddoppiati. Frontex nel 2022 ha segnalato 29mila migranti sulla rotta dell’Egeo, 18mila dei quali sbarcati in Italia. Solo uno su tre è approdato in Grecia per poi provare a proseguire via terra attraverso i Balcani. E adesso, alla grande fuga dall’Afghanistan potrebbe aggiungersi quella dai territori della Turchia e della Siria devastati dal terremoto. Da Bodrum, da Smirne, da Izmir si parte direttamente verso l’Italia. Analisi confermata dai dati di
Nel 2022 solo inCalabria sono sbarcate 18mila persone, il 15 per cento degli arrivi complessivi in Italia, il doppio rispetto ai 9.600 del 2021 e nove volte di più rispetto ai 2.500 del 2020.
Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, spiega: «Chi arriva da questa rotta fugge da contesti drammatici di guerra e privazione dei diritti umani. Ci auguriamo che le grandi attestazioni di solidarietà di un anno e mezzo fa nei confronti del popolo afghano non vengano meno adesso. Si parla troppo di difesa dei confini, ma queste non sono persone da cui difendersi bensì persone disperate da proteggere. E l’approccio non può che essere umanitario. Fino a quando l’approccio sarà securitario, tragedie come questa non potranno che aumentare. Occorre dare priorità ai soccorsi in mare, anche al largo delle coste della Calabria, di cui devono farsi carico tutti i Paesi interessati e non solo l’Italia e si devono aprire canali di ingresso regolari che non esistono».
Ieri è arrivato anche l’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha sollecitato l’Unione europea ad assumersi «la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti». «Gli Stati membri devono farsi avanti e trovare una soluzione. Ora. L’Ue ha bisogno di regole comuni e aggiornate», ha scritto su Twitter la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.