«La disperazione non giustifica viaggi che mettono in pericolo i figli». La frase pronunciata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dopo il naufragio dell’imbarcazione al largo delle coste di Cutro, in Calabria, ha fatto esplodere le polemiche politiche e le reazioni indignate dell’opposizione contro le nuove regole varate dal governo sulle organizzazioni non governative che salvano i migranti in mare. I corpi recuperati finora sono 63, mentre continua la ricerca dei dispersi e ci si appella – come tutte le volte – all’azione comune europea.
In un’intervista al Corriere, Piantedosi spiega la sua posizione: «Chi scappa da una guerra non deve affidarsi a scafisti senza scrupoli, devono essere politiche responsabili e solidali degli Stati a offrire la via di uscita al loro dramma». Politiche che però, finora, non si vedono. A parte pochi corridoi umanitari, che sono solo una piccola goccia nel mare.
Il ministro racconta di essere «andato subito sul luogo della tragedia per testimoniare il cordoglio per le vittime e la vicinanza ai superstiti a nome mio e di tutto il governo. E per questo dico che per occuparci concretamente della disperazione delle persone, e non a chiacchiere, così anche da evitare simili naufragi, ci siamo mossi sin dal nostro insediamento intensificando i corridoi umanitari con numeri (617 persone) che mai si erano registrati in un così breve lasso di tempo. In soli due mesi abbiamo anche approvato il decreto flussi che consentirà l’ingresso regolare di 83mila persone».
L’obiettivo del governo Meloni, come ribadito dalla stessa premier, è «fare il possibile per fermare le partenze ed evitare altre tragedie». Piantedosi interverrà anche in Parlamento per spiegarlo: «Sarà l’occasione per illustrare ancora una volta una linea politica chiara che intende contrastare i flussi incontrollati e la rete dei trafficanti. Il resto sono vuote strumentalizzazioni di chi non è riuscito finora a offrire reali alternative a illusori viaggi della speranza che mettono in pericolo vite umane».
Il ministro prova a chiarire anche i dubbi sul ritardo nei soccorsi, di cui parlano diversi quotidiani (tra cui La Stampa): «Non c’è stato alcun ritardo. Ho presieduto la riunione a Crotone e so che sono stati fatti tutti gli sforzi possibili in condizioni del mare assolutamente proibitive».
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e lo stesso Piantedosi hanno rivolto un appello all’Europa. Il ministro dice che «esiste sempre di più la consapevolezza che la cooperazione internazionale deve essere di comune interesse di tutti i Paesi membri e non solo di quelli di primo ingresso. Anche grazie alle pressioni che stiamo facendo si può intravvedere un primo segnale di cambiamento di linguaggio e prospettiva. Il giudizio definitivo lo daranno i fatti, ma io mi auguro possano essere tangibili al più presto». E intanto, «confidiamo di ottenere al più presto risultati positivi dalle molteplici iniziative bilaterali che abbiamo avviato con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, di origine e transito dei flussi. E poi stiamo considerando un riallineamento normativo ad altre legislazioni europee su settori importanti come quello dell’asilo e dei rimpatri».
Ma queste iniziative, è bene precisarlo, non c’entrano con il naufragio di Cutro, essendo avvenuta sulla rotta Est del Mediterraneo che parte dalla Turchia, Paese alla quale l’Ue si è affidata per controllare i confini e gestire i flussi erogando da ultimo altri 6 miliardi di euro.
Così come il naufragio di Cutro nulla ha a che vedere con il nuovo codice delle ong varato dal governo, poiché le organizzazioni che salvano i migranti in mare non sono presenti in quella parte di Mediterraneo. «Chi mette questa tragedia in connessione con le nuove regole dice il falso, per ignoranza o malafede. È una rotta dove le ong non ci sono mai state. In ogni caso la nuova legge non prevede alcun divieto di presenza sugli scenari o di interventi di recupero, li abbiamo semplicemente assoggettati a un quadro normativo anche di rilievo internazionale», dice Piantedosi. «Il Codice serve eccome perché, proprio in un quadro di numeri crescenti, la percentuale degli sbarchi sulle nostre coste determinati da assetti navali di ong si è sensibilmente abbassata. Non c’è alcun legame tra le nuove regole e il possibile aumento di morti in mare. Nella rotta presidiata dalle ong non si è verificato alcun evento che non sia stato adeguatamente fronteggiato da Capitaneria e Guardia di finanza».