L’ex premier Romano Prodi si dice «sbalordito». Ma non dalla vittoria di Elly Schlein. «Quella al massimo può essere considerata sorprendente, e forse neppure troppo. Sbalordito dalla partecipazione alle primarie» del Partito democratico, che hanno portato ai gazebo oltre un milione di persone. «Nessuno degli altri sarebbe mai in grado di mobilitare così tante persone. Neppure online», dice a Repubblica.
«Si è capito, a ridosso del voto, che qualcosa si stava muovendo», dice Prodi. «Forse il desiderio di cambiamento era più profondo di quel che sembrava». Ma l’urgenza ora, per Prodi, è tenere unito il partito.
«Ho letto che Maria Elena Boschi ha parlato di nuovi scenari molto interessanti per il Terzo Polo. Spera di prendere pezzi del Pd, ma non credo sia una speranza fondata», commenta.
Eppure, il Pd targato Schlein «avrà lo stesso problema che avrebbe avuto se avesse vinto Bonaccini: aprirsi ai riformismi. Direi meglio, riformare i riformismi. Lo so che ora tutti guardano alle alleanze, ma è una lettura poco interessante, al momento. Ora per il Pd si tratta invece di coinvolgere tutte le intelligenze che corrono per il Paese, dall’associazionismo alle ong, dai diversi sindacati alle imprese, per coinvolgerli in un progetto di rilancio. C’è tanta gente che non si sente più rappresentata e nemmeno lontanamente ascoltata. Questa è la sfida che il Pd ha davanti, indipendentemente dal segretario che si è scelto».
Il problema delle alleanze bisognerà porselo certamente, ma «solo quando avrai capito bene chi sei potrai decidere a chi chiedere di condividere un progetto», spiega Prodi. «Anche l’Ulivo, esperienza da tempo conclusa, nacque così. Non andando a chiedere ai partiti, ma andando a risvegliare il riformismo che c’era, anche allora inascoltato, nel Paese. Poi i partiti furono quasi costretti a venirci dietro. Avevamo infinitamente meno mezzi dell’avversario di allora, eppure vincemmo. Se si vuole vincere, la strada è ancora questa». Ma bisogna «parlare con tutti gli interlocutori possibili. Questo è necessario, ma sapendo bene cosa si vuole e cosa si è. Cioè avendo definito bene il perimetro del Pd che verrà e la società mobile che saprà portarsi dietro. Senza alleanze non si va da nessuna parte, ma sono l’ultimo tassello. Prima vengono i contenuti. È di questi che c’è bisogno».
Per Prodi, «il problema del Pd non è la tenuta, come sento spesso ripetere: ma la sua capacità di allargarsi». Perché «questo è il destino del Pd e questo sarà il compito che spetta a Elly Schlein, se saprà interpretare al meglio il suo ruolo». E «se l’unico orizzonte del Pd è quello di allargarsi, includere, coinvolgere, lo potrà fare solo partendo dalle risorse che già esistono e che guardano al Pd con speranza». Bonaccini incluso, che si è detto infatti disposto a collaborare con la sua ex vice in Emilia Romagna.
E se Schlein le chiedesse di dare una mano? «A un antico professore quale sono, non si chiede di tenere un corso di laurea. Al massimo qualche seminario. Magari di economia», risponde il Professore, lasciando intendere qualche pecca della neo segretaria del Pd.
Il grande tema su cui Elly Schlein inizierà mandare segnali del suo nuovo corso, secondo Prodi, «è quello della giustizia sociale. Che però va perseguita senza interrompere la crescita. La priorità è la redistribuzione del reddito, che ha dentro anche il tema del salario minimo. Poi dovrà rinnovare e non rottamare. Cioè non escludere ma includere nuove intelligenze e capacità. Non è un compito facile, ma ha avuto una fiducia piena e ha tutto il tempo. Le europee sono tra un anno e mezzo, le politiche molto più in là».
Poi l’ultimo consiglio: «Con un linguaggio un po’ cattolico le direi che nei suoi confronti c’è stato un grande atto di fede, ora sta a lei scrivere e predicare il credo. E dovrà essere un credo riformista, altrimenti l’atto di fede svanirà com’è successo a molti dei recenti fenomeni italiani, che i politologi americani chiamano fireworks, fuochi d’artificio. Fiammate improvvise che si ridimensionano subito, alludendo a Renzi, ai Cinque Stelle e a Salvini. A lei spetta dimostrare capacità di dare seguito all’investitura, cercando di coniugare coesione e innovazione».