Leggi di guerraLe due sessioni in cui capiremo come sarà la politica di Xi Jinping dei prossimi 5 anni

Per diversi giorni l’Assemblea nazionale del popolo e la Conferenza politica consultiva cinese si riuniranno per varare le nuove nomine, riorganizzare il Partito e approvare alcune riforme come l’aumento del budget militare. Ma saranno approvate anche decine di leggi che cambieranno il volto della Cina

AP/Lapresse

Dopo la politica, tocca alle policies. La Cina apre il sipario sul suo massimo evento legislativo annuale, le “due sessioni”. In un contesto globale particolarmente delicato, Xi Jinping si appresta a ricevere il suo terzo mandato presidenziale, dopo aver già avviato lo scorso ottobre quello di segretario generale del Partito comunista. Dalle politiche economiche al controllo del settore privato, dalla tecnologia alle spese militari, dall’ordine pubblico a Taiwan, fino alle nomine di ruoli apicali a livello governativo e statale: i prossimi giorni diranno molto della postura cinese dei prossimi cinque anni.

Che cosa sono le “due sessioni”
Lianghui. In cinese si chiama così il momento legislativo più importante della Repubblica Popolare. Si tratta delle due sessioni, che annualmente prevedono una serie di incontri dell’Assemblea nazionale del popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo cinese. La prima è quanto di più simile a un parlamento esista in Cina. La stragrande maggioranza dei suoi 2980 componenti è iscritta al Partito comunista, ma ci sono anche membri indipendenti e rappresentanti degli altri otto partiti legali (di certo non di opposizione) insieme nel Fronte unito.  L’Assemblea nazionale del popolo ha funzioni legislative, anche se nella pratica si limita sostanzialmente a ratificare le decisioni prese dal Consiglio di Stato e dal Partito comunista. La Conferenza politica consultiva del popolo riunisce invece grandi personalità cinesi, provenienti da ogni sfera della vita economica, sociale, scientifica e sportiva. E, appunto, ha funzioni consultive.

Sabato 4 e domenica 5 marzo iniziano gli incontri di entrambi gli organi. Da tradizione durano due settimane ma le prime indicazioni segnalano che come nei tre anni precedenti la durata sarà accorciata intorno ai 7-10 giorni a causa della pandemia.

Xi Jinping presidente e le altre nomine
Quest’anno l’evento è particolarmente importante perché si rinnovano le cariche statali, dopo quelle partitiche rinnovate al XX Congresso del Partito comunista cinese. Xi, che lo scorso ottobre ha ricevuto il terzo mandato da segretario generale, attende l’ufficialità del suo terzo mandato da presidente della Repubblica Popolare Cinese. Oltre alla nomina, per Xi è in arrivo un altro successo personale: il più che probabile inserimento nella costituzione delle «due salvaguardie», vale a dire lo slogan che prevede la tutela del ruolo del segretario generale al nucleo del Partito e la tutela dell’autorità centrale del Partito stesso. 

Le due salvaguardie sono già entrate nello statuto del Partito durante il XX Congresso dello scorso ottobre, al contrario delle «due istituzioni» che aggiungono un elemento ideologico citando il pensiero di Xi sul socialismo con caratteristiche cinesi come teoria guida.   

Ci sono però anche altre importanti caselle da riempire nella macchina governativa e statale. Li Qiang è destinato a diventare premier. Il suo ingresso direttamente al numero due della gerarchia del Partito decisa lo scorso ottobre lascia poco spazio a dubbi: l’ex capo del Partito di Shanghai (nonostante il disastroso lockdown della primavera scorsa) raccoglierà l’eredità di Li Keqiang. 

In Cina, il premier guida le politiche economiche. In molti ritengono però che Li Qiang,  capo di gabinetto di Xi nella provincia dello Zhejiang dal 2004 al 2007, svolgerà più che altro il ruolo di attuatore delle indicazioni del leader. Altri ritengono che possa far valere il suo orientamento pro-business grazie alla vicinanza con Xi, vantaggio che non aveva Li Keqiang, non appartenente al suo cerchio magico.

Ampiamente attesa la nomina di Wang Huning, l’ideologo del “sogno cinese”, a presidente della Conferenza consultiva politica del popolo. Secondo il Wall Street Journal, due fedelissimi di Xi potrebbero occupare due poltrone fondamentali per le politiche economiche. Per quella di governatore della Banca centrale il favorito sembra Zhu Hexin, mentre il fidato He Lifeng dovrebbe essere nominato segretario del Partito della Banca centrale e vicepremier. Lu Zhiyuan e Meng Fanli si contendono invece il ministero delle Finanze. 

Attesa per la nomina del capo dello staff di Xi, un ruolo solitamente annunciato al Congresso. Il favorito potrebbe essere Wang Xiaohong, ministro della Pubblica sicurezza, considerato uno dei più fidati alleati di Xi. Il loro rapporto risale a più di due decenni fa, quando Xi era governatore della provincia del Fujian. Ma la mancanza di un annuncio sul prossimo capo di gabinetto potrebbe essere legata alle riforme organizzative che potrebbero parzialmente cambiare il volto del Partito.

La riforma del Partito, controllo sui privati e target economici
Al termine del II Plenum del XX Comitato centrale svoltosi dal 26 al 28 febbraio, infatti, è stata preannunciata una riforma del partito-stato. Possibile che il ministero di Pubblica sicurezza possa finire sotto la gestione del centro del Partito. Una mossa che potrebbe dare alla leadership ulteriore controllo sull’ordine pubblico dopo le vaste proteste di fine novembre contro la strategia  zero Covid. Xi ha affermato che la riforma coinvolgerà un’ampia gamma di settori, specie quelli finanziario e tecnologico. Servono infatti cambiamenti di «vasta portata» che abbiano una «profonda influenza sulla società».

Potrebbe essere riesumata la Commissione centrale per il lavoro finanziario, abolita nel 2003. Se la commissione verrà ripristinata svolgerà una funzione di consolidamento di tutte le questioni di regolamentazione finanziaria portandole sotto un’unica autorità supervisionata dal Partito. Ergo, potrebbe essere impressa un’ulteriore svolta dirigista a economia e finanza, con una presenza più forte del Partito negli affari. Non esattamente musica per le orecchie del settore privato, che spera in un allentamento della stretta dopo la vasta campagna di rettificazione degli ultimi anni. Un segnale preoccupante è arrivato dalla recente richiesta di EY China ai suoi impiegati iscritti al Partito di indossare il distintivo durante il lavoro.

I dati sull’indice manifatturiero di febbraio segnalano una ripresa più rapida e robusta del previsto con la fine delle restrizioni pandemiche, tanto che durante le due sessioni potrebbe essere fissato un obiettivo di crescita del 6 per cento per il 2023, più alto del mancato 5,5 per cento del 2022. Ma il Plenum ha avvisato che la strada della ripresa non è stabile ed è irta di ostacoli. A partire dalle casse dei governi e delle autorità sanitarie locali in grande difficoltà dopo tre anni di mantenimento della mastodontica impalcatura della zero Covid. 

Unendo la contingenza pandemica al calo demografico e alla presenza sempre più nutrita di over 60, si intuisce che sono previsti problemi su welfare e pensioni. Già nelle scorse settimane, a Wuhan centinaia di pensionati sono scesi in strada a protestare contro i tagli all’assistenza sanitaria.

Grande attenzione anche al fronte tecnologico. Alla vigilia delle due sessioni, Xi ha presieduto una sessione di studio del Politburo per incentivare il raggiungimento dell’autosufficienza su scienza e tecnologia. Impresa complicata, ma resa ancora più urgente dalle recenti restrizioni operate dagli Stati Uniti all’esportazione di tecnologia avanzata verso la Repubblica Popolare. 

In arrivo un nuovo piano per lo sviluppo digitale, così come fondi e progetti per la ricerca di talenti: nella visione di Xi, il governo non deve solo aumentare gli investimenti, ma anche dirigere le altre componenti della società civile come istituti di ricerca, università e imprese private: tutti chiamati a collaborare sotto la guida della sfera politica. In queste settimane e in generale nei prossimi anni è lecito attendersi decine di nuovi progetti e programmi strategici.

Aumento delle spese militari e leggi di guerra
Scontato l’aumento delle spese militari. Il trend di crescita del budget cinese è stato regolare negli ultimi anni: +6,6 per cento nel 2020, +6,8 per cento nel 2021 e +7,1 per cento nel 2022, col raggiungimento della cifra di 230 miliardi di dollari. Previsto un ulteriore aumento della rapidità di crescita: se nel 2021 il dato era stato dello 0,2 per cento e nel 2022 dello 0,3 per cento, stavolta si potrebbe salire in maniera più decisa. 

I media di stato mettono le mani avanti e spiegano che d’altronde la situazione globale ha provocato un grave deterioramento della sicurezza globale. Viene citata la guerra in Ucraina, ma anche la visita di Nancy Pelosi a Taiwan e la nuova strategia di difesa del Giappone, che ha parzialmente abbandonato la linea pacifista mantenuta dal secondo dopoguerra con un aumento del 26,3 per cento delle spese di difesa per il 2023.

«Negli ultimi anni, la spesa militare cinese si è mantenuta intorno all’1,3 per cento del Prodotto interno lordo, mentre la cifra per gli Stati Uniti è di circa il 3,5 per cento e la linea guida della Nato è del 2 per cento», si legge sul tabloid nazionalista Global Times. «Se la Cina si unisse alla tendenza globale di aumento delle spese per la difesa, non dovrebbe essere considerata come partecipante a una corsa agli armamenti». Anche se in molti analisti sostengono che le cifre delle spese di difesa non bastino a restituire un’immagine completa, vista la frequente fusione tra i settori civile e militare.

Va tra l’altro ricordato che la fase di ammodernamento dell’Esercito popolare di liberazione, dopo la profonda riforma già operata da Xi Jinping durante i suoi primi due mandati, dovrà culminare nel centenario della sua fondazione previsto per il 2027. Più volte si ritiene che quella potrebbe essere la data di un’ipotetica azione militare, magari su Taiwan. In realtà, non esistono indicazioni o documenti ufficiali in tal senso. La necessità è però quella di rendere l’esercito pronto all’eventualità. Non solo a livello di armamenti, ma anche a livello normativo. 

Già approvata una risoluzione che dà alle forze armate il potere di modificare le modalità di applicazione della legge di procedura penale. La risoluzione consente all’esercito, in tempo di guerra, di «modificare l’applicazione delle disposizioni, comprese quelle relative alla giurisdizione, alla difesa e alla rappresentanza, alle misure obbligatorie, all’archiviazione dei casi, alle indagini, all’accusa, al processo e all’esecuzione».

Il mondo è d’altronde «entrato in un nuovo periodo di turbolenze e cambiamenti, e lo sviluppo della Cina è entrato in un periodo di opportunità strategiche e rischi», avvisa in modo inusuale il comunicato del II Plenum. In linea con la relazione politica e il discorso finale di Xi al Congresso di ottobre, in cui il «ventennio di opportunità strategiche» profetizzato dall’ex leader Jiang Zemin nel 2002 ha lasciato il posto a «sfide» e «acque tempestose».

Hong Kong, Macao e Taiwan
In arrivo novità anche sulle regioni amministrative speciali. L’Ufficio per gli Affari di Hong Kong e l’Ufficio per gli Affari di Macao dovrebbero essere elevati a unità che rispondono direttamente all’organo direttivo del Partito comunista Cinese. A capo dell’organo di supervisione dovrebbero essere messi Wang Huning e Ding Xuexiang, due tra i sette membri del Comitato permanente 

Una mossa che ovviamente aumenta ulteriormente la supervisione diretta su quanto accade nell’ex colonia britannica e nell’ex colonia portoghese. Hong Kong è stata ampiamente normalizzata negli ultimi anni con la legge di sicurezza nazionale e la riforma elettorale “patriottica”. 

Il nuovo capo esecutivo di Hong Kong, John Lee, è una figura ancora più vicina a Pechino di quanto non fosse la precedente leader locale Carrie Lam. Il nuovo passo normativo consentirà al governo cinese di accelerare sui progetti futuri riguardanti Hong Kong, a partire da quello della Greater Bay Area, erodendo ulteriormente l’autonomia prevista dal modello “un paese, due sistemi”.

Secondo quanto dichiarato alla China Review News Agency dal deputato dell’Assemblea Nazionale del Popolo Li Yihu, previste azioni normative anche su Taiwan. Al Congresso di ottobre è stato approvato un emendamento allo statuto in cui si legge che il Partito è chiamato a «opporsi con determinazione e scoraggiare i separatisti che cercano di ottenere l’indipendenza». Per molti analisti, un passo che potrebbe essere la base legale di una futura legge per la riunificazione, che amplierà lo spettro di azione dell’attuale legge anti-secessione mettendo nel mirino non più i secessionisti ma coloro che «non si prodigano alla riunificazione». Una modifica che potrebbe avere ricadute concrete poco evidenti ma rappresenterebbe un cambio di paradigma concettuale, con un obiettivo (non semplice) politico: recidere il legame tra mondo imprenditoriale e partito di maggioranza taiwanese.. 

Non è detto che tutto questo avvenga già ora, ma qualcosa si muove. Lo dimostra anche il presunto incarico affidato a Wang Huning per aggiornare il principio teorico per la riunificazione (o unificazione secondo i taiwanesi), superando la logica “un paese, due sistemi” applicato a Hong Kong. Un segnale che si vuole tentare ancora una strada politica, sperando magari in una vittoria dell’attuale opposizione del Kuomintang alle elezioni presidenziali del gennaio 2024. Oppure, nella visione più pessimista, che si vuole indorare la cornice “legale” entro la quale far entrare eventuali azioni future.

Educazione, demografia, medicina tradizionale
I media internazionali si concentreranno soprattutto su nomine, riorganizzazione del Partito e budget militare, ma dalle “due sessioni” usciranno decine di leggi. Alcune anche molto rilevanti. A livello economico-sociale, possibili mosse a sostegno del tasso di natalità. A gennaio la Cina ha ufficializzato l’inizio, molto prima del previsto, del suo calo demografico. Il governo sta provando ad arginare un trend che viene comunque ritenuto difficilmente reversibile. A livello provinciale si distribuiscono già premi in denaro e si aumenta il congedo matrimoniale retribuito. Da capire se potranno esserci sviluppi a livello nazionale.

Attese novità sul fronte educativo/teorico, con accento anti occidentale. Nei giorni scorsi, l’Ufficio generale del Comitato centrale del Partito comunista cinese e l’Ufficio generale del Consiglio di Stato hanno pubblicato delle nuove linee guida sul rafforzamento dell’educazione giuridica e della ricerca teorica nella nuova era. 

Il Global Times l’ha riassunta in parte richiedendo «agli insegnanti di legge, agli studenti e al personale interessato di avere una posizione ferma per opporsi e resistere al “costituzionalismo” occidentale, alla “separazione dei poteri” e ad altri punti di vista errati».

Il Consiglio di Stato ha poi appena approvato un piano per rivitalizzare la medicina tradizionale cinese attraverso una serie di programmi. Entro il 2025, si accelererà la costruzione di un sistema di servizi di qualità ed efficiente della medicina tradizionale cinese con l’apertura di diversi centri nazionali 130 ospedali, si aumenterà significativamente il livello di prevenzione e trattamento delle malattie si rafforzerà la capacità di combinarla con la medicina occidentale. Uno degli strumenti con cui la Cina vuole emanare soft power nel mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo di cui si vuole ergere a capofila.

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