Folla e popoloStoria di due piazze, una populista in Francia e una democratica in Israele

La manifestazione nonviolenta contro Netanyhau ha avuto successo perché difende il carattere laico, democratico e liberale dello Stato ebraico. Mentre la violenza diffusa a Parigi per protestare contro la riforma delle pensioni è all’insegna del populismo più sfrenato e declamatorio

LaPresse

La piazza di Israele ha vinto, si è imposta e ha costretto Bibi Netanyhau a cedere. La piazza della Francia invece non vincerà ed Emmanuel Macron non annullerà affatto la sua riforma delle pensioni. È di importanza fondamentale mettere a fuoco le ragioni che hanno portato a risultati così divergenti su un tema cruciale: quanto la democrazia rappresentativa, il Parlamento, il governo debbano e possano oggi cedere alla piazza, alla protesta di massa.

Le ragioni della vittoria – temporanea – della piazza israeliana su Bibi Netanyhau sono complesse. La prima e determinante è che la piazza israeliana non solo è immensa – poco meno del 10 per cento della popolazione ebraica – ma che le sue ragioni e i suoi obbiettivi hanno spaccato il Palazzo, addirittura hanno convinto buona parte delle Forze Armate e di Sicurezza, alla base e ai vertici. Questo, nell’unico paese al mondo, Israele, in cui non c’è alcuna distinzione tra esercito e popolo, perché tutti – tranne gli ortodossi – le donne in prima fila, si fanno carico in prima persona della sicurezza armata della comunità nazionale. 

La seconda ragione della vittoria della piazza israeliana, che è tutt’uno con la prima, è l’obbiettivo della mobilitazione: difendere il carattere laico, democratico e liberale dello Stato ebraico contro un Netanyhau che in preda alla brama di potere – e per salvarsi dalle sentenze – ha dato legittimità, voce, potere, addirittura controllo sulle forze di polizia, a una minoranza para-fascista, razzista, che intende sottomettere i laici israeliani e gli arabi tramite la contestata riforma della giustizia a un potere ebraico-religioso arrogante e totalitario.

La terza ragione è che questa immensa mobilitazione è non violenta – insignificanti gli scontri con la polizia – nel paese che più al mondo conosce la violenza di una guerra con gli arabi e di un terrorismo jihadista che si trascinano da un secolo.

Così, con questa forza, la mobilitazione attiva di metà e più del paese (molti sono i manifestanti che hanno votato Likud) ha spaccato il governo, la maggioranza, ha convinto i vertici militari, del Mossad e dello Shin Bet e addirittura il ministro della Difesa, braccio destro di Netanyhau e persino l’avvocato che difende Bibi in tribunale.

Determinante la minaccia di non presentarsi per protesta alla chiamata di addestramento di 37 sui 40 piloti della squadriglia aerea 69, il cuore dell’aviazione israeliana, determinante per la difesa e l’offesa bellica, a cui può essere affidata la missione di attaccare i reattori nucleari iraniani.

Da qui il successo della mobilitazione israeliana, anche se il prezzo che Netanyhau ha pagato alla destra estrema di governo per farle accettare la sospensione della riforma della giustizia è enorme – la formazione di una Guardia Nazionale civile agli ordini di Itamar ben Gvir – che rischia di incubare una violenza sfrenata contro la piazza stessa e contro gli arabi.

Non troviamo nessuna di queste caratteristiche invece nella infiammata piazza francese. Innanzitutto perché l’obbiettivo, la gestione e la sua stessa violenza diffusa sono all’insegna del populismo più sfrenato e declamatorio. Si rifiuta la riforma delle pensioni in nome di principi astratti e velleitari – incluso il rifiuto del valore positivo ed emancipatorio del lavoro – in spregio voluto e dichiarato di ogni principio di realtà. 

Il sistema pensionistico francese attuale è semplicemente insostenibile dal punto di vista economico, questo è il punto centrale, ma questa viene considerata una inezia ininfluente dalla piazza, da sindacati e da Jean Luc Mélenchon. Per costoro, che difendono i 62 anni di età pensionabile non conta nulla che la Francia spenda per le pensioni il doppio della media dei paesi OCSE e che la media europea pensionabile sia di 64,4 anni. Populismo puro di sinistra, verbalismo, velleitarismo. 

Non solo, pesa nella sconfitta della piazza francese la complicità implicita (da parte dei sindacati) ma anche esplicita da parte di alcuni sindacalisti, come il popolare Olivier Mateu, con una esagitata violenza di piazza volutamente eccitata da un Jean Luc Mélenchon che incita apertamente all’insurrezione e che sbraita «la République c’est moi!».

Non stupisce dunque che al rifiuto maggioritario della riforma espresso dai sondaggi, non corrisponda affatto una spaccatura del Palazzo, del governo, della Presidenza. Quando Emmanuel Macron dice con fermezza «la folla non ha alcuna legittimità» sa di avere con sé tutte le istituzioni, senza incrinature: un governo compatto, i poteri forti della Francia, le forze di sicurezza e le Forze Armate con lui, contro la piazza incendiaria. Per questo può dire «assumo la mia impopolarità», perché non una delle istituzioni della République si è incrinata a fronte della violenza di piazza. Risultato: la mobilitazione proseguirà sotto la guida dei sindacati Cfdt e Cgt e di un Jean Luc Mélenchon ebbri di velleitarismo populista, ma è destinata a esaurirsi a fronte di nessun risultato ottenuto.

Il tutto, va detto, mentre l’unica a conquistare un dividendo politico dalle follie della piazza francese è Marine Le Pen, sempre più forte per le difficoltà e l’impopolarità di Emmanuel Macron e per la reazione di buona parte dell’opinione pubblica alle follie gauchistes dei sindacati e delle migliaia di casseurs di piazza, Black Bloc, in testa.

Al contrario, in Israele, le difficoltà e la battuta d’arresto subite ora da Netanyhau incrinano la sua maggioranza parlamentare, indeboliscono il suo esecutivo, lo isolano sulla scena internazionale (ha dovuto subire umilianti richiami dall’Amministrazione Biden) e possono addirittura sfociare – si vedrà, il quadro è ancora fluido – in elezioni anticipate.

Due piazze, due paesi, ma un unico tratto comune: il populismo di sinistra e di destra. Impotente quanto violento il primo in Francia, sconfitto il secondo in Israele.

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