Il Mare Bianco di mezzoCinque consigli europeisti per una nuova politica migratoria europea

Oltre a una nuova Convenzione che sostituisca integralmente il Regolamento di Dublino, serve uno strumento finanziario per sostenere i salvataggi in mare e creare una Banca Euromediterranea che dia un impulso decisivo alla cooperazione economica con i Paesi del Nord Africa

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Altre vittime ci sono state durante questo week end nel Mediterraneo su un barcone anzi un gommone con 47 persone – donne, bambini e uomini – che si è rovesciato nelle acque di un mare forza 6 trascinando fra le onde il suo carico di umanità: secondo il gelido calcolo dei soccorritori diciassette persone sono state tratte in salvo ma trenta migranti sono dispersi e forse non si troveranno mai. Di fronte a queste nuove morti con una confusa attribuzione delle responsabilità o accuse reciproche ci troviamo di fronte a una ripetitiva e grottesca rappresentazione che non cambia la realtà di una situazione che si perpetua da oltre un decennio e che ha sepolto in quella tomba – che gli arabi chiamano Mar Bianco di Mezzo – decine di migliaia di persone.

Si tratta tuttavia di una minoranza di tutti coloro che hanno lasciato la vita e la speranza di una vita dignitosa nel deserto che separa l’Africa sub-sahariana dai paesi che si affacciano su quel mare, nelle carceri della Libia, nei campi di concentramento in Grecia, in Marocco e in Turchia e nelle impervie rotte terrestri della via dei Balcani.

A questo quadro drammatico si aggiunge ora la decisione della Commissione europea di fornire nuovi mezzi alla Guardia Costiera libica rafforzando così le sue capacità di riportare chi fugge dal terrore e dalle torture in un paese in cui sono noti i trattamenti disumani subiti dai migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana.

Questa decisione sarà per noi inaccettabile almeno fino a quando non sarà possibile creare in Libia dei centri – sotto il controllo dell’UNHCR e dell’OIM – per esaminare le richieste di asilo o l’inserimento in flussi legali o i rimpatri assistiti nei paesi di origine laddove saranno praticabili accordi bilaterali sostenendo nello stesso tempo il rappresentante delle Nazioni Unite nella promozione del processo di stabilizzazione assistito da un gruppo di contatto con una iniziativa del Consiglio di Sicurezza osteggiata dalla Russia.

Se i capi di Stato o di governo dell’Unione europea o i loro ministri degli interni chiamati a gestire operazioni di polizia studiassero la geografia che circonda il Mare Bianco di Mezzo si renderebbero conto della assurdità di una politica migratoria come è stata definita nel Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 che si chiude e si limita: 

  • al controllo delle frontiere esterne, 
  • ai respingimenti e alle riammissioni nei paesi di origine, 
  • agli “ingenti investimenti” per creare delle infrastrutture di protezione, 
  • agli ostacoli all’azione delle organizzazioni non governative, 
  • all’ideologia del pull factor 
  • e al principio del paese di prima accoglienza.

Andando al d là dei principi della accoglienza e della ospitalità nel rispetto delle convenzioni internazionali, della Carta dei diritti fondamentali e della CEDU, si tratta di definire una nuova politica migratoria europea.

Essa deve coinvolgere nella misura del possibile i paesi di origine dei migranti e dei richiedenti asilo e facilitare il consenso delle opinioni pubbliche in particolare delle giovani generazioni contribuendo alla lotta contro le strumentalizzazioni e alle infondate paure ancestrali dei movimenti secolari di popolazioni

Le istituzioni europee dovrebbero chiedere a Eurostat un rapporto dettagliato su

  • I paesi di origine di chi emigra e di chi chiede asilo,
  • I trend dello sviluppo demografico nei paesi in via di sviluppo e in particolare nell’Africa sub-sahariana, 
  • La crescita o meglio sulla decrescita demografica nei paesi dell’Unione europea e sui trend di invecchiamento delle nostre popolazioni, 
  • Le percentuali di cittadini di paesi terzi nei paesi dell’Unione europea suddivisi per regioni e anche fra aree urbane e aree agricole, 
  • Le aggregazioni di comunità etniche, 
  • I trend di matrimoni misti, 
  • I numeri della piccola e media imprenditoria insieme all’artigianato che fanno capo a cittadini non comunitari, 
  • Gli equilibri di genere e generazionali.

Le istituzioni europee dovrebbero chiedete al Servizio Europeo per l’Azione Esterna un rapporto dettagliato:

  • Sulle vere ragioni dei pull factors legati ai conflitti interni e ai conflitti fra stati
  • Sullo stato delle desertificazioni nei paesi dell’Africa sub-sahariana,
  • Sulle cause e sugli effetti delle espropriazioni delle terre, 
  • Sul livello di mancata realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile 2030 in quei paesi e in particolare “povertà e fame zero” (1-2), la “salute” (3), l’ “acqua pulita” (6), la “riduzione delle diseguaglianze” (10), la “lotta al cambiamento climatico” (13), la “pace” e la “giustizia” (16).

Sulla base di questi due rapporti e sapendo che i flussi migratori sono un fenomeno permanente mondiale e non solo continentale, le istituzioni europee dovrebbero a nostro avviso promuovere insieme alle Nazioni Unite, all’UNHCR e all’OIM entro la fine dell’anno e sotto presidenza spagnola una conferenza europea su una nuova strategia per le politiche migratorie che sia fondata sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile e sul Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.

Essa dovrebbe essere organizzata secondo il modello della democrazia partecipativa adottato dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e dunque con la presenza attiva delle organizzazioni che lavorano nei paesi di origine partendo dall’impegno che il Patto mondiale sia adottato da tutti i paesi dell’Ue e quindi anche da Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria che non parteciparono nel 2018 alla Conferenza di Marrakech e che si astennero o votarono contro il Patto Mondiale nella Assemblea delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2018.

A conclusione della Conferenza dovrebbero essere a nostro avviso adottati 

  • Una nuova Convenzione che sostituisca integralmente il Regolamento di Dublino,
  • Un protocollo, da accludere al Trattato di Lisbona e in vista della sua più ampia revisione, che superi il capitolo 2 del titolo 5 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sulle politiche relative ai controlli delle frontiere, all’asilo e all’immigrazione, 
  • Una proposta di bilancio rettificativo e suppletivo per creare uno strumento finanziario per il salvataggio in mare (European Sea Rescue o Mare Nostrum europeo) e per porre le basi di una Banca Euromediterranea per dare un impulso decisivo alla cooperazione economica dell’area e favorisca la cooperazione sub-regionale,
  • Un mandato alla Commissione europea e all’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di proporre al Consiglio e al Parlamento europeo un ampio piano di cooperazione allo sviluppo di tutto il continente africano per contribuire alla realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile sulla base di un partenariato pubblico-privato.
  • Un programma di educazione delle giovani generazioni che integri e rafforzi le politiche di accoglienza e di ospitalità

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