Sul programma della serata, per la cena, il dress code è chiaro: black tie. Ci si stupisce di come sia possibile, anzi no, necessario, dover sfoggiare il lungo, pur trovandosi a Varignana, frazione del comune di Castel San Pietro Terme, a venti minuti da Bologna, abitanti censiti secondo Wikipedia, 343. Eppure, l’ufficio comunicazione che segue le attività del Palazzo di Varignana pare esserne assolutamente convinto.
Indossato il nostro abito migliore, ci si dirige verso il luogo segreto della cena, che non si saprebbe certo come raggiungere da sole, visto che il complesso alberghiero costruito intorno al Palazzo Bentivoglio – castello di campagna datato 1705 – è circondato da trenta ettari di terreni, con un giardino ornamentale, quattro ristoranti, una SPA e centocinquanta camere dislocate come in un resort diffuso, tra i colli bolognesi silenziosi all’ora di cena.
Non è però in uno dei quattro ristoranti che avrà luogo la serata, si apprende con sorpresa avvicinandosi: posizionata su un breve tratto di binari, c’è una carrozza-ristorante colorata di un blu acceso, un ottanio avvolto da una scenografica nuvola di vapore, come se fossimo sul punto di partire, destinazione il 1921.
Entrarvi è come fare un salto temporale: si viene accolti da personale vestito con uniformi ad hoc, che attende di poter raccogliere i cappotti degli invitati, per poi accompagnarli nella carrozza-ristorante, tra atmosfere che riportano a più di un secolo fa, pareti in legno con soffitto a cassettoni decorato, pesanti tende in velluto verde, una cristalleria e poltroncine in velluto sistemate intorno ad un lungo tavolo.
Sul pavimento, un tappeto con arazzi attutisce il rumore dei passi. La colonna sonora amplifica il senso di straniamento temporale, con pezzi jazz che rimandano ai ruggenti anni Venti. E, infatti, questa carrozza tra i colli bolognesi è un pezzo di storia, che da quell’epoca arriva: datata 1921, era un prototipo del Treno Reale, che dopo decenni di abbandono è stato restaurato secondo i criteri dell’epoca, e rimesso in funzione.
Avrebbe dovuto quindi ospitare la regina Elena del Montenegro, consorte di Vittorio Emanuele III di Savoia e i quattro figli – Jolanda, Mafalda, Umberto e Giovanna – durante i loro viaggi di piacere e lavoro in giro per il Tricolore, ma la storia decise diversamente. E così, ci ritroviamo seduti al loro posto, capendo il motivo del dress code formale.
D’altronde sembrerebbe irrispettoso nei confronti della decaduta famiglia reale, presentarsi a cena con qualcosa di meno elegante. A tavola, invece, il menù celebra un altro viaggio, quello culinario offerto dall’executive chef di Palazzo Varignana Davide Rialti. Alle 20:30 in punto l’impianto audio ripropone il suono del fischio, tipico della partenza delle vetture, segnando l’inizio del percorso enogastronomico.
Ripercorrendo gli anni nei quali i mezzi di locomozione portavano i cittadini nel futuro, sostituendo alle carrozze gli sbuffi del vapore dei treni, ci si muove tra un risotto sangiovese mantecato all’Olio Evo Stiffonte, fonduta al parmigiano e guanciale fondente, passando agevolmente alla crespella farcita con mascarpone di latteria, mandorle del podere Rio Rosso e crema inglese alle pere.
Un risultato immersivo, quello derivante dall’esperienza – disponibile solo il sabato – frutto anche dal certosino lavoro di restauro della carrozza, che ha coinvolto studiosi delle locomotive dell’epoca, artigiani esperti nelle minuziose decorazioni in foglia d’oro che ne decorano gli interni e l’artista di fama internazionale Giovanni Bressana, che si è occupato di tutta la parte pittorica.
In un angolo della sala, capace di ospitare ventidue persone, c’è un pertugio quasi nascosto, una stanza privata, destinata probabilmente a cene romantiche, incontri a due. Di fronte al tavolo e un buon vino, un calice di champagne nel quale far scivolare un anello, sinonimo di una futura promessa: o almeno è questo, quello che a Palazzo di Varignana si aspettano. Complice l’atmosfera rarefatta, quasi magica, si scommette che non dovranno attendere molto.