Saranno giornate fitte di incontri internazionali quelle che attendono Xi Jinping tra fine marzo ed inizio aprile. Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron e Pedro Sánchez (oltre al presidente brasiliano Lula) voleranno nei prossimi giorni a Pechino alla corte del leader cinese. La Cina vuole convincere Bruxelles a dialogare con Vladimir Putin sulla base dei dodici punti dell’accordo sviluppato dal dragone.
Europa e Stati Uniti continuano a ritenere che debba essere l’Ucraina a stabilire le condizioni e i capi di governo europei lo ribadiranno anche in questa occasione. Sembra evidente che dietro a questi incontri ci sia il tentativo di Pechino di attestarsi come mediatore internazionale tra l’amico invasore Putin e il blocco occidentale che sostiene l’Ucraina. A più di una settimana dalla passerella moscovita però – e in generale dall’inizio dell’invasione russa – il leader cinese non ha ancora chiamato Volodymyr Zelensky. O forse ha trovato occupato.
Lo spagnolo Sánchez sarà il primo dei leader europei a fare visita a Xi il 30 e il 31 marzo: «Un viaggio a cui diamo la massima importanza», fanno sapere da Madrid. Ufficialmente il motivo della visita è il cinquantesimo anniversario delle relazioni bilaterali tra i due Paesi, ma ci sono ovviamente anche ragioni economiche. Il premier incontrerà potenziali investitori al Boao forum for Asia, una serie di conferenze di alto livello tra i maggiori protagonisti politici ed economici di Asia e Australia (sulla falsa riga del World Economic Forum di Davos).
Con Xi si parlerà inevitabilmente anche del conflitto. La Spagna non ha mai avuto dubbi sull’appoggio a Kyjiv, seguendo la linea atlantista senza tentennamenti nonostante le tensioni interne alla coalizione di governo con Unidas Podemos. Sánchez, come rivelato da El Pais ha già anticipato che dovranno essere gli ucraini a stabilire le condizioni per qualsiasi accordo di pace.
«Apprezzo l’invito del presidente Xi, è importante conoscere la sua posizione sulla pace in Ucraina e comunicargli che saranno gli ucraini a stabilire le condizioni per quella pace. La cosa più importante è raggiungere una pace stabile e duratura e per questo dobbiamo rispettare la Carta delle Nazioni Unite che ha come elemento centrale il rispetto per l’integrità territoriale che la Russia sta violando in Ucraina». Lo spagnolo lo ribadirà al leader cinese come già aveva fatto durante il bilaterale al G20 di novembre. «La Cina è un attore globale, e la sua voce va ascoltata per vedere se, fra tutti noi, riusciamo mettere fine alla guerra», ha dichiarato nella conferenza stampa di qualche giorno fa.
C’è la Spagna, manca l’Italia. La cosa può sorprendere ma in realtà, al netto dell’assenza italiana (unico grande Paese europeo escluso visto che il tedesco Scholz è stato a Pechino già a novembre), chi ha seguito il percorso di Madrid negli ultimi anni sa che Sánchez ha lavorato molto fuori dai confini intensificando le relazioni con gli altri grandi player europei, con i Paesi dell’America latina e soprattutto riuscendo a mantenere buoni rapporti sia con gli Stati Uniti che con la Cina.
Elezioni a maggio e dicembre
L’incontro per il leader spagnolo arriva al termine di una settimana delicata: dopo essere volato a Santo Domingo per il summit iberoamericano, Sánchez è rientrato a Madrid dove ha formalizzato un atteso rimpasto di governo. Un cambio che ha riguardato solo Ministri del Psoe (il partito del premier) e che non ha generato forti scossoni. L’inquilino della Moncloa ha annunciato la nomina di Héctor Gómez Hernández e José Manuel Miñones Conde rispettivamente come nuovi ministri dell’Industria, del Commercio e del Turismo e della Salute.
Due figure di cui Sanchez si fida e che daranno continuità all’azione di governo. Miñones e Gómez prenderanno il posto di Reyes Maroto e Carolina Darias che saranno candidate alla carica di sindaca delle città di Madrid e Las Palmas nelle elezioni del 28 maggio. Due ministre che fino ad oggi avevano ben figurato, sia sul piano industriale che su quello della gestione della pandemia.
Ma a due mesi dal voto il leader socialista ha bisogno di schierare dei candidati forti sui territori. Si voterà nella quasi totalità delle regioni iberiche oltre che nelle principali città del Paese: Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia su tutte. Sánchez arriva alla sfida forte di una buona gestione della crisi pandemica accompagnata da efficaci scudi sociali, con un’economia meno in difficoltà rispetto agli altri Paesi europei e una leadership internazionale ritrovata. La politica di governo si è mossa su due assi principali: la transizione ecologica e la lotta alle diseguaglianze sociali.
I sondaggi a livello nazionale danno però un ritardo di circa sei punti percentuali rispetto il Partito Popolare, la formazione maggioritaria di centrodestra che negli ultimi tempi sta avendo difficoltà a trovare una quadra con gli alleati di Vox (i sovranisti guidati da Santiago Abascal molto vicino a Giorgia Meloni).
Il leader socialista si gioca tanto: il Psoe detiene attualmente il maggior numero di presidenze regionali e sembra molto complicato poter aspirare ad un miglioramento. Mantenere lo status quo o limitare le perdite potrebbe essere comunque un buon risultato. Non sarà facile.
Un voto importante anche per avere il polso politico del Paese in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento e del governo che si terranno a fine anno, presumibilmente il 10 dicembre quando i Popolari e – forse – gli alleati di estrema destra proveranno a strappare Palazzo Moncloa alla coalizione guidata dai progressisti.
Il semestre europeo
Nel 2023 la Spagna sarà protagonista anche a livello europeo: dal primo luglio, infatti, il semestre di turno della Presidenza del Consiglio dell’Ue toccherà al governo di Sánchez. È facile immaginare che tra i dossier principali ci saranno ancora una volta il conflitto in Ucraina, la crisi energetica e la transizione ecologica (con gli ambiziosi obiettivi europei).
Sulla guerra Madrid ha le idee chiare: la linea sarà quella atlantista e si andrà avanti seguendo la strada indicata dall’Ue e dagli Stati Uniti, proseguendo nel processo di indipendenza energetica da Mosca avviato da Bruxelles dopo l’invasione russa. Recentemente Spagna e Francia hanno bloccato il vecchio progetto MidCat, un gasdotto che avrebbe connesso la penisola iberica al continente, per virare sul più green H2Med, un collegamento sottomarino tra Barcellona e Marsiglia per il trasporto dell’idrogeno.
In generale, nonostante alcune posizioni differenti, i rapporti con Macron sono buoni tanto da aver portato, appena due mesi fa, alla firma di un trattato di cooperazione rafforzata. Anche con Berlino ci sono ottime relazioni e nelle prossime settimane il leader spagnolo dovrebbe incontrare Meloni, a livello politico la più lontana dai progressisti iberici.
Il 2023 di Sánchez passerà quindi attraverso due partite fondamentali: in primis la politica interna. Uscire bene dalle elezioni del 28 maggio darebbe una grossa spinta al leader in vista dell’appuntamento di dicembre. Poi la politica internazionale e il semestre europeo: Madrid sembra aver acquisito negli ultimi anni una maggiore autorevolezza fuori dai confini e fare bene i sei mesi alla guida del Consiglio europeo potrebbe essere la conclusione di questo percorso. I segnali sembrano positivi, ma molto dipenderà dai prossimi mesi. Insomma, nel bene o nel male, il 2023 sarà l’anno della Spagna.