Il presidente francese Emmanuel Macron sta affrontando in questi giorni quella che sembra essere una delle sfide più difficili da quando è a capo dell’Eliseo: la riforma del sistema pensionistico francese. La misura, che da ieri ha portato a scioperi e manifestazioni in tutto il Paese, propone l’innalzamento dell’età pensionabile da sessantadue (la più bassa di qualsiasi altro grande paese dell’Unione europea) a sessantaquattro anni entro il 2030, con gli anni di contribuzione che passerebbero da quarantuno e mezzo a quarantatré entro il 2027. Una riforma che, vista da questa parte delle Alpi, non appare esattamente come un attentato al sistema dei diritti sociali.
Macron nel frattempo, è volato a Barcellona per la firma del trattato bilaterale di cooperazione con il premier spagnolo Pedro Sanchez. Se dal punto di vista della politica interna Macron sembra avere qualche problema, lo stesso non si può dire sul versante estero. Le Presidént si è ritagliato negli anni una posizione di leadership centrale a livello internazionale, utile anche a distrarre da quanto accade dentro ai propri confini. La strategia sembra essere proprio questa: di fronte ai problemi interni si rilancia in politica estera.
Macron negli ultimi due anni ha concluso accordi di cooperazione rafforzata con l’Italia (nel 2021) e, appunto, con la Spagna. Una linea politica che apre nuove prospettive che sembrano andare oltre la storica egemonia dell’asse franco-tedesco. Nei rapporti con Berlino, inoltre, qualcosa sembra essere cambiato. Olaf Scholz non è Angela Merkel e il Cancelliere tedesco sta pagando alcune decisioni: la Germania, fortemente dipendente dal gas di Mosca, ha mantenuto un atteggiamento molto cauto sulle sanzioni e sul price cap.
Queste scelte ne hanno indebolito la leadership a livello europeo e l’immagine agli occhi dei partner. Le relazioni con Berlino restano comunque molto solide (domenica in un Consiglio dei ministri congiunto verrà celebrato il sessantesimo anniversario del Trattato dell’Eliseo) ma Macron ha iniziato a guardare anche in altre direzioni, intensificando i colloqui con i Paesi confinanti. La conseguenza naturale di questa situazione è stata la firma con Mario Draghi e Pedro Sánchez di due accordi molto simili, per portata e ambizione, a quello che lega francesi e tedeschi.
Il trattato con la Spagna, che da luglio assumerà la guida del Consiglio dell’UE, è composto da oltre dieci capitoli che toccano vari temi, dall’istruzione all’economia passando per agricoltura e difesa. L’importanza del vertice del 19 gennaio è sottolineata dalla presenza in Catalunya di numerosi ministri spagnoli e di alcuni dei ministri francesi più importanti: Bruno Le Maire, ministro dell’Economia e delle Finanze, Catherine Colonna, ministro degli Affari esteri, e Gérald Darmanin, ministro dell’Interno. I due Governi hanno aumentato ulteriormente la collaborazione sulle principali questioni europee come la riforma del mercato dell’energia, le nuove infrastrutture strategiche, la governance economica comune e la gestione dei flussi migratori.
La firma del bilaterale è arrivata con un po’ di ritardo anche a causa delle divergenze sull’ormai sepolto progetto Midcat, un gasdotto che avrebbe collegato la penisola iberica all’Europa del nord attraversando i Pirenei ma che non ha mai convinto Parigi. Accantonato Midcat, Francia, Spagna e Portogallo si sono accordati sulla costruzione di una condotta sottomarina meno impattante per l’ambiente, tra Barcellona e Marsiglia. Il BarMar sarà destinato principalmente al trasporto di idrogeno, di altri gas rinnovabili come il biometano e, solo in una percentuale minoritaria, di gas naturale.
Per Sánchez il rafforzamento dei rapporti con la Francia è molto importante in vista del semestre di Presidenza spagnola del Consiglio dell’UE che partirà a luglio. È facile immaginare che Madrid si troverà a dover affrontare ancora la crisi dell’energia e la forte inflazione. Farlo con Parigi dalla propria parte può essere strategico per portare a casa i risultati. Soprattutto sulle misure di contrasto all’inflazione, occorrerà una risposta unitaria all’Inflation Reduction Act, il piano di aiuti statunitense voluto da Biden che rischia di garantire un vantaggio sleale alle imprese americane. Una necessità sottolineata a Barcellona anche dal Presidente francese, convinto che l’Unione europea debba implementare rapidamente nuovi strumenti per superare la situazione di stallo con gli Stati Uniti sui sussidi industriali.
Macron, dal canto suo, continua a rafforzare il ruolo centrale della Francia in Europa in una fase in cui Roma e Berlino, per motivi diversi, non vengono considerate altrettanto affidabili. Detto dei problemi di Scholz, infatti, neanche Meloni può contare sul pieno appoggio dei partner europei più importanti, ancora diffidenti nei confronti di una leader che ha sempre guardato con maggiore interesse ai Governi nazionalisti dell’est piuttosto che a Parigi e Berlino.
Sollecitato durante una delle sue ultime conferenze stampa da premier, Mario Draghi ha risposto così a un giornalista che gli chiedeva un parere sulla vicinanza tra la leader di FDI e Orbàn: «Mi sono chiesto, com’è che uno si sceglie i partner? (…) Bisognerebbe chiedersi quali sono i partner che mi aiutano a proteggere l’interesse degli italiani meglio? Chi conta di più tra questi partner?». Deve esserselo chiesto anche Macron, visto che da oggi la Francia si troverà ad avere trattati bilaterali ambiziosi con Spagna, Germania e Italia diventando il collante politico, oltre che geografico, tra tre maggiori economie dell’UE.