Per il premier spagnolo Pedro Sánchez, la firma del trattato di Barcellona con la Francia è stata una vittoria su tutta la linea. Il fronte indipendentista ha dimostrato tutta la sua debolezza sia in strada che alla Generalitat, mentre le manifestazioni organizzate da Vox a Madrid hanno messo in difficoltà il Partido Popular, il principale avversario politico del presidente. Sul piano europeo, l’alleanza tra Spagna e Francia non sembra incontrare grandi ostacoli, mentre lo stesso non si può dire dei rapporti del presidente francese Emmanuel Macron con la Germania e l’Italia.
«Bisogna che la stampa parli di noi, che le proteste siano più importanti dell’incontro tra i due presidenti», raccomandava uno dei membri del gruppo indipendentista radicale Desobediència Civil durante una riunione in vista del vertice tra Sánchez e Macron dello scorso giovedì. Organizzata dalle principali piattaforme indipendentiste con il sostegno di Erc, Junts e Cup, la manifestazione aveva un solo obiettivo: dimostrare che «aquí no s’ha acabat res», ovvero che a Barcellona la stagione dell’indipendentismo non è finita.
In realtà, sia in strada che al tavolo delle trattative, l’epoca d’oro del procès sembra davvero finita. Alla manifestazione di giovedì hanno partecipato circa 6.500 persone (trentamila secondo gli organizzatori) e la tensione si è concentrata in qualche scontro con i Mossos d’Esquadra davanti al consolato francese. Uscito dal carcere grazie all’indulto annunciato da Sánchez nel 2021, il presidente di Erc Oriol Junqueras ha abbandonato la protesta a un’ora e mezza dal loro inizio tra gli insulti e le accuse di tradimento (assicurando che se ne sarebbe comunque dovuto andare a quell’ora).
Anche i tentativi del presidente della Generalitat Pere Aragonès di andare oltre il ruolo del padrone di casa assegnatogli da Sánchez sono andati a vuoto. La lettera alla Moncloa in cui segnalava una serie di temi da affrontare durante l’incontro, come la situazione catalana a entrambi i lati della frontiera, non è stata presa in considerazione.
Durante il vertice, la sua uscita di scena poco prima dell’inno spagnolo è stato un mero gesto simbolico, mentre la sua seppur breve partecipazione alla cerimonia ha permesso a Sánchez di dimostrare al mondo che la Catalogna sta tornando alla normalità.
«Per molti anni, Barcellona si è giustamente lamentata del fatto che l’amministrazione centrale non si curasse di lei. Ed è proprio quello che invece noi stiamo facendo», ha sottolineato il premier spagnolo, riferendosi ai numerosi progetti che coinvolgeranno la città, tra cui il BarMar, la condotta che sostituirà il gasdotto MidCat.
Nel suo discorso, Sánchez ha accennato anche alla manifestazione dello scorso sabato, organizzata dal partito di estrema destra Vox per protestare contro la riforma del Codice Penale e la presunta linea morbida del premier contro l’indipendentismo. Anche in questo caso, per Sánchez la strada è la cartina tornasole delle debolezze dei suoi avversari: il leader del Partido Popular, Alberto Núñez Feijóo, ha infatti scelto di non sfilare al fianco di Vox in un disperato tentativo di calmare le acque dopo lo scandalo sulle misure antiabortiste promosse in Castiglia e León dalla giunta regionale nata dall’alleanza tra Pp e Vox.
Sul piano internazionale, l’intesa con Macron è arrivata senza troppe difficoltà. L’unica questione da risolvere rimane la chiusura da parte del Ministero dell’Interno francese di quindici valichi di frontiera, una misura che era stata adottata per impedire ai migranti di attraversare i Pirenei per entrare in Francia e che oggi viene contestata dagli abitanti del luogo e dai turisti, per i quali attraversare il confine è diventato sempre più complicato. In attesa di ulteriori discussioni tra le delegazioni dei due Paesi, Francia e Spagna si sono impegnate ad aumentare la collaborazione tra le forze armate per sorvegliare la zona.
In questo clima, i trattati stipulati dalla Francia con la Germania e l’Italia non reggono il confronto. In vista della celebrazione dei sessant’anni del trattato dell’Eliseo e di un interesse comune nel far fronte all’Inflation Reduction Act voluto da Biden, nell’ultimo periodo i rapporti tra Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz sembrano migliorati, ma niente può cancellare i mesi di tensione sul price cap europeo.
Allo stesso modo, la telefonata degli ultimi giorni dell’Eliseo alla premier Giorgia Meloni è un timido tentativo di ritrovare un’intesa dopo lo sbarco a Tolone della nave Ocean Viking. «L’estrema destra vuole cambiare lo Stato di diritto, controllare la giustizia, attentare alla libertà dei giornalisti ed è vicina alla xenofobia. Normalizzare l’estrema destra non dà buoni risultati», ha inoltre precisato Macron nel suo discorso al summit, prendendo le distanze da qualsiasi forma di nazionalismo.
«L’Europa avanza – a volte a grandi falcate, altre a passettini – non solo attraverso le sue istituzioni, ma soprattutto grazie alle relazioni bilaterali dei suoi Paesi membri», ricorda la giornalista Berna González Harbour nella newsletter di El País. «Questo assetto oggi include anche la Spagna, che è diventata uno dei grandi Paesi dell’UE per dimensioni, economia e – soprattutto negli ultimi anni – grazie alle sue iniziative», spiega González Harbour.
Per la Spagna, la firma del trattato di Barcellona è infatti l’occasione per avere finalmente il suo posto al tavolo dei “grandi” dopo aver pagato per anni la sua adesione tardiva all’Unione e le sue difficoltà economiche e sociali.
Un momento storico che Sánchez dovrà dimostrare di saper sfruttare a suo favore durante il semestre della Spagna alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea e in occasione delle elezioni generali previste per dicembre di quest’anno.