Non sono molti ad aver ricevuto il passaporto russo direttamente dalle mani di Vladimir Putin. Steven Seagal è uno di questi. Se la sua filmografia ve lo fa ritenere un personaggio trash, le sue posizioni politiche sono peggiori. Martedì ha officiato a Mosca la nascita di un movimento internazionale filorusso, alla presenza del ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Il congresso nasce da un timore da minorati mentali: la cancellazione della cultura russa.
Non è un mistero che l’attore sia su posizioni putiniane. Nel 2014 ha difeso l’annessione illegale della Crimea e due anni dopo Putin gli ha conferito la cittadinanza, ricevendolo al Cremlino. Avranno aiutato le origini, attraverso il nonno paterno, ma soprattutto i suoi buoni uffici. Seagal ha festeggiato i suoi settant’anni a Mosca, l’aprile di un anno fa, con gli amici russi, quelli della sua nuova vita (da fallito).
Ha visitato il Donbas occupato, lo scorso agosto, con tanto di giro al fronte e nella città di Olenivka, dove c’è stata una strage di prigionieri di guerra. Nelle interviste televisive, continua a blaterare sulla «minaccia esistenziale» rappresentata dall’Ucraina per la Federazione. Che un personaggio del genere abbia condiviso la sala con l’«ideologo» Alexander Dugin dà un’idea del tipo di intellighenzia su cui può contare il regime.
Da trent’anni il successo ha sfrattato Seagal. Deve il debutto all’essere stato allenatore di arti marziali di Mike Ovitz, potente agente cinematografico. Vecchia gloria di un cinema action che non l’ha più ricambiato, invecchiando ha inanellato insuccessi al botteghino. Di sé ha detto: «Spero di essere ricordato un giorno come un grande scrittore e attore piuttosto che come un sex symbol». È finito a promuovere Nft fumettosi su Twitter.
Da dove cominciare. La stazza e il cerone sono trumpiani, proprio come la fede politica. Nel 2015, già imbolsito, si era offerto di addestrare le forze speciali serbe e Belgrado lo aveva ricompensato con un passaporto, sponsorizzato – anche lì – dai filorussi. In quel periodo, l’attore era praticamente in tour tra le Repubbliche post-sovietiche, per esempio l’Azerbaijan. Il copione era sempre lo stesso: accettava di buon grado l’invito, di populisti o autocrati, con la scusa dell’Aikido. Hai voglia stendere un maestro più giovane, se l’hanno istruito così.
I monaci buddhisti hanno addirittura visto in lui un «tulku», un Lama reincarnato. Lui incontrava il Dalai Lama, difendendo l’indipendenza tibetana, poi da specchiato animalista faceva da testimonial a una fabbrica di armi russa. Ormai residente nella Federazione, ne viene nominato «inviato speciale» in Giappone e negli Stati Uniti. Una carriera parallela: nei film interpretava un super poliziotto contro il crimine mondiale, oggi lavora per i suoi vecchi nemici.
A febbraio ha ricevuto l’Ordine dell’amicizia della Russia, onorificenza meritata «per il suo impegno umanitario». Ma quale? I «veri patrioti», come si chiamano tra di loro, del summit di martedì chiedono piuttosto all’Europa di rimuovere le sanzioni. Sono loro, invece, che le meritano. Tra i partecipanti, il bulgaro Nikolay Malinov, capo di una sigla filorussa indagato in patria per spionaggio.
Quanto a Seagal, numerosi politici tra Ue e America hanno chiesto che sconti un prezzo simbolico per l’attività di propaganda. Se il suo soft power è appannato, beneficia indebitamente di quanto resta della fama hollywoodiana, soprattutto all’estero, dove le celebrità vengono imbalsamate nei cult. Ma gli agenti del Cremlino vanno riconosciuti come tali: tanto più se visitano le sue truppe, oltre a bersi le palle di Stato come ha fatto Roger Waters.
Il dubbio – anzi, la speranza – è che questi improbabili accoliti alienino più simpatie a Putin di quante non gliene portino. Invece di dimostrare che «nell’Occidente qualcuno capisce dove sta la verità», ne sono la speculare confutazione. Solo i picchiatelli del mondo hanno risposto alla chiamata alle armi del tiranno sanguinario. Più dei B-movies a cui ci hanno abituato, questo è uno Z-movie: di qualità infima, sotto la lettera che è l’insegna rascista di annientamento.
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