«Con l’invasione su larga scala del 24 febbraio 2022 molte chat Telegram, sorte all’epoca del Covid per negare l’esistenza del virus e l’inutilità dei vaccini, si convertiranno da chat No-Vax in chat pro-Putin». Così, tra le altre cose, attesta “Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia”, un research paper a firma Massimiliano Di Pasquale e Luigi Sergio Germani che l’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici rende noto nel primo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina, e che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima.
«Questo studio non intende in alcun modo affermare che le persone, le organizzazioni e i media italiani citati abbiano delle connessioni con la Federazione Russa o con attori governativi o non-governativi al suo interno», viene subito chiarito.
A parte alcune cose alla luce del sole, come il famigerato accordo tra la Lega e il partito putiniano Russia Unita, per attestare cose del genere, probabilmente, ci vorrà un nuovo Mitrokhin di un auspicabile dopo Vladimir Putin.
Resta tuttavia la constatazione di una certa presenza di parole d’ordine e interpretazioni che sono quelle volute da Putin. E ciò è facilmente attestabile. A partire dall’insistenza di Silvio Berlusconi sul fatto che non sarebbe stato l’attacco di Putin all’Ucraina a scatenare la guerra, ma un attacco di Volodymyr Zelensky al Donbas.
In particolare, lo studio «si occupa delle narrazioni strategiche filo-Cremlino relative alla guerra in Ucraina diffuse in Italia da media russi attivi nel nostro Paese e amplificati da media e influencer italiani. Analizza l’evoluzione di tali narrazioni nell’arco temporale che va dal 24 febbraio 2022 – data di inizio dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, ribattezzata da Putin «Operazione Militare Speciale» – al gennaio 2023, mettendole in relazione agli eventi più rilevanti legati all’aggressione russa in Ucraina (i massacri di Bucha, le sanzioni alla Russia, la crisi alimentare e del grano, i “referendum” di Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, ecc)».
Gli obiettivi manipolatori di fondo delle narrazioni strategiche filo-Cremlino sulla guerra sono «confondere l’opinione pubblica italiana circa le cause e l’andamento della guerra in Ucraina, offuscare la verità sulla natura espansionista e neo-imperiale della politica estera russa, indurre l’opinione pubblica e i decisori politici ad abbandonare l’orientamento atlantista ed europeista della politica estera italiana, ed erodere la fiducia dell’opinione pubblica nei valori e nelle istituzioni della democrazia liberale».
L’obiettivo è «comprendere meglio il perché molti miti disinformativi sulla guerra, divulgate dall’ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino, continuano a esercitare una influenza notevole sui dibattiti politici, mediatici e culturali italiani» e anche proporre «alcune linee-guida di una strategia culturale per difendere efficacemente il sistema-Italia dalle operazioni di disinformazione e propaganda promosse da potenze straniere autocratiche per influenzare settori significativi della società italiana in funzione dei propri interessi geopolitici».
Le grandi potenze autocratiche del mondo non-occidentale, si ricorda, «ricorrono sistematicamente alla guerra cognitiva sia all’interno (per controllare le proprie popolazioni) sia all’estero, per tentare di influenzare e destabilizzare le democrazie occidentali tramite la diffusione massiccia di narrazioni strategiche false o fuorvianti».
Come definizione, «una narrazione strategica è un mezzo di cui si avvale un attore politico per costruire un significato condiviso del passato, del presente e del futuro delle relazioni internazionali al fine di plasmare le opinioni e condizionare i comportamenti di attori all’interno e all’estero», per creare una percezione distorta della realtà, nell’opinione pubblica e nei decisori politici dei Paesi-bersaglio, per favorire gli interessi geopolitici dello Stato aggressore. «Uno degli attori geopolitici che praticano la guerra cognitiva con maggiore intensità e sistematicità a livello globale», si ricorda, «è la Russia di Vladimir Putin, che ha elaborato una strategia di “guerra non-lineare” tesa a indebolire e sconfiggere l’avversario destabilizzandolo dall’interno tramite la disinformazione, la propaganda e altre tecniche sovversive, come il sostegno occulto a partiti politici anti-sistema, movimenti eversivi, e gruppi violenti di matrice etnico-separatista”. In ciò, ereditando la tradizione sovietica delle misure attive, ma integrandola con le nuove potenzialità offerte dal cyberspazio per la manipolazione delle percezioni.
L’aggressività di queste misure verso l’Occidente aumenta a partire dal 2012, e ha un’ulteriore scalata rispetto all’Euromaidan. Obiettivi sono proteggere la sicurezza e la stabilità del regime di Putin nei confronti di possibili rivoluzioni e rivolte interne, ristabilire una sfera di influenza e di controllo di Mosca nell’Europa orientale e altri paesi post-sovietici, riacquisire lo status di grande potenza mondiale, assicurare a Mosca un ruolo indispensabile nella risoluzione di qualunque crisi internazionale, erodere sempre di più il potere e l’influenza degli Stati Uniti e dell’Occidente a livello globale, indebolire ed eventualmente disgregare la Nato e l’Unione europea, screditare e destabilizzare i sistemi liberal-democratici.
Lo strumento è un vero e proprio «ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino tramite il quale vengono create e diffuse, a livello globale e tramite canali molteplici, narrazioni strategiche che favoriscono gli interessi geopolitici di Mosca». Strumenti ne sono in primo luogo le comunicazioni ufficiali del governo russo e dichiarazioni di esponenti politici e istituzionali russi.
Poi ci sono media palesemente finanziati dal Cremlino e rivolti verso il pubblico interno (la popolazione russa) oppure verso pubblici di destinazione di Paesi esteri (Pervyy Kanal, Rossiya 24, TV Zvezda, RIA-Novosti, RT, Sputnik).
Numero tre, siti Internet rivolti a un pubblico internazionale che si presentano come fonti indipendenti di informazione e analisi geopolitica ma che in realtà sono o strettamente collegati con i servizi d’intelligence russi, come The Strategic Culture Foundation, New Eastern Outlook, News Front, South Front, Brics, Info-Ros; oppure sono finanziati da oligarchi vicini al Cremlino, come Geopolitica.ru e Kathehon).
Numero quattro: «Media di “informazione alternativa” e influencer in tutti i paesi-bersaglio che, consapevolmente o inconsapevolmente (e in molti casi per convinzione autentica), diffondono sistematicamente messaggi che amplificano le narrazioni strategiche filo-Cremlino. Tra questi influencer, spesso bene inseriti nei media mainstream o nel mondo politico del proprio Paese, vi possono essere anche agenti di influenza reclutati dai servizi d’intelligence russi».
Numero cinque: «campagne di disinformazione e propaganda sul web condotte tramite Bot e falsi profili sui social media». Numero sei: «operazioni di aggressione cibernetica per sottrarre dati politici sensibili che poi vengono diffusi – spesso dopo essere stati manipolati – all’opinione pubblica per orientarne gli atteggiamenti (cyber-enabled disinformation operations)».
Sin dai tempi della Guerra Fredda, e anche per la Russia di Vladimir Putin, l’Italia rappresenta un bersaglio importante delle misure attive di Mosca, per essere un Paese pilastro della Nato e dell’Unione Europea nel Mediterraneo, percepito però come un anello debole. «Un Paese che ha diverse vulnerabilità da sfruttare per accrescere l’influenza russa, tra cui: la diffidenza o ostilità nei confronti della Nato, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea che caratterizza ampi settori della società; l’ingenuità riguardante la politica interna ed estera della Russia molto diffusa presso le élite politico-amministrativa e intellettuale italiana; la scarsa conoscenza ed expertise analitica sulla Russia e la regione post-sovietica nel mondo accademico e dei think tank italiani; la presenza di influenti lobby politiche ed economiche filo- Cremlino; un deficit di cultura della sicurezza nazionale che contraddistingue, a parte alcune notevoli eccezioni, il mondo politico italiano».
Per questo, da almeno dieci o quindici anni l’ecosistema di disinformazione e propaganda filo-Cremlino si è messo a diffondere nello spazio informativo italiano molteplici narrazioni strategiche finalizzate a confondere l’opinione pubblica circa gli obiettivi e gli strumenti della politica estera russa, nonché a minare l’orientamento atlantista ed europeista dell’Italia e i suoi valori democratici.
Di conseguenza, «l’Italia è attualmente tra i Paesi occidentali più condizionati dalle narrazioni strategiche filo-Cremlino. Persino dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che in Italia ha suscitato forti condanne del regime di Putin, le narrazioni filo-Cremlino, spesso divulgate da esperti e commentatori mainstream, continuano a esercitare una notevole influenza sui dibattiti politici, mediatici e culturali italiani».
Alla storica eredità filo-russa del Pci dagli anni Novanta si è aggiunto il fenomeno del rossobrunismo. «Una sintesi ideologica di fascismo e social-comunismo, caratterizzata da estremo nazionalismo e “sovranismo”, lotta alla globalizzazione e al capitalismo, anti-americanismo, ostilità nei confronti dell’Unione Europea, tradizionalismo e critica radicale alla “decadenza” delle società liberal-democratiche dell’Occidente. L’area rossobruna ben presto avvia una intensa collaborazione con intellettuali e politici ultranazionalisti russi, tra cui il filosofo e geopolitico neo-Eurasista Aleksandr Dugin, che dopo il collasso del sistema sovietico si reca con frequenza nel nostro Paese, diventando un punto di riferimento per la destra radicale e la nascente galassia rossobruna».
Dopo l’ascesa di Vladimir Putin nel 1999, e soprattutto dopo la svolta del Cremlino nella seconda metà degli anni 2000 verso una politica estera più assertiva, nazionalista e di contrapposizione all’Occidente, la galassia rossobruna cresce e acquisisce un profilo sempre più marcatamente filo-russo e putiniano. «Il rossobrunismo diventa un fenomeno politicamente rilevante a partire dal 2012-13, e le idee di quest’area entrano nei dibattici politici e mediatici mainstream, grazie all’onda populista-sovranista che allora sconvolge il sistema politico italiano». Allo stesso tempo, a partire dalla seconda metà degli anni Duemila si afferma in Italia un’altra scuola di pensiero filo-russo, più pragmatica e moderata: quella degli intellettuali e politici Russlandvesteher, termine tedesco per indicare «chi mostra comprensione per la Russia»: è gente che non considera Putin un modello politico, ma sicuramente un importante partner strategico e economico, che le cui ragioni bisogna tenere presenti.
Le misure attive di Mosca in Italia nell’era Putin mirano a rafforzare sia il rossobrunismo sia la corrente Russlandvesteher. A differenza dei rossobruni, i Russlandvesteher italiani non attaccano l’Occidente, la Nato e l’Unione europea, ma ammirano Putin come leader politico e statista. «Quando scoppia la crisi ucraina nel 2013-2014 l’orientamento Russlandvesteher occupa già una posizione dominante nel mondo accademico e nella comunità di esperti di politica estera in Italia». Motivo per cui in tanti un anno fa considerano «impossibile» l’attacco russo.
Dall’inizio del conflitto nel 2014, tante sono state le narrazioni strategiche utilizzate dal Cremlino per indebolire e destabilizzare l’Ucraina, e per confondere le opinioni pubbliche in Occidente circa gli obiettivi e gli strumenti della politica estera russa in Ucraina.
Tra le principali:
1) Euromaidan, ossia la rivoluzione di piazza dell’inverno 2013-2014, dipinta come un colpo di stato nazista sostenuto dagli Stati Uniti;
2) L’annessione illegale della Crimea definita un «regolare referendum con cui i residenti della Crimea hanno deciso di ricongiungersi alla Russia attraverso una procedura democratica» (e accreditata da molti amministratori locali e osservatori di area Lega e Forza Italia);
3) La tesi secondo cui la Nato si fosse impegnata politicamente e giuridicamente a non estendere l’alleanza oltre i confini della Germania riunificata, circostanza smentita più volte anche dallo stesso Gorbaciov;
4) La tesi secondo cui l’aereo malaysiano Boeing-777, che stava effettuando il volo MH17 da Amsterdam a Kuala Lumpur precipitato vicino a Donetsk fosse stato abbattuto da un territorio controllato dall’esercito ucraino;
5) La presunta non partecipazione della Russia al conflitto armato nel Donbas e l’idea che Mosca non fornisse ai rappresentanti delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk alcun supporto materiale o tecnico;
6) La presunta proclamazione dell’indipendenza delle Repubblica Popolari di Donetsk e Lugansk, che sarebbe avvenuta dopo il colpo di stato a Kyjiv;
7) La tesi secondo cui in Ucraina fosse in corso una guerra civile anziché una vera e propria aggressione militare russa a uno Stato sovrano.
Torna al punto da cui siamo partiti, per circa un anno, dal marzo 2020 all’aprile 2021, la guerra in Ucraina, definibile all’epoca come un conflitto a intensità medio bassa, passa apparentemente in secondo piano nelle narrazioni strategiche del Cremlino, e viene soppiantata da messaggi disinformativi e propagandistici legati alla pandemia da Covid-19 e alla presunta superiorità del vaccino russo Sputnik rispetto a quelli occidentali.
Vari giornali italiani osservano subito come tanti gruppi «dormienti» dopo l’invasione abbiano spostato il focus di discussione dalla pandemia al conflitto bellico in Ucraina. «Basta Dittatura», ad esempio, è il nome di una chat con quasi centomila utenti dove si parlato del bambino morto a Kyjiv durante gli scontri. «Di bambini purtroppo ne moriranno tanti», scrivono, «perché il regime di Kyjiv, pilotato dalla Nato e finanziato da Soros, non pare intenzionato a cercare una tregua. Ma ora il condizionale è d’obbligo». Per loro, il bimbo mostrato da tutti i Tg del mondo non è reale e la foto scattata «in posa». Un altro con il nick “Giù la mascherina” scrive che «i giornalisti sono con casco e giubbotto antiproiettile, l’abito ufficiale della “modalità guerra”, proprio come quando sono con le mascherine, mentre dietro i cittadini ucraini serenamente fanno la coda all’ufficio postale».
The Vision, in un articolo del 31 marzo 2022, farà appunto notare come in un batter d’occhio i No-Vax si siano trasformati in sostenitori di Putin e della sua aggressione in Ucraina, sollevando anche legittimi sospetti su chi abbia davvero alimentato e sobillato la galassia negazionista negli ultimi due anni di pandemia e come le loro motivazioni a sostegno della causa di Putin siano la denazificazione dell’Ucraina, l’espansione della Nato a Est e il presunto “genocidio” degli abitanti russofoni del Donbas.
Questi canali dunque iniziano a diffondere un tipo di messaggi che erano stati anticipati da Sputnik, outlet creato nel 2013 mediante decreto presidenziale al fine di «comunicare la politica statale della Russia all’estero», e che il sito EUvsDisinfo riassume così: «La Nato inonda l’Ucraina di armi moderne per spingere Kyjiv a una soluzione militare nel Donbas; i nazionalisti ucraini non lasciano evacuare i civili e li usano come scudi umani; Kyijv sta attuando una politica genocida nei confronti della popolazione del Donbas; la liberazione russa di Lysychansk e Severodonetsk pone fine a discriminazioni e abusi da parte della giunta nazista di Kyjiv; in Ucraina, nel febbraio 2014, c’è stato un colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea; gli attacchi ucraini con droni kamikaze all’impianto di Zaporizhzhia dimostrano che gli Stati Uniti non accettano la sconfitta; le forze armate ucraine hanno bombardato il luogo di incontro della missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) e la centrale nucleare di Zaporizhzhia; le sanzioni imposte da Washington e Bruxelles spingono l’Italia al suicidio economico; l’esercito ucraino attacca con l’artiglieria le aree civili di Donetsk da otto anni: gli abitanti del Donbas, di Zaporizhzhia e Kherson vogliono unirsi liberamente alla Russia; solo il cinque per cento del grano che l’Occidente esporta dall’Ucraina va ai paesi più poveri; l’Ucraina vuole far saltare la diga di Kakhovka per bloccare la fornitura di acqua alla Crimea; Kyjiv farà esplodere una “bomba sporca” per accusare la Russia; l’Ucraina è il principale focolaio di neonazismo al mondo; la tempestiva sentenza di un tribunale olandese che attesta la responsabilità dei separatisti del Donbas e dei servizi segreti russi nell’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines nel 2014 è un’arma di distrazione di massa per far dimenticare che Zelensky, per non essere detronizzato, ha lanciato missili contro la Polonia e portato il mondo sull’orlo di una guerra mondiale; i russi si sono ritirati da Kherson perché l’Ucraina vuole far saltare la diga di Kakhovka; la proposta di Borrell sulla crisi ucraina del 2014 dimostra che il colpo di Stato in Ucraina è stato creato artificialmente come copertura ideologica per il contenimento politico, economico, tecnologico e umanitario della Russia; Kyjiv cerca un’escalation del conflitto, come dimostra l’esecuzione di prigionieri di guerra russi da parte dell’esercito ucraino. Tutto ciò dimostra che gli Stati Uniti hanno un controllo totale sull’Ucraina; gli accordi di Minsk sono stati un tentativo di guadagnare tempo per l’Ucraina; Francia e Germania hanno mentito sulla loro volontà di porre fine al conflitto nel Donbas, volevano solo riempire l’Ucraina di armi e prepararla al combattimento; la tragedia del rogo di Odessa è stata un’azione premeditata dai neonazisti ucraini; il conflitto in Ucraina è iniziato nel 2014 a seguito della decisione degli Stati Uniti di armare l’Ucraina; Kyjiv perseguita la Chiesa ortodossa ucraina; ci sono gli Stati Uniti dietro il colpo di Stato nazista ucraino del 2014 che ha portato a una sanguinosa guerra civile; i neonazisti ucraini commettono crimini contro la popolazione indifesa, fanno pulizia etnica, compiono azioni punitive. È proprio contro questo male [Olocausto] che i soldati russi combattono coraggiosamente».
Il rapporto fa su queste asserzioni un lavoro di debunking, simile quello che ha peraltro fatto anche l’autore di queste note. Rossobrunismo a parte, si può osservare come effettivamente l’invasione dell’Ucraina abbia fatto ricredere molti Russlandvesteher: a partire dalla stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha cancellato dai social sue prese di posizione filo-Putin del passato.
Ma in qualche caso invece si è arrivati a posizioni che nel caso delle narrazioni sull’uccisione dei civili a Bucha sono arrivate a livelli da negazionismo sulle camere a gas. Più in generale, il Russlandvesteher medio ha oggi il tipo di posizione espresso da Giuseppe Conte. Sì, Putin è l’aggressore, ma le sanzioni non servono, la guerra non va alimentata, e alla fine se non è detto espressamente viene sottinteso a questo povero Putin bisognerà pure lasciare qualcosa, per non farlo rimanere male.