La guerra in Ucraina è diventata anche una guerra nei Pink Floyd. Da una parte, infatti, il gruppo che ancora porta quel nome ha realizzato il suo primo nuovo brano dopo 28 anni, riprendendo una canzone di combattenti ucraini della Prima Guerra Mondiale e della prima Ucraina indipendente. «Nel prato, là un rosso viburno si è piegato in basso/ Per qualche ragione, la nostra gloriosa Ucraina si è preoccupata/ prenderemo quel viburno rosso e lo solleveremo». Ma al fondatore ed ex-leader Roger Waters, uscito dal gruppo nel 1985, la città polacca di Cracovia ha cancellato due concerti per essersi schierato dalla parte di Putin sulla guerra in Ucraina.
Il veto è arrivato dal consigliere comunale Lukasz Wantuch, secondo cui Waters è liberissimo di esibirsi in un luogo privato, ma lo stadio in cui i concerti erano stati programmati è proprietà municipale, e la città di Cracovia «non può tollerare che vengano utilizzati da un artista che diffonde idee respinte della maggior parte dei polacchi». Wantuch, che ha partecipato a 27 missioni umanitarie in Ucraina dall’inizio della guerra, ha presentato una mozione per dichiarare Waters persona non grata in città. Nel contempo lo ha invitato via Facebook a farsi un viaggio in Ucraina con lui, per verificare l’entità della distruzione prodotta dall’invasione in Ucraina. «Non si rende conto della verità», ha detto Wantuch all’agenzia AP. «Non capisce cosa sta succedendo in Ucraina».
L’invito è arrivato lunedì, dopo che domenica sempre su Facebook Waters aveva accusato Wantuch di «censura draconiana del mio lavoro». «Wantuch sembra non sapere nulla della mia storia lavorativa, tutta la mia vita, a un costo personale, al servizio dei diritti umani». Probabilmente ha ragione, nel senso che se avesse saputo del suo passato avrebbe potuto aggiungere qualcosa tipo: «d’altronde ora Waters appoggia l’aggressione di Putin all’Ucraina allo stesso modo in cui i passato ha appoggiato la repressione di Maduro in Venezuela ed è pronto ad appoggiare anche una invasione cinese di Taiwan». Secondo Waters, la guerra sarebbe colpa della Nato e dei nazionalisti ucraini. Questo mese ha scritto una lettera aperta alla first lady ucraina Olena Zelenska in cui ha detto che sarebbero stati i «nazionalisti estremisti» in Ucraina ad aver messo il «Paese sulla strada di questa guerra disastrosa». Ha anche criticato l’Occidente in generale e Washington in particolare per aver fornito armi all’Ucraina. Ricordando che con i suoi 2,6 milioni di followers Waters «ha il potere di influenzare molte menti» Wantuch lo ha rimproverato: «stai chiedendo all’Occidente di fermare gli aiuti militari, il che in effetti significa la capitolazione dell’Ucraina. L’Ucraina non si arrenderà, combatterà, ma per le persone come te, per quello che dici e scrivi. Sarà una lotta molto più difficile».
Quest’anno sono 40 anni dal film The Wall, che portava sullo schermo l’epocale album di tre anni prima. Ma l’idea era venuta a Waters ancora prima: nel luglio del 1977 durante un concerto allo Stadio Olimpico di Montréal, quando un gruppo di spettatori in prima fila lo avevano irritato con le loro urla, al punto che aveva sputato addosso a uno di loro. Dopo un litigio con il manager seguito da un infortunio al piede Waters era allora andato da uno psichiatra, confessandogli una sempre maggiore insofferenza per le esibizioni negli stadi e per il pubblico. Risultato, aveva deciso di esorcizzare i suoi fantasmi raccontando una storia che inizia appunto dalla perdita del padre: un soldato caduto quando lui aveva solo due anni durante lo sbarco di Anzio.
La storia fu letta come una contestazione contro la politica di Margaret Thatcher, da solista Waters il 21 luglio 1990 avrebbe eseguito le note di The Wall in un Live a Berlin che con altre rock star internazionali celebrava la caduta del Muro di Berlino, e in seguito la metafora del muro è stata letta anche in chiave anti-xenofobica, ma in origine per Pink, alter ego di Waters, il muro non è in realtà quello della politica, bensì il suo isolamento personale in seguito a una serie di traumi; dopo la morte del padre l’iperprotettività della madre, l’autoritarismo della scuola e il divorzio dalla moglie. «Daddy’s flown across the ocean/ Leaving just a memory/ Snapshot in the family album”, sono appunto i versi di Another brick in the wall (Part I). “Daddy what else did you leave for me/ Daddy what d’ya leave behind for me/ All in all it was just a brick in the wall/ All in all it was all just bricks in the wall». Nel film è cantata mentre il piccolo Pink, alter ego di Waters, gioca a far cadere un aereo giocattolo in chiesa, dietro alla madre che prega. «Papà ha attraversato l’oceano/ Lasciando solo un ricordo/ Un’istantanea nell’album di famiglia/ Papà, che altro mi hai lasciato?/ Papà, cos’altro hai lasciato per me?/ Dopo tutto era solo un mattone nel muro/ Dopo tutto erano solo mattoni nel muro».
Data la sua biografia, l’impegno pacifista e umanitario di Waters sarebbe in teoria altamente apprezzabile. Il problema è che appunto tende ormai a declinarlo in chiave unicamente anti-occidentale, senza considerare che appunto in Ucraina chi sta aggredendo in questo momento è Putin. E nel febbraio del 2019 si imbarcò in una simile polemica all’epoca del Venezuela Live Aid, organizzato a Cúcuta, città colombiana di confine piena di profughi venezuelani, dal proprietario della Virgin Richard Branson, e appoggiato da Peter Gabriel. Sostenendo che Maduro non era l’autore di un golpe contro la maggioranza in Assemblea Nazionale uscita dalle politiche e poi di una feroce repressione contro la relativa protesta, ma una vittima di fake news e campagne ostili. «Per la resistenza del popolo venezuelano di fronte ai poteri imperialisti che vogliono distruggere la loro rivoluzione», spiegò.
Pink nella storia di The Wall dopo che i suoi produttori lo hanno salvato da una overdose solo per sbatterlo sul palco inizia addirittura a immaginarsi come un demagogico leader fascista. Come a dire: guardate a che può portare l’isterismo dei fan, se non si riesce a dominarlo! Per salvarsi deve sottoporsi a una sorta di processo, con tanto di accusa, giudice e testimoni a carico: il maestro, la moglie, la madre. La sentenza sarà appunto quella di abbattere il muro, esponendosi infine ai propri simili. Il tono della polemica con Wantuch ci testimonia però di un personaggio che in un muro si è rinchiuso di nuovo, e che non diciamo processi ma neanche rimproveri e inviti a verificare li gradisce troppo.