Atelier ManasséLo studio fotografico che sdoganò i primi nudi femminili nella Vienna degli anni Venti

Una coppia di esuli ungheresi apre una specie di appartamento ingombro di oggetti. Lì si recano dive, star del cinema e signore della buona società a posare per iconici ritratti, oggi tutti parte di un materiale d’archivio raccolto dal Mart di Rovereto in una mostra aperta al pubblico fino al 18 giugno

Atelier Manassè, La danza, 1931 c., IMAGNO Collectoin Christian Brandstatter Wien

Vienna, anni Venti del secolo scorso: tra le architetture sezessionstil di Kolo Moser, le musiche di Schonberg, i lavori di Klimt e Schiele, il design avveniristico del Wiener Werkstätte in città c’è posto anche per l’Atelier Manassé. Adorjan e Olga Wlassics, una coppia di esuli ungheresi, infatti, aprono l’Atelier, in realtà, uno studio fotografico, proprio nella capitale della neonata Repubblica (il disastro della prima guerra mondiale ha avuto come conseguenza la dissoluzione dell’Impero asburgico).

I due trovano terreno fertile nella temperie culturale viennese fatta di avanguardie, sperimentazioni, improvvisazioni e dove i nuovi strumenti espressivi hanno i loro spazi: Adorjan e Olga, all’inizio, lavorano per le tante riviste di cinema che si stampano in città fotografando i divi del cinema muto che diventano anche i soggetti di migliaia di cartoline di gran moda in quegli anni.

Atelier Manassè, Studio. Donna con gamba artificiale sollevata e con adesivo, censurato, 1926 c., IMAGNO Collection Christian Brandstatter Wien

Nei primi anni Venti, infatti, Vienna è una specie di Hollywood mitteleuropea con decine e decine di film girati negli studios  delle major austriache. Le celeb del tempo (a noi, oggi, i loro nomi dicono poco, ma nel portfolio di Atelier Manassè ci sono anche Rodolfo Valentino, Anna May-Wong, famosa negli Stati Uniti nei ruoli di China Doll, e Olga Tschechova) fanno la fila per entrare nell’appartamento ingombro di oggetti di scena dove Adorjan e Olga allestiscono i loro set.

Da Kärntner Ring 15 passano un po’ tutti: divi e divine, ballerine e starlette ma anche le signore della buona borghesia viennese. L’Atelier diventa in pochi anni il must be dei nouveaux-riches, degli attori, dei comedian dei cabaret. Non solo ritratti, però. Olga, infatti, ha una predilezione per le foto di nudo, soprattutto femminile, e crea un suo stile assolutamente unico e riconoscibile a metà strada tra surrealismo, espressionismo e un sapiente mix di pornosoft, di erotismo in gocce, di un pizzico di kitsch esotico.

Atelier Manassè, I ballerini Lolo e Inge Epp (con arpa), 1931 c., IMAGNO Collection Christian Brandstatter

I suoi soggetti sono donne sexy e glamour in pose studiatissime e provocanti (anticipazione del fenomeno delle pin up degli anni Trenta?) le quali evocano una femminilità misteriosa e fatale: con azzardati fotomontaggi il corpo femminile viene anche paragonato ad un oggetto – una zolletta di zucchero, la decorazione di una cravatta, il corpo di una farfalla – forse una (quanto involontaria?) riflessione sul ruolo di subordinazione della donna nella società.  E se Olga è la stylist e la fotografa ufficiale, Adorjan si occupa della post produzione, maniacale a volte, con interventi accuratissimi di ritocco, sovrapposizione di immagini, sovraverniciature.

Poi con la morte di Adorjan, nel 1947, l’Atelier perde il suo smalto. Capita. Ma dopo decenni di oblio, il lavoro di Atelier Manassé viene recuperato: nello stesso periodo della grande mostra dedicata a Klimt e l’arte italiana, il Mart di Rovereto (Tn) propone, dal 16 marzo al 18 giugno, Cabaret Vienna, una mostra che attinge a piene mani dai materiali dell’archivio Manassé per ricostruire l’atmosfera mondana e sfavillante della Vienna di inizio secolo.

Atelier Manassè, Collezionista di farfalle, (fotomontaggio), Vienna, 1949 c., OstLicht Collection Vienna

Ritratti dei protagonisti del mondo dello spettacolo e del cinema, calembour visivi, immagini di nudo (utilizzate sia nella moda, sia nella pubblicità), fotografie di ispirazione esotica vengono, nel percorso espositivo, abbinati a spezzoni di film, documenti, copertine di riviste e libri d’artista. Il tutto per raccontare il clima di euforia e frivolezza dei “ruggenti anni Venti” viennesi, in cui il cinema, la radio e la fotografia assumevano un peso sempre maggiore e contribuivano alla diffusione di stili di vita, modelli estetici e di comportamento, status symbol e tendenze.

Atelier Manassè, La baronessa Luli Hohenberg. Attrice al Burgtheater, 1928 c., IMAGNO Collection Christian Brandstatter Wien