Instabilità in loop La Bulgaria torna al voto sulla scia di una lunga crisi politica

Cinque elezioni parlamentari in due anni sono un record poco invidiabile per uno dei Paesi più poveri dell’Unione europea. Ancora una volta i rapporti con la Russia, la corruzione e la fragilità economica sono stati il leitmotiv della campagna elettorale

Una protesta per le elezioni anticipate in Bulgaria
AP Photo/Valentina Petrova

La Bulgaria si prepara a tornare alle urne per le quinte elezioni parlamentari in due anni. Si tratta di un record poco invidiabile per uno tra gli Stati più poveri e corrotti dell’Unione europea. L’instabilità ha avuto inizio con le proteste del 2020/21 che chiedevano le dimissioni del primo ministro Boyko Borissov e del Procuratore Generale ma che hanno finito per travolgere tutto. Le prime due consultazioni sono state vinte dal centrodestra di Borissov e dei populisti di “Ci Sono Persone Così”, incapaci di governare per mancanza di alleati. Le terze hanno portato alla formazione di uno strano esecutivo, guidato dagli europeisti di Continuiamo il Cambiamento con la partecipazione di socialisti e populisti, collassato dopo otto mesi. Il partito GERB di Borissov ha poi vinto le quarte elezioni senza però trovare partner per il governo.

I sondaggi elettorali realizzati in vista del voto di domani indicano che il quadro è fluido e nessuno può ambire a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. L’alleanza conservatrice GERB-SDS, guidata da Boyko Borisov, è accreditata del 25-26 per cento dei voti mentre la coalizione centrista formata da Continuiamo il Cambiamento e Bulgaria Democratica oscilla tra il ventiquattro e il ventisette per cento ed in alcuni sondaggi supera i rivali.

In terza posizione c’è una lotta tra Revival, partito ultranazionalista, russofilo ed anti-Nato ed il Movimento per i Diritti e le Libertà, centrista e tutore degli interessi della minoranza turcofona. Entrambe le formazioni sono accreditate del tredici per cento dei voti. Più indietro c’è l’alleanza guidata da Partito Socialista, considerato vicino a Mosca, ferma all’otto per cento dei voti. Chiudono il cerchio una serie di partiti minori, stimati al tre per cento dei voti. Il sistema elettorale è proporzionale con soglia di sbarramento al quattro per cento.

Il possibile ingresso della Bulgaria nell’Eurozona ha assunto (e continuerà ad avere) una certa importanza. Il Governatore della Banca Centrale Dimitar Radev ha dichiarato, come riportato da Emerging Europe, che la situazione politica ha avuto un impatto negativo sulle possibilità di adottare l’Euro che, in ogni caso, resta una priorità.

Per mesi la Bulgaria ha avuto il tasso d’inflazione più alto dell’Unione europea e il settore energetico, strettamente legato alla Russia, è molto vulnerabile ed ha sofferto delle recenti sanzioni contro Mosca. Continuiamo il Cambiamento, Bulgaria Democratica e GERB sono i partiti più favorevoli all’Euro mentre Revival, che è decisamente contrario e vuole uscire dall’Unione Europea, ha chiesto un referendum in materia.

Il vice presidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis ha fatto sapere che la Bulgaria non potrà adottare l’Euro, come preventivato in precedenza, entro il 1 gennaio 2024 ma dovrà attendere almeno un anno in più. La questione dell’Euro ha reso più evidenti le divisioni tra i partiti filo-europei ed i movimenti identitari e russofili. Revival e Bulgaria Rise, un partito nazionalista fondato nel 2021 che difende l’invasione dell’Ucraina, considerano il possibile cambio di valuta come un tradimento nei confronti della patria, mentre il Partito Socialista, più moderato ma comunque scettico, dice che «l’Euro potrebbe non avere gli stessi effetti benefici nei Paesi più ricchi ed in quelli più poveri».

Nelle ultime settimane i partiti hanno espresso critiche nei confronti delle crescenti ambizioni del presidente Rumen Radev, che ha accresciuto i propri poteri grazie agli esecutivi ad interim. Il Capo di Stato è un ex ufficiale dell’Aeronautica rieletto nel 2021 con l’appoggio dei socialisti ed una piattaforma basata sulla lotta alla corruzione.

Radev ha espresso, in più occasioni, la propria vicinanza al Cremlino criticando l’invio delle armi all’Ucraina da parte di Sofia ed affermando che la Crimea è territorio russo. Radev non è, però, l’unico elemento anomalo sulla scena. L’Ambasciatore americano Hero Mustafa ha ricordato che «gli oligarchi in Bulgaria hanno un enorme potere e lo esercitano attraverso i politici» e che «ci saranno vere riforme quando riguarderanno il settore giudiziario». Una critica (nemmeno troppo velata) a Borissov e al Procuratore Generale Ivan Geshev.

L’organizzazione non governativa Freedom House, che monitora il rispetto dei diritti civili e politici nel mondo con un rapporto annuale, ha classificato la Bulgaria come nazione libera ma affetta da problematiche. Il rapporto più recente, che fa riferimento al 2021, ha chiarito come la classe politica abbia fatto resistenza nei confronti dell’applicazione delle leggi anticorruzione e come il malaffare proliferi grazie ad una cultura dell’ impunità. I giornalisti sono soggetti a pressioni indebite, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, da parte dei proprietari dei mezzi di comunicazione mentre le minoranze, come i Rom, subiscono discriminazioni lavorative, sanitarie ed educative. Il sistema politico, seppur competitivo, espone i partiti all’influenza dei donatori privati. Diversi uomini d’affari hanno sfruttato la situazione per condizionare i programmi a proprio vantaggio.

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