Sei mesi di governoMeloni ripete che la responsabilità dei ritardi del Pnrr è di Conte e Draghi

«Lo abbiamo ereditato dai precedenti governi e il tentativo di mettere sulle spalle del mio esecutivo il peso di scelte sbagliate e ritardi ha il fiato corto. Gli italiani sanno benissimo come stanno le cose», dice la premier al Foglio. Sull’immigrazione: «Una potenziale ondata di 900mila persone si prepara a sbarcare sulle coste dell’Europa

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Sono passati esattamente sei mesi dal giorno in cui Giorgia Meloni ha ricevuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’incarico di formare un governo. Sei mesi dopo, era il 21 ottobre del 2022, Giorgia Meloni ha rilasciato un’intervista al Foglio sui temi al centro della sua agenda politica. Ma con un focus sulle due questioni che hanno maggiormente animato il confronto con le opposizioni in questi mesi: da una parte, l’immigrazione; dall’altra, il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Nel colloquio con il direttore del Foglio Claudio Cerasa, Meloni esordisce sull’immigrazione: «Il problema della frontiera sud non è solo dell’Italia, ma dell’intera Europa. La situazione in Tunisia mi preoccupa ogni giorno che passa, ha bisogno di una risposta urgente, i servizi ci dicono che una potenziale ondata di 900mila persone si prepara a sbarcare sulle coste dell’Europa». E quindi: «La nostra diplomazia è impegnata con determinazione in tutte le sedi diplomatiche. Va sbloccato il finanziamento di 1,9 miliardi del Fondo monetario internazionale alla Tunisia, devono muoversi l’Unione europea e la Banca mondiale».

Meloni sostiene di aver avuto già grandi successi a Bruxelles: «L’Unione europea ha dato una prima risposta alle nostre analisi e proposte: in soli due Consigli a Bruxelles, quello del 9 febbraio e quello del 23 marzo, siamo riusciti a far cambiare paradigma. Noi abbiamo chiuso l’era in cui l’Italia taceva: rivendichiamo il nostro ruolo attivo e chiediamo che anche gli altri Stati costruiscano con noi una nuova politica migratoria europea». La premier rilancia anche sul blocco navale, presente nel programma di Fratelli d’Italia: «L’Ue deve dar vita a un’operazione navale e aerea per la sorveglianza del Mediterraneo centrale e orientale e il contrasto dei trafficanti di esseri umani, in stretto coordinamento e appoggio con i Paesi di partenza, che a loro volta devono essere dotati di tutti i mezzi necessari per stroncare la tratta», a cui bisogna accompagnare investimenti economici nel continente africano e una presenza capillare in formazione, istruzione e ricerca per i giovani.

Poi si parla del Pnrr. E qui Meloni scarica la responsabilità sui suoi predecessori. «Il Pnrr è una sfida per tutti, ma alcune cose vanno dette: lo abbiamo ereditato dai precedenti governi e il tentativo di mettere sulle spalle del mio esecutivo il peso di scelte sbagliate e ritardi ha il fiato corto. Gli italiani sanno benissimo come stanno le cose». Il piano, dice, ha bisogno «soffre degli stessi problemi di altri strumenti concepiti prima del cambio dello scenario geopolitico. Siamo in un’economia di inflazione alta, rialzo dei tassi e guerra, non più di emergenza post pandemia». Per cui, secondo la premier, il Pnrr, ha bisogno «di una correzione di rotta: difetta di pragmatismo e per calarlo nella realtà italiana (come in quella di altri Stati) servono determinazione e calma, velocità e ponderazione. Una cosa è scriverlo (in qualche parte, male) a tavolino, un’altra è realizzare i progetti. Alla fine, la realtà bussa alla porta e ora a Palazzo Chigi c’è un governo che non ha usato quell’inchiostro e avrebbe fatto ben altro. L’abbiamo ereditato, ci impegneremo al massimo per gli italiani».

Sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) invece «il negoziato è in corso e mi pare evidente che alcuni strumenti dell’Unione europea vadano aggiornati alla luce del nuovo scenario geopolitico». Meloni ribadisce la sua posizione: «Questa è la linea del mio governo. Far proprio uno strumento obsoleto non mi pare un’operazione lungimirante. Sono cose che condividono anche altri Stati che hanno ratificato il Mes. Per l’Italia è una questione di obiettivi, di merito e sostanza, non di forma».

Poi c’è il presidenzialismo: «La democrazia italiana può divenire ancora più forte e solida attraverso una riforma in senso presidenziale dello Stato. Con due obiettivi: maggiore stabilità di governo e rapporto diretto tra elettori e capo dell’esecutivo. Su questi presupposti sono disponibile a ogni ipotesi. Una riforma che io considero fondamentale e che può rappresentare anche una potente misura di sviluppo economico. Avere istituzioni più stabili ed efficienti significa poter godere di una maggiore affidabilità a livello internazionale e riuscire a concentrare le energie su grandi obiettivi strategici e di lungo termine».

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