Cono o coppetta 300 secondi per far sciogliere un buon gelato

Con 40mila punti vendita e oltre 77mila addetti ai lavori possiamo dirci un Paese di mangiatori di gelato artigianale e siamo pronti a festeggiarlo in un evento a lui dedicato a Roma dal 29 aprile al 1° maggio

Foto di Kamaji Ogino su Pexels

La sentite quell’atmosfera da fine inverno? Quel momento in cui le giornate si allungano e spesso il sole riscalda le guance? Ecco, è corretto: sta iniziando la bella stagione, la voglia di stare all’aperto, di abiti più leggeri e anche di una passeggiata in centro con un gelato tra le mani. L’unico consiglio che ci sentiamo di darvi, però, è di consumarlo senza perdere troppo tempo, quel gelato. Un buon gelato artigianale, infatti, si conserva intatto, senza cambiare le sue caratteristiche originarie, per poco tempo: in cinque minuti comincia infatti a sciogliersi. Trecento secondi per fare un viaggio andata e ritorno in paradiso, insomma.

Certo, non stiamo parlando né di gelato industriale, né di quando compriamo nella bottega sotto casa una vaschetta da condividere a cena con gli amici. Lì entrano in gioco tutta una serie di elementi e regole da rispettare per non modificare la catena del freddo e poter mangiare un gelato buono e sano. Parliamo della coppetta da passeggio. O del cono, se siete dei puristi e, soprattutto, dei golosi impenitenti. Consolatevi, però: siete in buona compagnia. A quanto pare il gelato è amato davvero da tutti: piace a 9 italiani su 10, secondo una ricerca condotta dall’Istituto del Gelato Italiano e da Doxa e la maggior parte adora proprio il più classico dei coni, voluttuoso e in grado di riportarci con la mente ai ricordi saporiti dell’infanzia. Tanto che ormai il gelato non è più considerato un alimento prettamente estivo e il 35% degli italiani ha dichiarato di consumarlo tutto l’anno, anche più volte alla settimana. D’altronde esistono anche diete a base di questo golosissimo dolce e oggi il mercato offre una gran varietà di gusti che virano dai più comuni fino ad arrivare ad un’offerta gastronomica che ben si sposa anche con il più particolare dei piatti gourmet.

Questo per sottolineare quanto il settore del gelato stia vivendo un periodo fortunato e prospero. Lo scorso anno, secondo i dati riportati al Sigep di Rimini, il giro di affari in Europa ha quasi raggiunto i dieci miliardi: in Italia si parla di oltre due milioni e mezzo con una crescita di sedici punti percentuali rispetto all’anno precedente, con una crescita dovuta, ovviamente, anche all’aumento dei prezzi di produzione e, di conseguenza, di vendita. Circa 40 mila punti vendita, tra bar, gelaterie e pasticcerie, con 77 mila persone impiegate nel settore. Numeri importanti che testimoniano comunque come il settore si sia ripreso, dopo il periodo pandemico che lo aveva quasi portato ad uno stop. Questo perché il gelato mantiene sempre la sua anima da outdoor, se vogliamo definirla così: un cono, l’aria aperta e il tempo libero. Piacere che si somma al piacere e qualche minuto rubato alla fretta quotidiana.

Vero è che spesso gli amanti del gelato in Italia preferiscono quello confezionato rispetto all’artigianale. E le motivazioni sono più da riportare a dei bisogni di certezza sulla salute e l’igiene che alla bontà stessa del prodotto. Perché comunque, diciamolo pure, la differenza, in termini di gusto, c’è e si sente. Ci sono infatti diversi campanelli d’allarme che possono farci capire se stiamo gustando un qualcosa di bassa qualità. Ad esempio, siamo di fronte ad un gelato non artigianale o realizzato non a regola d’arte quando presenta colori troppo accesi o innaturali, quando ha all’interno piccole scaglie di ghiaccio, si scioglie troppo velocemente o ci fa venire molta sete. Piccoli segnali, che, insieme a tanti altri, dovrebbero accendere un campanello d’allarme nella nostra testa. Perché anche il gelato va conosciuto e consumato con consapevolezza. Soprattutto perché rientra in quei peccati di gola di cui, sulla carta (solo sulla carta) potremmo fare a meno e, alla pari di tutto il resto, dovremmo sempre cercare di consumare alimenti che valgano la pena di essere consumati.

A questo proposito, se rientrate nella categoria dei “mai senza gelato”, vi segnaliamo anche un evento da non perdere nei prossimi giorni. Roma, infatti, dal 29 aprile al 1° maggio, si trasformerà proprio nella capitale del gelato artigianali, con “Roma è Gelato”: talk di discussione, cooking show, masterclass, laboratori e tanti assaggi dedicati ad appassionati, addetti ai lavori, famiglie e golosi. Tante le aree di approfondimento, che vedranno il gelato declinarsi nella sua realtà contemporanea: pasticceria, pizzeria, cucina e mixology. Un evento che dimostra come il gelato abbia saputo trasformarsi nella sua stessa essenza, nonostante la leggenda ci racconti quanto le sue origini si perdano nella notte dei tempi: addirittura fin dai tempi della Bibbia, in cui si può leggere di un Isacco intento a offrire al padre Abramo una bevanda ghiacciata con neve e latte di capra per sconfiggere il caldo. Una storia lunga, che attraversa il mondo degli antichi Romani, transita nella Cina del 2000 a.C., approda nella Sicilia araba e finisce oggi per creare un binomio tra tavola e gelato: una fusione di successo che diventa punto di incontro tra tecnica, lavorazione creatività. Qualcuno l’ha definito, questo periodo, il nuovo Rinascimento del gelato artigianale italiano. E forse quel qualcuno ha anche ragione e il gelato, a ben vedere, può essere inserito nel discorso legato alla candidatura della nostra cucina come patrimonio immateriale dell’Unesco, perché dimostra come l’enogastronomia italiana abbia delle qualità riconoscibili a partire non tanto dalla tradizione millenaria, quanto dall’unione delle competenze.

Questo articolo fa parte del dossier su “Il valore del tempo”, il tema del Festival di Gastronomika 2023 che si terrà a Milano dal 21 al 22 Maggio.
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