Via commerciale per migliaia di anni, la Lettonia ha attraversato diversi periodi di occupazione nella sua storia. Dagli invasori tedeschi e svedesi fino ai sovietici, con Mosca che ha continuato a esercitare la sua influenza negli anni attraverso l’invio di coloni, usando anche la lingua e i media per alimentare la sua macchina di disinformazione. In Lettonia si parlano molte lingue minoritarie, ma la visione di Vladimir Putin e le sue ambizioni imperiali rendono il russo una minaccia per l’identità lettone, sostengono diversi politici di Riga. Per questo motivo la Lettonia ha recentemente approvato una serie di leggi per ridurre le ingerenze della Russia nel Paese: i legislatori locali sperano che le misure rafforzino la coesione e l’integrazione interna, proteggendole dalle minacce del Cremlino.
Il processo è già in atto da tempo, con la rimozione di monumenti di epoca sovietica e la proposta di rinominare una strada che celebrava il poeta russo Aleksandr Puškin. I cambiamenti più significativi, sanciti da nuove leggi, sono l’imminente eliminazione della lingua russa dai programmi scolastici standard e l’istituzione del lettone come unica lingua per l’istruzione. È stato inoltre vietato l’uso del russo negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e in diversi esercizi commerciali.
Quando l’inviato russo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha denunciato la «russofobia dilagante in Ucraina» e l’ha paragonata a una «inquisizione linguistica», il politico lettone Rihards Kols l’ha definita «una vecchia tattica imperiale» del Cremlino, che da tempo si presenta come protettore dei russofoni all’estero come pretesto per invadere nazioni sovrane. A Riga si teme che la Russia possa fare lo stesso con la Lettonia: la repubblica ha molto da temere dal progetto espansionistico di Putin noto come Russkiy mir, o «Mondo russo», che vede tutti i territori ex sovietici come parte di una grande nazione russa
Boris Tsilevitch, deputato del partito socialdemocratico lettone Harmony, ha dichiarato di aver provato «disgusto» per l’audacia della Russia quando ha sentito i commenti all’Onu. I suoi genitori hanno insegnato letteratura russa e il suo partito è impegnato negli interessi delle minoranze russe, ma è anche infuriato per i tentativi di Mosca di destabilizzare la Lettonia. Tsilevitch ha definito Putin come «il più grande russofobo», la cui invasione dell’Ucraina, a suo dire, ha inevitabilmente messo in difficoltà i russofoni delle nazioni baltiche.
Il trentasei per cento dei lettoni parla russo, mentre un quarto della popolazione si identifica nell’etnia russa. Molti di loro hanno interiorizzato la propaganda di Mosca sui canali russi anche dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 ed è probabile che credano alle affermazioni del Cremlino. Secondo un sondaggio dello scorso anno, solo il venticinque per cento dei russofoni in Lettonia ha sostenuto l’Ucraina durante la guerra, mentre più dell’ottanta per cento dei lettoni ha appoggiato Kyjiv.
I leader lettoni sostengono che le riforme aumenteranno l’occupabilità dei cittadini in tutta l’Unione e miglioreranno l’integrazione della minoranza russa. «La lingua è uno strumento di comunicazione, o almeno dovrebbe esserlo. Ma nel nostro caso ha un significato più ampio perché molti russofoni vivono in uno spazio di disinformazione russo, che è ostile alla Nato, all’Ue e alla sicurezza della Lettonia», ha dichiarato Maris Andzans, direttore del Centro di studi geopolitici di Riga. «Putin è stato bravo a diffondere la propaganda attraverso i canali russi e a disinformare sul benessere in Russia e sulla decadenza dell’Occidente».
Kols ha affermato che una simile narrazione ha implicazioni dirette sulla sicurezza del Paese e ha insistito sul fatto che tutti coloro che vivono in Lettonia devono essere in grado di parlare lettone, indipendentemente dalla lingua in cui conversano a casa. «Perché dovremmo continuare a mantenere due spazi informativi paralleli e completamente separati? La Russia usa la lingua attraverso i suoi media per dividere, creare confusione, offuscare e manipolare. Non possiamo permetterlo», ha aggiunto il rappresentante politico. «Vediamo che le giovani generazioni non hanno problemi con la lingua lettone, indipendentemente dalla loro etnia».
Il ministro degli Esteri lettone Edgars Rinkevics ha risposto alle critiche su presunte discriminazioni affermando che «i bambini e gli alunni avranno il diritto di studiare la lingua e la storia culturale della minoranza (nella lingua della minoranza) all’interno dei programmi educativi finanziati dallo Stato e dai governi locali».
Altri sostengono che proibire l’uso del russo negli spazi pubblici e vietare i media in lingua russa potrebbe essere controproducente. «La gente ama consumare i media nella propria lingua madre», ha detto Tsilevitch, aggiungendo di aver sostenuto la produzione di contenuti in lingua russa in Lettonia come soluzione alla disinformazione di Mosca. «Durante l’epoca sovietica abbiamo trovato il modo di accedere alla BBC e a Voice of America. Oggi mi sta dicendo che con Vpn e quant’altro i russofoni in Lettonia non possono accedere ai contenuti russi?». Arnis Kaktins, direttore esecutivo della società di ricerca lettone Skds, ha invece detto che vietare i canali russi non avrà un impatto immediato sulla mentalità dei simpatizzanti di Putin: «una visione del mondo non cambia da un giorno all’altro».
La Lettonia non è l’unica nazione ex sovietica ad aver considerato come un avvertimento l’invasione della Russia in Ucraina, a partire dall’annessione della Crimea, e ad aver preso provvedimenti per ottenere una maggiore indipendenza culturale. Nel dicembre dello scorso anno, il Parlamento estone ha approvato una legge simile con il passaggio all’estone nelle scuole in lingua russa entro l’anno scolastico 2024-2025. Il governo lettone spera ora che i cambiamenti più recenti allontanino i russofoni dalla propaganda del Cremlino e creino un baluardo contro le interferenze di Putin. Ma il governo di Mosca sta ancora lavorando per destabilizzare tutto: la dottrina del caos è sempre in moto.