Terzo Polo, Season 2Secondo Mara Carfagna, si può fare il centro anche senza il partito unico

L’ex ministra di Draghi dice che l’unica strada è «quella di costruire una coalizione delle forze di centro, riformiste, europeiste e liberali che si alleano fra loro senza rinunciare ai propri simboli, ai propri leader, alle proprie identità». Le porte sono aperte anche a Italia viva, ma solo alle «persone interessate alla costruzione di un progetto politico. Se invece dovesse prevalere l’anima più concentrata sulla tattica e sulle manovre parlamentari, mi pare assai complicato»

(La Presse)

Mara Carfagna, presidente di Azione, ex ministra del governo Draghi, è stata indicata come la possibile leader del futuro Terzo polo dopo la rottura disastrosa tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Ma lei dice a Repubblica: «Discutere di leadership è l’ultima cosa da fare. Darebbe il colpo di grazia a quel polo dei liberali, dei popolari e dei riformisti che dobbiamo continuare a perseguire. E comunque, io ero scettica fin dall’inizio sulla possibilità di arrivare a un partito unico, lo dissi anche a Carlo Calenda».

Ma non è tutto finito, secondo Carfagna: «Assolutamente no, abbiamo il dovere di guardare avanti e lasciarci alle spalle le miserie e la polvere di questi giorni. E questo per due motivi. Primo: abbiamo la responsabilità di rispondere alle aspettative di chi, sui territori, continua a lavorare bene insieme, esprime candidature comuni e porta avanti battaglie unitarie. Secondo: non possiamo deludere quei milioni di italiani che hanno creduto in noi».

Carfagna fa mea culpa. «Probabilmente abbiamo sbagliato l’obiettivo fin dall’inizio: puntare sul partito unico ci ha privato dell’energia necessaria per imboccare l’unica strada percorribile. Quella di costruire una coalizione delle forze di centro, riformiste, europeiste e liberali che si alleano fra loro senza rinunciare ai propri simboli, ai propri leader, alle proprie identità. Succede così a destra e succederà anche a sinistra con l’inevitabile alleanza tra Pd, Cinque Stelle, verdi e sinistra italiana. Perché non farlo anche noi, oltretutto avvantaggiati dal fatto che condividiamo gli stessi valori e gli stessi obiettivi?».

E gli obiettivi su cui si dovrebbe unire questa coalizione di centro sono molti: «La sanità pubblica da potenziare, il sostegno al sistema economico e produttivo attraverso gli incentivi di industria 4.0, il salario minimo, l’istruzione come leva per riattivare l’ascensore sociale, la necessità di mettere a terra i progetti del Pnrr, la battaglia per ridurre le diseguaglianze sociali e territoriali, provando a migliorare il progetto autonomista del governo che rischia di amplificare i divari tra Nord e Sud, gli aiuti all’Ucraina…potrei continuare a lungo».

Sono battaglie che potrebbero trovare la condivisione anche del Pd, anche se non di tutto. «Noto che anche i riformisti del Pd cominciano a sentirsi a disagio in un partito che non prende una posizione chiara sulla maternità surrogata, sulla resistenza ucraina, sui termovalorizzatori e sui rigassificatori», dice. «Ma anche dentro Forza Italia vedo che non si riesce a fare da argine a certi estremismi. Per esempio non c’è stata una voce che abbia protestato quando la Lega ha definito il Pnrr, il più grande piano di investimenti in Italia dai tempi del piano Marshall, “una frittata ormai fatta”».

La sua idea di ripartire da una coalizione di centro è aperta anche a Italia viva, ma «dipende da quello che decide di fare Italia viva. Se si fanno sentire le voci ragionevoli, le persone interessate alla costruzione di un progetto politico, certo che sì. Se invece dovesse prevalere l’anima più concentrata sulla tattica e sulle manovre parlamentari, mi pare assai complicato». E Più Europa? «Certo, assolutamente. Con loro ci sono delle divergenze sui temi etici, ma i liberali, a differenza di quanto accade nei partiti-caserma, non chiedono l’obbedienza sui temi di coscienza».

Ma perché, alla fine, il progetto del Terzo Polo è saltato in maniera così devastante? «Le personalità contano, ma non credo sia dipeso da quello», risponde. «Credo che Calenda si sia limitato a prendere atto dell’impossibilità di procedere sulla strada del partito unico. Il coro degli ultras di Italia Viva contro di lui è stato ingiusto, ingeneroso e anche politicamente insensato. Sarebbe stato meglio avere l’onestà di ammettere che il tentativo era fallito, senza cadere negli insulti».