Alleanza AtlanticaIl no di Mario Draghi alla guida della Nato apre la strada all’ammiraglio Cavo Dragone

Il capo di Stato Maggiore della Difesa italiana sarà candidato alla carica di presidente del Nato Military Committee. Nel suo intervento a Washington a detto che a Ramstein saranno esaminate «le esigenze dell’Ucraina per supportarla con materiali e addestramento, facendo tutto il possibile per contrastare questa vera e propria invasione»

La bandiera svedese viene issata alla sede Nato
Foto: NATO

Giuseppe Cavo Dragone, capo di Stato Maggiore della Difesa italiana, sarà candidato alla carica di presidente del Nato Military Committee. L’Italia puntava a presentare Mario Draghi come segretario generale, sicura che avrebbe vinto senza problemi. L’ex premier però non ha voluto, come spiega Repubblica, e quindi è emersa questa nuova idea. Perciò tra qualche mese l’ammiraglio potrebbe diventare il consigliere militare del leader politico dell’Alleanza.

Cavo Dragone in queste ore è a Washington, prima di andare a Ramstein per la riunione del gruppo che assiste Kyjiv. Ieri è intervenuto a un forum dell’Atlantic Council, sottolineando che «l’obiettivo strategico di Putin era dimostrare, per la seconda volta in pochi mesi dopo l’Afghanistan, che la Nato non funziona. Ha fallito. L’Alleanza è più forte e affidabile di prima e, proprio a causa della sua mossa, ora abbiamo due nuovi membri, uno ai confini con la Russia». Sulla controffensiva ucraina, il capo di Stato Maggiore dice che «un momento di stasi nelle operazioni belliche come quello attuale è talvolta prodromico a un movimento più deciso e massiccio. Personalmente, spero che non si arrivi a tanto, e che le parti si siedano a un tavolo negoziale per discutere una pace definitiva ».

Da questo punto di vista, non se la sente di scartare a priori il piano di pace della Cina: «Potrebbe contenere qualcosa di utile». A patto però di non dimenticare che all’origine della guerra c’è «un Paese, la Russia, che ha varcato con i carri armati il confine di un altro, e questo è inaccettabile». Non prevede vincitori, perché «Putin ha mancato l’obiettivo di instaurare un regime tipo Lukashenko a Kyjiv, e Zelensky difficilmente riconquisterà tutti it erritori». Da qui potrebbe nascere la necessità di trattare.

A Ramstein l’Ucraina tornerà a chiedere armi a lunga gittata e caccia, che però gli alleati ancora non vogliono fornire, per evitare che vengano usate per colpire il territorio russo creando le condizioni per un’escalation. L’ammiraglio resta vago: «Esamineremo le esigenze dell’Ucraina per supportarla con materiali e addestramento, facendo tutto il possibile per contrastare questa vera e propria invasione».

Cavo Dragone fa anche una riflessione generale sulle necessità strategiche dell’Alleanza, inclusa una maggiore attenzione per il fronte sud: «Il Mediterraneo è una regione strategica, la cui importanza è andata aumentando ancora di più a causa della guerra in Ucraina, la presenza di importanti risorse energetiche e del crescente numero di infrastrutture, come gasdotti e cavi per la migrazione dei dati». Poi c’è sempre il pericolo che se si lascia un vuoto, nemici o terroristi corrano ad occuparlo. Perciò è essenziale la collaborazione tra Italia e Usa, per aiutare i paesi in difficoltà a stabilizzarsi «senza interventi dal sapore colonialista», ma anche per la presenza militare in mare allo scopo di ribadire che «il Mediterraneo è nostro, come alleanza».

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