Voto da rifareI 3,4 miliardi del Def necessari per il taglio del cuneo fiscale e i bonus per i genitori

Era tutto pronto per il varo simbolico del decreto lavoro in occasione del Primo maggio, anche l’invito ai sindacati al fotofinish. E invece le assenze nella maggioranza hanno portato la Camera a respingere la risoluzione sullo scostamento si bilancio. E oggi si rivota

(La Presse)

Il governo Meloni aveva infiocchettato tutto a dovere: un decreto lavoro da approvare in un consiglio dei ministri ad hoc convocato per il Primo maggio, festa dei lavoratori. Con tanto di smantellamento del reddito di cittadinanza, liberalizzazione dei contratti a termine senza causali, mini-taglio aggiuntivo del cuneo fiscale. E aumento della soglia esentasse dei fringe benefit per i dipendenti con figli. Costo: 3,4 miliardi. Tanto quanto vale lo scostamento di bilancio, che però ieri è stato respinto dalla Camera.

A Montecitorio, la risoluzione di maggioranza che autorizza lo scostamento di bilancio ha ottenuto 195 voti favorevoli, 19 contrari e 105 astenuti: non essendo stata raggiunta la maggioranza assoluta di 201 sì, il testo non è passato. Alla maggioranza mancano sei voti: sull’esito hanno pesato le molte assenze tra i banchi della Camera. Il governo ha convocato d’urgenza un consiglio dei ministri per approvare una nuova risoluzione e oggi è previsto un nuovo voto.

Da Londra, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato piccata: «È stato un brutto scivolone, una brutta figura per tutti, ma non è un segnale politico».

Si riparte da zero. E a meno di sorprese nel voto di questa mattina alla Camera e al Senato, quindi, il consiglio dei ministri del Primo maggio viene confermato. Come pure ci sarà il confronto della vigilia con i sindacati a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni e i ministri Giancarlo Giorgetti dell’Economia e Marina Calderone del Lavoro, convocato ieri per domenica 30 aprile alle 19. Confronto richiesto dagli stessi leader di Cgil, Cisl e Uil. E che però avviene solo a poche ore appena dal varo del decreto e dunque a cose già fatte, senza una trattativa sui temi.

Maurizio Landini, leader Cgil, punta sul comizio del primo maggio che terrà, assieme a Sbarra e Bombardieri, a Potenza. Sarà la prima risposta, quasi in diretta, al decreto Lavoro che verrà licenziato nel frattempo a Roma. Lo slogan della festa, ispirato alla Costituzione – “Fondata sul lavoro” – lancerà un mese di mobilitazione sindacale «per una nuova stagione del lavoro e dei diritti»: il 6 maggio a Bologna, il 13 a Milano, il 20 a Napoli.

L’impianto del decreto, come divulgato da alcune bozze, vede la Cgil scettica. A partire dal taglio minimo del cuneo fiscale che si aggiunge agli altri due, fatti dal governo Draghi e dallo stesso governo Meloni in legge di bilancio: tre punti in meno per i redditi fino a 25mila euro e due punti in meno per quelli fino a 35mila euro.

Ma è l’intervento sui contratti a termine, la cui durata senza una causale verrà allungata fino a 24 o anche 36 mesi, che mette in ansia i sindacati. Oltre allo smantellamento del reddito di cittadinanza, che verrà sostituito da altri due strumenti, Gal e Gil. Tutta carne al fuoco per la piazza del Primo maggio.

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