Dovrebbe arrivare a breve il decretone lavoro della ministra Marina Calderone, con le novità sul reddito di cittadinanza e i contratti a termine. Oltre a spezzettare in tre il sussidio grillino, si punta pure ad allentare definitivamente le regole del decreto dignità, autorizzando un uso dei contratti a tempo determinato senza dover per forza indicare le causali, cioè la motivazione dell’assunzione a tempo, come prevedeva il provvedimento dei Cinque Stelle dopo i 12 mesi. E qui arriva l’idea della ministra: nel caso di assunzione a termine per «specifiche esigenze», le aziende potranno farsi certificare queste «specifiche esigenze» dai consulenti del lavoro. Ovvero, dai colleghi della ministra, che ha presieduto l’ordine per 17 anni fino alla sua nomina da parte di Giorgia Meloni, lasciando poi la carica in eredità al marito Rosario De Luca. Tutto in famiglia.
Dopo il protocollo sottoscritto con l’Ispettorato nazionale del lavoro per il rilascio dei “bollini sicurezza” da parte dei consulenti, ora l’ordine guidato dal marito della ministra potrebbe mettere mano pure sulla certificazione delle causali dei contratti a tempo determinato.
La bozza del decreto lavoro prevede tre casi in cui si può autorizzare la sottoscrizione del contratto a termine fino a due anni (24 mesi) senza casuali. Nel primo caso, per esigenze previste dai contratti collettivi nazionali (come già previsto). Nel secondo caso, per «specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva», se non previste dai contratti collettivi, individuate da imprese e lavoratori. Nell’ultimo caso, per «esigenze di sostituzioni di altri lavoratori».
Ed è nella seconda ipotesi che arriva il coinvolgimento dei consulenti del lavoro. Nel caso delle imprese più piccole, che spesso non applicano i contratti collettivi e che magari non hanno neanche rappresentanti sindacali al loro interno, la certificazione del motivo della assunzione a termine per «specifiche esigenze» potrebbe essere effettuata non solo dalle Direzioni provinciali del lavoro, ma anche da enti bilaterali, università, e consulenti del lavoro ovviamente.
In un momento in cui i contratti a termine sono in discesa e le stabilizzazioni invece stanno aumentando, «sarebbe inutile oltre che dannoso allentare le regole sui contratti a termine, magari dando pure ai consulenti del lavoro la possibilità di certificare le causali per l’utilizzo dei contratti», commenta Marco Leonardi, economista dell’Università Statale di Milano ed ex capo dipartimento della programmazione economica (Dipe) con Mario Draghi.
Dal Partito democratico c’è chi parla di «ipotesi aberrante». E Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro nella segreteria nazionale del Pd, si chiede: «Da quando i consulenti del lavoro decidono su temi così delicati al posto delle norme?».
Il cammino dell’ordine dei consulenti del lavoro e quello del ministero guidato dalla ex presidente continuano così a intrecciarsi, con il rischio di un grosso conflitto di interessi. Proprio mentre l’amico sassarese della ministra Massimo Temussi, nominato come suo consulente e nominato presidente di Anpal Servizi per gestire il nuovo reddito di cittadinanza dopo la cacciata di Cristina Tajani, ora risulta indagato dalla Procura di Cagliari per la nomina del suo successore alla guida dell’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro.