Merende culturaliSette snack da provare nei supermarket nella piccola Bologna

Dal Giappone alla Turchia, un giro del mondo a portata di spuntino con alcuni dei prodotti tipici più particolari, oggi reperibili anche nelle nostre città

Foto di Maria Teneva su Unsplash

«Il cibo è cultura quando si produce, perché l’uomo non utilizza solo ciò che trova in natura (come fanno tutte le altre specie animali) ma ambisce anche a creare il proprio cibo, sovrapponendo l’attività di produzione a quella di predazione.
Il cibo è cultura quando si prepara, perché, una volta acquisiti i prodotti base della sua alimentazione, l’uomo li trasforma mediante l’uso del fuoco e un’elaborata tecnologia che si esprime nelle pratiche di cucina.
Il cibo è cultura quando si consuma, perché l’uomo, pur potendo mangiare di tutto, o forse proprio per questo, in realtà non mangia tutto bensì sceglie il proprio cibo, con criteri legati non solo alla dimensione economica e a quella nutrizionale del gesto, ma anche a valori simbolici di cui il cibo stesso è investito.
Attraverso tali percorsi il cibo si configura come elemento decisivo dell’identità umana e come uno dei più efficaci strumenti per esprimerla e comunicarla».

Nel suo libro “Il cibo come cultura”, Massimo Montanari ha approfondito questo aspetto essenziale della civiltà. Partendo dal fatto che ogni atto legato al cibo porta con sé una storia ed esprime una cultura complessa, quanto è difficile per ciascuno di noi – non italiani, ma noi tutti abitanti di questa Terra – vivere lontani dai “propri” alimenti?
Il livello di difficoltà è altissimo e forse proprio per questo, all’estendersi delle comunità provenienti da tutto il mondo, anche nella piccola Bologna troviamo prodotti caratteristici venduti in supermarket specifici: dei piccoli mondi, dove, tra le corsie, si parla la lingua del Paese in questione.
Già i medici e filosofi antichi, a cominciare da Ippocrate, consideravano il cibo res non naturalis cioè “cosa non naturale”, includendolo fra i fattori della vita che non appartengono all’ordine “naturale” bensì a quello “artificiale” delle cose. In questo articolo non si parlerà di cucina del territorio né tantomeno di preparazioni fatte in casa bensì di comfort food che possiamo trovare nei supermarket: gli snack confezionati. Ebbene sì, perché anche loro, junk food o no, a volte, sono incastrati nella nostra memoria gustativa e hanno il potere di farci sentire un po’ meno lontani da casa.

Giappone
Da Asia Mach, in via Mascarella 81, interi scaffali e infiniti gusti tra cui scegliere: il mochi è un dolce tipico della cucina giapponese che con tutta probabilità ha avuto origine in Cina dove si prepara, in occasione del capodanno, il Nian Gao, una torta a base di farina di riso glutino.
I mochi vengono preparati con la stessa farina e proprio per celebrare l’arrivo del nuovo anno.
La preparazione è complessa: il riso viene cotto e poi pestato con un mortaio chiamato usu e un martello di legno – il kine– fino a ottenere una pasta omogenea. Questo procedimento – nella produzione artigianale – è svolto da due persone: una che pesta il riso mentre l’altra continua a irrorarlo per mantenerlo morbido e malleabile.
Nei supermarket di mochi se ne trovano tantissimi, venduti in sacchetti contenenti confezioni singole da un mochi, e tutti con un nome specifico. In città va forte il daifuku, cioè il mochi ripieno di qualcosa di dolce – anche se una dolcezza molo timida – come la marmellata di fagioli rossi Azuki.

Rimaniamo sempre sugli scaffali del Giappone dove l’attenzione viene catturata dai Pocky, biscottini che sembrano la versione giapponese dei Mikado. I Pocky sono tra gli spuntini dolci giapponesi più amati, lanciati da Glico, azienda giapponese di Osaka, nel 1966 – la produzione di Mikado, della francese LU, è iniziata vent’anni più tardi – ed entrati nel Guinness World Record nel 2019 come “il marchio di biscotti ricoperti di cioccolato più venduto al mondo”. Nato come un semplice bastoncino di biscotto ricoperto da cioccolato al latte, oggi è disponibile in tantissime varianti come il Green Tea, Choco Banana e Fragola.

Filippine
Se siete amanti di patatine, noccioline & Co., nel supermarket filippino in piazza San Francesco 14, troverete delle prelibatezze, prima fra tutte il Ding Dong Mixed Nuts – venduto anche in piccoli sacchetti monorpozione – un mix saporitissimo di arachidi, fave, piselli e mais conditi con aglio, cipolla, pepe e peperoncino. Non il tipico snack da consumare prima di un’uscita galante, ma comunque super gustoso.
Lato dolce c’è il polvoron, uno shortbread originario della Spagna preparato tradizionalmente anche nelle colonie in America Latina e Filippine. Il polvoron viene preparato con farina di grano tostata, latte in polvere, zucchero e burro. Potete lasciarvi ingannare dal nome: la consistenza è decisamente polverosa. Vengono venduti in confezioni contenenti polvoron confezionati singolarmente a forma di caramella.

Est Europa
Negli scaffali dedicati all’Est Europa di Mix Markt, in piazza XX Settembre, in piccole scatole di cartone, troviamo i lokum, nati in Turchia nel quindicesimo secolo e conosciuti nel mondo occidentale come turkish delight: dei cubetti dolci gelatinosi a base di amido di mais e zucchero, aromatizzati con acqua di rose, o altri aromi – come il cioccolato, il miele e la frutta – arricchiti con frutta secca e ricoperti di zucchero a velo o farina di cocco. In Romania questo dolce prende il nome di rahat, preparato solitamente senza l’aggiunta di frutta secca, e mangiato da solo o come ingrediente per arricchire dolci tipici – come il Cozonac – con la stessa funzione dei canditi nostrani. Nella versione bulgara, invece, i lokum vengono preparati con i pistacchi e la versione più tradizionale è quella a base di rosa bulgara.

Dall’Ucraina arriva invece l’halva, un dolce appartenente al Mediterraneo consumato in diversi paesi come Tunisia, Albania, Grecia, Turchia, Libano, Giordania, Siria, Israele e Palestina a base di tahin – una crema di semi di sesamo – arricchito con zucchero o miele. La versione Ucraina, però, è quella a base di semi di girasole con arachidi, pistacchi o aromi. L’halva appare come un panetto compatto, simile a un torrone, che in bocca risulta morbido e friabile.

È difficile da trovare e non è stato facile nemmeno risalire al nome (praticamente impossibile da pronunciare) del kukurudziani palychky, uno snack per bambini diffuso in Russia, Ucraina e Moldavia. Si tratta di un sacchetto contenente cornetti di mais – come quelli che noi siamo abituati a vedere al gusto formaggio – completamente cosparsi di zucchero a velo. Con la loro consistenza leggera ma croccante si sciolgono in bocca insieme all’impalpabile dolcezza dello zucchero.

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