Non brand ma personeUomo, natura, gastronomia e amicizia al centro dell’Union des Gens de Métier

L’UGM raccontata da Aldo Vaira, che assieme alla moglie Milena rappresenta al momento l’unica porzione italiana di un collettivo legato dallo spirito della condivisione, oltre le Alpi e anche oltre le fermentazioni

Foto di Scott Warman su Unsplash

«Un insieme di uomini liberi, lavoratori della terra, rispettosi degli equilibri dell’ambiente. Prodotti di terroir giusti e nobili. Dal diritto all’originalità e alla differenza, l’UGM difende i valori che uniscono il benessere del corpo a quello della mente. Il nostro impegno si nutre di amicizia, passione e gastronomia». È con queste parole che si presenta l’Union des Gens de Métier, UGM, un collettivo che oltrepassa il confine tra la Francia e l’Italia, ma anche quello tra i diversi ambiti della fermentazione. A farne parte sono infatti ventitré produttori, tra vigneron di diverse denominazioni francesi, uno solo di una denominazione italiana, un produttore di sidro e un panificatore.
Notare bene: produttori. Sì, perché l’UGM unisce prima di tutto delle persone – non dei brand – in un legame che, più che per i social, passa per le strette di mano e i calici condivisi con le gambe sotto il tavolo.
Di questa unione fanno parte nomi come Louis Benjamin Dagueneau – l’idea partì proprio nel 1990 da suo padre, Didier, scomparso nel 2008 – Anselme Selosse, Olivier Clape, Jean Marc Roulot e molti altri, tra cui anche due italiani, Milena e Aldo Vaira, oggi alla guida dell’azienda di famiglia – G.D. Vajra – affiancati dai figli, Giuseppe, Francesca e Isidoro.

Famiglia Vaira


Questione di spirito e di gastronomia
Per i coniugi Vaira tutto inizia alla fine degli anni ’90. «Erano i tempi delle prime fiere e delle prime manifestazioni, allora il Vinitaly aveva solo due padiglioni» racconta Aldo Vaira. «Abbiamo avuto la fortuna di iniziare a esporre di fianco allo stand di Elisabetta Foradori. Il suo allora futuro marito, Rainer Zierock, è uno dei fondatori dell’Union ed è partito tutto da questo incontro». Tra i primi assieme a Zierock ad abbracciare l’idea dell’Union, c’è stato anche Alois Lageder. «In seguito abbiamo conosciuto Alain Graillot, che è venuto più volte a casa nostra a farci visita e ad assaggiare i nostri vini». Di collettivi tra le aziende vitivinicole ce ne sono tanti. Ci sono quelli che nascono da un’esigenza comunicativa, per valorizzare un certo tipo di approccio in vigna o in cantina o anche da esigenze commerciali, che è spesso il caso delle tante forme di aggregazione create negli ultimi anni per promuoversi sui mercati stranieri. In questo caso però non ci sono dei requisiti di ingresso che si misurano coi numeri. «Condividiamo il rispetto per l’uomo e, automaticamente, per la natura. Poi una gran bella dose di entusiasmo per tutto ciò che si fa assieme. Certo, i vini devono essere buoni, ma è lo spirto ancora più che il gusto a contare», spiega Vaira.

C’è però un altro tratto distintivo, che accomuna tutti i membri dell’UGM. È l’amore incondizionato per la gastronomia e il convivio. «Cosa c’è di più bello che trovarsi attorno a un tavolo? Tutti i più bei momenti della vita sono suggellati da questo. Significa condividere» dice il produttore. «Molti dei migliori chef del mondo, e non parlo solo degli stellati, ma di tutti quelli che amano il proprio lavoro, sono nostri clienti. La tavola e la cucina sono il complemento del nostro lavoro, nessuno di noi è più convinto che il vino sia ancora un alimento, oggi è piacere. E non sarei capace a bere un sorso di vino se non avessi qualche cosa da mangiare», chiosa.

Un’unione di persone
Non c’è un modulo di adesione per entrare in UGM, l’ingresso è graduale. «Prima di tutto c’è la frequentazione, la condivisione, il conoscersi. Poi è successo che hanno proposto di entrare a far parte del gruppo sia a noi che a Paolo De Marchi di Isole e Olena», che è rimasto nel collettivo fino al momento in cui ha ceduto l’azienda. Sì, perché essendo un gruppo fatto di persone e non di aziende, l’evoluzione dell’unione è la stessa dei vignaioli che ne fanno parte. «C’è un altro aspetto da sottolineare – precisa Aldo Vaira – il gruppo cambia e adesso quelli tra di noi che hanno settant’anni e oltre iniziano a lasciar posto ai giovani, ma non è sempre detto che qualcuno dei nostri eredi abbia interesse a partecipare. Per chi resta però, dal punto di vista dell’approccio poco cambia tra vecchia e nuova generazione. La nuova è comunque nata in una cultura di rispetto per la natura, da un punto di vista agronomico e di vinificazione è molto legata alla precedente, in questo senso c’è una bella continuità». Così, l’UGM ogni volta deve ricalibrarsi nella forma, ma non nella sostanza.

E alla fine la base è l’amicizia. «Durante la pandemia poterci fare una telefonata, scriverci, un incontro video, sono sempre stati momenti di grande conforto e li abbiamo potuti realizzare perché eravamo abituati a questo scambio, a questo far parte di un insieme di persone. Nessun uomo è un’isola e in questo modo ce ne accorgiamo sempre di più». Un messaggio di amicizia e di bellezza, che al produttore piemontese piacerebbe si potesse trasmettere dal vino al resto del mondo, in un momento complesso come quello attuale, tra crisi sanitaria e congiunture internazionali.

Progetti in “fermento”
Una volta l’anno l’Union organizza una visita a uno dei membri del gruppo e quest’anno, a metà marzo, è stata la volta delle Langhe, con una vera e propria gita tra le tenute della famiglia Vaira. Nei giorni della visita è stato organizzato anche un walk around tasting all’Hotel Principe di Savoia di Milano – per l’occasione gremito di appassionati e professionisti del settore – a cui sono stati invitati anche alcuni produttori amici dal resto d’Italia. Tra questi Mateja Gravner, Alberto e Giovanni Paltrinieri, Chiara Condello, Matilde Poggi, Clemens Lageder, Christoph Künzli della piemontese Le Piane e diversi altri.
Ogni due anni viene organizzata anche una degustazione in un altro paese straniero. «L’ultima prima del Covid è stata a San Pietroburgo», ricorda Aldo Vaira.

Ma l’UGM ha anche dei sogni nel cassetto e partono sempre da una radice comune: la fermentazione. «Uno dei viaggi che abbiamo sempre desiderato fare ma mai realizzato sarebbe a Cuba, per conoscere la fermentazione del tabacco, o anche dei viaggi mirati ad approfondire il mondo del rum o del sake. Sono progetti – rivela – che si sono arenati tutti con l’avvento del Covid, ma che sicuramente proveremo a riprendere».

 

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