Fruit Valley ferita L’impatto irreversibile dell’alluvione in Emilia-Romagna sul settore agricolo

Frutteti allagati che rischiano di sparire per sempre, colture precoci distrutte e prodotti di stagione spazzati via. Tra costi di produzione invariati e resa sensibilmente inferiore, i prezzi sono destinati ad aumentare. E le conseguenze toccheranno anche l’export

LaPresse

La chiamano la «Fruit Valley italiana», e non è un caso. In Emilia-Romagna il centro-nord Italia ha uno dei suoi distretti agricoli più importanti. Qui, le aziende con questa vocazione sono oltre cinquantamila, con un fatturato superiore a cinque miliardi all’anno. Nel 2022 il settore ortofrutta, che in questa Regione conta su oltre 56.600 ettari di superficie coltivata, ha generato una produzione lorda vendibile di 1,2 miliardi di euro. 

Dopo la grave alluvione causata dalle intense piogge della scorsa settimana, con le conseguenti frane ed esondazioni, si ritiene siano più di cinquemila le aziende agricole finite sott’acqua nella zona più colpita dal disastro. L’entità esatta dei danni è ancora da calcolare, ma è molto probabile che se ne vedranno le conseguenze anche nella qualità, nella quantità e nel prezzo della frutta in vendita nella grande distribuzione italiana.

Un settore già in crisi da tempo
Il settore agricolo e ortofrutticolo dell’Emilia-Romagna stava già accusando il colpo della crisi climatica: siccità, gelate, malattie delle piante, invasione di cimici asiatiche, eventi meteorologici estremi diventati più frequenti. «L’ortofrutta in Emilia-Romagna sta attraversando una crisi strutturale dovuta principalmente agli effetti dei cambiamenti climatici, e serve darle una prospettiva. È un settore decisivo e strategico per la nostra economia», aveva dichiarato a metà aprile l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, in occasione di un incontro della Consulta agricola regionale con le associazioni e le organizzazioni dei produttori di ortofrutta, pomodori e patate.

L’alluvione degli scorsi giorni ha aggravato definitivamente questa crisi ed è un disastro con conseguenze a lungo termine. Mentre la situazione nelle zone più colpite sembra migliorare gradualmente (circa diecimila persone hanno fatto ritorno nella propria abitazione), l’allerta resta alta. Ci sono quattordici vittime, più di ventiseimila persone ancora sfollate e sono per ora incalcolabili, nel vero senso della parola, i danni a case, strade, infrastrutture, allevamenti e coltivazioni. Le stime dei produttori del settore agricolo si aggirano intorno al miliardo e mezzo di euro di danni, ma bisogna aspettare che l’acqua si ritiri completamente dai terreni per avere un quadro preciso.

I frutteti allagati rischiano di sparire per sempre
Il settore dell’ortofrutta è forse il più colpito dal disastro. Dal monitoraggio di Coldiretti emerge che si sono allagati decine di migliaia di ettari coltivati a vigne, kiwi, susine, pere, mele, ortaggi e cereali. Stando a quanto riportato da vari operatori e associazioni di settore in questi giorni, poi, si teme che le coltivazioni di fragole siano andate perse e che le colture precoci di ciliegie e albicocche possano venire distrutte completamente. 

Il problema è che il lento deflusso dell’acqua nei frutteti non fa bene alle radici delle piante, che potrebbero così marcire e morire. Secondo Confagricoltura le piante da frutto da estirpare potrebbero essere minimo dieci e massimo quaranta milioni, a seconda di quanto si rivelerà grave la situazione. Bisogna poi considerare il fatto che un frutteto nel quale muore più del trenta per cento delle piante non è più economicamente sostenibile; quindi, anche in quel caso potrebbe rendersi necessario ricominciare da zero. 

Ma ripartire da capo richiede tempo (servono anni prima che i frutteti tornino produttivi) e soldi. Come riportato dal Sole 24 Ore martedì 23 maggio, i produttori stimano costi pari a cinquantamila euro all’ettaro per ripiantare gli alberi da frutto e a dieci-quindicimila euro all’ettaro all’anno, per tre anni, per farli crescere e arrivare a renderli produttivi.

«Adesso la priorità è mettere in salvo le vite umane», ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini in una nota stampa. «Ma da subito occorre mettere in campo ogni azione utile finalizzata alla ripresa economica e produttiva, poiché è in gioco la sopravvivenza stessa di centinaia di imprese e delle lavoratrici e lavoratori che da esse dipendono». 

Coldiretti ha sollecitato misure straordinarie per affrontare i danni del comparto agricolo, mentre le sigle sindacali Cgil Cisl Uil di Bologna hanno chiesto il ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali e a misure straordinarie per garantire una copertura adeguata «alle lavoratrici e ai lavoratori che vivono condizioni lavorative precarie e nei settori più colpiti come il turismo e il settore agricolo, dove le conseguenze saranno di lungo termine». Le aziende agricole dell’Emilia-Romagna danno lavoro a più di sessantacinquemila persone.

Le conseguenze sul mercato: meno frutta, più costosa
Secondo Italmercati il grave impatto dell’alluvione sul settore ortofrutticolo dell’Emilia-Romagna avrà delle conseguenze sulla grande distribuzione a livello nazionale. «Sull’intera filiera e a livello nazionale ci aspettiamo nelle prossime settimane un vero terremoto nel nostro settore, con un incremento di prezzi e una diminuzione della disponibilità dei prodotti», ha dichiarato Fabio Massimo Pallottini, Presidente di Italmercati, in una nota stampa del 19 maggio.

Dato che i costi di produzione resteranno invariati ma la resa sarà sensibilmente inferiore, ci si aspetta un aumento del prezzo della frutta in vendita. «Mi sento di dire che l’aumento dei prezzi di frutta e verdura di questi giorni non è legato alla calamità naturale dell’Emilia-Romagna, in quanto in questo momento la domanda nazionale di frutta e verdura proviene da altre aree», ha detto Pallottini. «L’alluvione ha distrutto i prodotti di stagione come pere, mele, susine, kiwi e vigne, in piena fase di maturazione, per cui vi sarà una generale diminuzione della qualità e della quantità di frutta e verdura solo a partire dalle prossime settimane con un incremento dei costi».

Anche l’export di frutta ne risentirà. L’Emilia-Romagna esporta all’estero soprattutto pesche, albicocche e pere. Sul breve periodo è evidente che ci sarà un calo delle esportazioni e un aumento dei prezzi, ma sul lungo periodo c’è il rischio che la regione italiana fatichi a recuperare terreno nei mercati internazionali e rimanga meno competitiva rispetto ad altri Paesi meno cari o la cui produzione non è significativamente minacciata da eventi climatici estremi.

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