La Biennale Architettura 2023 è un viaggio tra realtà differenti, tra occidente e Africa, tra passato, presente e futuro. “The Laboratory of the Future” è il titolo che ha scelto Lesley Lokko, architetto scozzese di origini ghanesi che cura l’edizione di quest’anno. È la prima volta, da quando la manifestazione ha anche una declinazione sull’architettura, quindi dal 1980, che le principali mostre della Biennale fanno un focus sull’Africa e sulla diaspora africana, «quella cultura fluida e intricata di persone di origine africana che oggi attraversa il globo», come ha scritto la stessa Lokko, che nel settore è considerata una sorta di “ponte” fra Africa ed Europa.
Peccato che in Italia, di questi tempi, il dialogo con il continente africano non sia così armonioso. L’ambasciatrice italiana in Ghana, Daniela d’Orlandi, avrebbe negato il visto a tre collaboratori ghanesi della curatrice, impedendo il loro ingresso in Italia a pochi giorni dall’inizio dell’evento. La sua motivazione: i tre uomini non avevano i requisiti per entrare nell’area Schengen, giustificandosi con la rigidità della normativa dello spazio Schengen, che «impone una valutazione non sullo scopo del viaggio o sull’affidabilità degli invitati, ma sul possesso dei requisiti previsti da ciascun richiedente».
La notizia l’aveva data per prima Lesley Lokko, dicendo che l’ambasciatrice l’aveva «accusata di cercare di portare in Europa “giovani non essenziali”». Poi ha precisato che lo staff della Biennale «ha fatto tutto il possibile per aiutare, ma senza successo. Il Presidente Cicutto e il Direttore Generale Andrea del Mercato sono stati magnifici e instancabili. Nemmeno loro possono influenzare un ambizioso diplomatico di carriera che cerca di farsi notare da un governo di destra».
Lo staff di Lokko ha richiesto sei visti per i «collaboratori diretti» della curatrice, come da prassi per tutti i collaboratori. Per tutti loro è già stato trovato un alloggio a Venezia e sono stati prenotati i biglietti di ritorno per il Ghana. «Ma i visti sono stati negati a tre collaboratori e uno di loro è ancora in attesa di risposta. Al momento siamo in contatto con le autorità competenti per trovare una soluzione», fa sapere Lokko. «Il mio team ad Accra ha lavorato per ottenere i finanziamenti necessari per tutti i partecipanti […] mesi di lavoro per garantire che i pagamenti arrivassero in tempo in quasi venti Paesi e altrettante valute diverse, affrontando anche problemi legati a ragioni fiscali. Il fotografo del mio staff, un giovane e talentuoso fotografo ghanese, ha contribuito alle fotografie sia della mostra che del catalogo»
Sickening to hear this from the curator of this year's Venice Biennale, Lesley Lokko – large numbers of participants from Africa have been denied visas to attend: pic.twitter.com/Pn5ASUgev9
— Olly Wainwright (@ollywainwright) May 10, 2023
Lokko è fondatrice dell’African Futures Institute (AFI) – una scuola di architettura ad Accra, in Ghana – e della Graduate School of Architecture di Johannesburg, in Sudafrica. Con questa edizione della Biennale, diversa da tutte quelle del passato, la prima curatrice di origine africana ha cercato di costruire un evento che fosse in qualche modo in grado di abitare e interpretare più mondi con un progetto originale e una visione ambiziosa.
Più della metà degli ottantanove partecipanti all’evento provengono dall’Africa o sono di origine africana: sono i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro «si inserisce direttamente nei due temi portanti della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo», dice Lokko.
In qualche modo le istituzioni italiane sono riuscite a perdere l’occasione – anche questa – per dimostrarsi aperte e sensibili su certi temi. La curatrice ha già fatto sapere che nella conferenza stampa di apertura ribadirà ancora una volta il disappunto per quanto accaduto con il governo e l’ambasciata italiana in Ghana: «Voglio evidenziare l’assurdità e l’ipocrisia di un evento sull’Africa in cui agli africani è stato negato l’accesso, nonostante abbiano contribuito al nostro lavoro. Alcune cose, a quanto pare, non cambiano mai».