Moda e talentiFashion week spagnola: i designer del futuro puntano sull’inclusività

Tra taglie forti, donne di una certa età e fluidità di genere, designer e stilisti non ancora trentenni hanno esordito in passerella a Barcellona attraverso un inedito sguardo sul mondo in via di evoluzione

Outsiders Division, courtesy of 080barcelonafashion

Citazioni, accostamenti, l’estate che si incontra con l’inverno, voluminosi cappelli sopra a bermuda maschili, piumini e gonne corte, passamontagna colorati, gingilli, provocazioni. Ecco la moda spagnola in occasione della collezione per l’autunno/inverno di quest’anno. Un percorso, anzi, un sentiero che è iniziato trenta edizioni fa e che quest’anno ha presentato il suo trentunesimo corredo, nel tripudio degli aranci e degli olivi del giardino del Recinte Modernista, a Barcellona, un ex ospedale ora adibito a eventi, conferenze, spettacoli.

Niente a che vedere con le atmosfere algide, pretenziose, curate fin nei dettagli a cui siamo di solito abituati. Per la moda spagnola ciò che conta è innanzitutto divertirsi. E il concetto di divertimento, di elasticità, di sperimentazione trova il suo connubio perfetto nelle nuove generazioni, nella sostenibilità e nell’inclusività. Siamo abituati a considerarli imperativi etici calati dall’alto, distorsioni di una morale inedita, scongiurata da coloro che se ne sentono inibiti, repressi, tacciati. E invece, paradossalmente, la Catalogna dimostra che si possono trasformare in ciò che dovrebbero davvero rappresentare, ovvero un principio sodalistico dal quale lasciarsi coinvolgere, naturalizzare.

Bielo_Oscarleon, courtesy of 080barcelonafashion

Gruppi di giovani si accalcavano in prima fila, seduti in front row, gli accessori variopinti, i cellulari in mano. Ragazze di tutte le taglie calcavano le passerelle, senza scivolare da un estremo all’altro, come spesso si è rimproverato alla cosiddetta body positivity, ovvero l’oscillazione tra l’anoressia e il sovrappeso, dimenticando i corpi normali. Il genere era tenuto ostentatamente vago, gli uomini volontariamente e teneramente ridicolizzati, come il completo texano di pelle sintetica del marchio indipendente Outsiders Division accompagnato da un orsetto cucito a mo’ di pettorina sulla giacca e da un peluche che il modello teneva distrattamente in una mano.

Si sono esibiti individui trasgender e donne dai capelli striati di grigio, il volto solcato dalle rughe. L’immagine che se ne aveva era di un’immensa, imperitura festa, disordinata e caotica.  Tutti erano ammessi. L’impressione di inclusività era dettata anche dal fatto che quasi nessuno dei brand era conosciuto a livello internazionale, tranne Custo, il quale però, dicono i dati e le statistiche, ormai vende principalmente in Sud America. Per tutti quanti, l’intento scandalistico si fondeva con le arie rilassate e indulgenti del clima mediterraneo, della calle spagnola.

Outsiders Division, courtesy of 080barcelonafashion

The Artelier è stato fondato dalla giovanissima designer Alba Ayza nel 2020. Il marchio è rigorosamente privo di connotazioni di genere. Stampe create con inchiostri a base d’acqua, tessuti realizzati a mano nella città di Barcellona sono stati indossati indifferentemente da maschi e femmine, mischiando capi informali a completi e tailleur. «Volevo creare una collezione ispirata al tempo, al modo in cui esso ha un impatto sulle nostre vite. Lo viviamo tutti in modo diverso. I miei capi trasmettono il concetto dello scorrere del tempo attraverso forme in apparenza in procinto di disgregarsi», ha spiegato Ayza.

The Artelier, courtesy of 080barcelonafashion

Diversamente da Laretta, della venticinquenne Lara Serrano. Nonostante si sia ispirata a Morte e vita di Gustav Klimt, il suo debutto in passerella ha restituito atmosfere decisamente più cupe e più gotiche. Dopo la laurea in economia ha deciso di cambiare strada, percorso e carriera e ha deciso perciò di iscriversi al master in fashion design allo IED di Barcellona. Anche lei ha cercato di rendere l’inconoscibile, il sentimento di separazione, la distanza che corre tra il reale e l’invisibile. Tematiche apparentemente lontane dal panorama di una venticinquenne. Eppure, forse è proprio l’innocenza e la freschezza, lo sguardo disincantato e privo di pregiudizi ad ammantare gli esperimenti creativi – in questo caso, la collezione di abiti – di fantasia e di contrasto.

La stilista Lara Serrano al termine dello show, courtesy of 080barcelonafashion

“Permanecer o evolucionar” è invece il manifesto di Bielo_Oscarleon. Letteralmente restare, perseguire, perseverare oppure cambiare, evolvere, mutare. Da una parte dunque il minimalismo essenziale di forme orientali, dall’altra la lavorazione a maglia di strutture insolite, occidentali, dove l’azzardo, lo scandalo erotici di organze femmini e trasparenti si combinano con pantaloncini maschili.

404 Studio si sbizzarrisce con i riferimenti alla cultura malavitosa o “quinqui”, la controcultura della movida madrileña degli anni Settanta e Ottanta. Domminico gioca con accessori e riferimenti al sotterraneo, pruriginoso, ambivalente mondo del sadomasochismo. A soli ventott’anni, il suo direttore creativo ha portato alla ribalta un’etichetta apparsa nel 2016 esaltando i criteri della cosiddetta “moda lenta”: in poco tempo, è riuscito a creare una collezione esclusiva insieme alla cantante Rosalia e il 31 gennaio 2020 è entrato a far parte della lista di acclamati designer della più importante piattaforma di moda del paese, oltre a vincere il premio Who’s on next di Vogue.

Domminico, courtesy of 080barcelonafashion

Habey Club nasce nel 2015 come progetto di David Salvador e Javier Zunzunegui, appena dopo aver terminato gli studi presso il CSDMM dell’Università Politecnica di Madrid. L’anno dopo hanno gettato le basi del loro concetto di design, della loro idea di produrre e consumare. A tal fine, lavorano alla ricerca di officine con cui sviluppare nuove idee o linee di prodotto, sempre basati sui pilastri e sui valori che supportano il marchio, come la revisione dei mestieri, delle tecniche tradizionali e la durabilità delle tendenze, oltre che dei materiali. Utilizzano solo fibre riciclate e naturali.

Le idee su cui basano le loro collezioni, tra cui l’ultima, provengono dal cinema, dalla fotografia, dall’arte, in generale da tutto ciò che conferisce un forte impatto visivo all’interno della vita quotidiana come sullo schermo: e dunque stampe, combinazioni di colori, ricami, styling. Per questa collezione, la narrazione riguarda e concerne coloro che affrontano situazioni diverse nel corso degli anni, tra la presunta mancanza di affanni durante l’infanzia, accentuata poi durante l’adolescenza attraverso colori tenui come il rosa o il marrone, jeans bianchi o slavati.

Habey Club, courtesy of 080barcelonafashion

Man mano che gli anni passano, si acquisisce esperienza e si diventa più consapevoli, più vicini alla realtà: ecco che i due stilisti sfociano nell’iperrealismo attraverso figure che apparentemente escono dagli abiti. Lo scopo è quello di conferire un effetto 3D, ma le sagome lunghe sottolineano forse anche la “crescita” fisica e psichica, il passaggio dall’ineperienza all’esperienza che straborda, travasa e induce a “uscire” fuori da sé.

L’elemento comune ai brand che hanno sfilato per quattro giorni consecutivi, sotto il sole quasi estivo della città, sono la lentezza e la cura. Sarebbe riduttivo chiamarle semplicemente estensioni di sostenibilità ecologica: una certa responsabilità nel modo in cui si sperpera, si acquista e si getta via non riguarda solo gli oggetti. È una metamorfosi che chiama in causa tutti gli aspetti su cui si basa la nostra vita, compresi i legami, le relazioni, il lavoro, il tempo libero. È bene che un numero sempre maggiore di giovani raggiunga posizioni di potere e di visibilità, perché sono coloro che questa visionarietà già la masticano, la adoperano e riescono ad applicarla.

Outsiders Division, courtesy of 080barcelonafashion

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