Erede rockSofia Balestra ribalta i codici couture tra chiodi in pelle, fiamme intarsiate e spalline

Balestra è un marchio iconico che oggi è diventato quasi avanguardista, sotto l’egida della nipote del fondatore della maison nata nel 1959. La nuova collezione prêt-à-porter è un inno al guardaroba delle donne moderne

courtesy of Balestra

Chiodi in pelle, drappeggi che avvolgono il corpo, fiamme e spalline imbottite di ricami a fiori. Non più principesse ma guerriere, come tiene a sottolineare Sofia Balestra, a capo del marchio. È la nipote di Renato Balestra, che nel 1959 diede vita alla maison, anche se oggi delle influenze di quella fase si respira ben poco, a cominciare dalla direzione, passata interamente in mani femminili.

La rivisitazione è in chiave rock. Sofia ha trentaquattro anni, è appassionata di arte e storia. Il passato si staglia alle sue spalle, ma è carico di ciò che oggi la moda non può non considerare: la semplificazione, il dinamismo e la fluidità, ma soprattutto l’etica. Etica ambientale, di consumo, di cura per il dettaglio. Perfino di attenzione nei confronti delle nuove generazioni. Oggi ha lanciato la sua prima collezione prêt-à-porter.

Partiamo proprio dal passaggio che si compie verso il moderno. I tuoi riferimenti sono piuttosto contemporanei. Qual è il tuo modo di intendere la moda oggi? E come si inserisce il rapporto con la tradizione?
Sicuramente la donna è cambiata, il modello femminile è cambiato ed è cambiato il contesto entro cui si muoveva. Quello che una volta rappresentava un prodotto di alta moda pensato per occasioni speciali, adesso è stato sostituito da collezioni che devono andare bene per tutte le donne e per tutti i giorni dell’anno! Certo, i prodotti scelti e pensati come una volta esistono ancora, tant’è che continuiamo ad avere clienti private. Ma si tratta tutt’al più di qualcosa di unico, di speciale. Il mondo attuale invece è sempre più frenetico, dunque diventa anche più semplice. Le radici esercitano ancora influssi decisivi, ma io voglio vestire, anzi, mi volevo vestire dalla mattina alla sera con i capi Balestra dotati di know how, del savoir faire tipico della maison. Nasce senz’altro da una concezione sartoriale made in Italy, ma all’interno di un capo semplice come può essere una camicia o un cargo. Sono tutte cose che abbiamo sviluppato in questa collezione.

courtesy of Balestra

Come hai interpretato la staffetta che ti è stata lasciata? Come l’hai trasformata e che tipo di influenze hai subito oltre a quelle che hai già elencato?
Le influenze che ho subito sono gli elementi appartenenti alla nostra heritage. Come ad esempio il ricamo. La collezione contiene i ricami classici fatti a mano con le perline perché secondo me deve rimanere quell’aspetto del Dna, del nostro Dna. Si tratta però di capi speciali, perché poi anche il ricamo è diventato un ricamo a filo con applicazione di fiori sulle camicie e sopra i bomber. Avviene un passaggio che punta a semplificare mantenendo però la struttura originaria.

Quindi si punta a una semplificazione laddove le collezioni dei grandi marchi risultano barocche, impegnative e densissime.
Oggi assistiamo a un unanime ritorno alla sartorialità. Abbiamo una serie di abiti drappeggiati, perché il drappeggio è il tipico capo ben fatto. La semplificazione però serve perché oggi viviamo in un in un mondo dinamico. Bisogna uscire la mattina con una camicia ben fatta che puoi portare fino a sera. Tornando all’artigianalità, un capo fatto in pelle, il chiodo è il capo per eccellenza rock e per me non può mancare in un armadio. In questo caso, ha un tipo di lavorazione complessa perché abbiamo aggiunto intarsi di fiamme. E anche una ulteriore applicazione di resina che lo rende più barocco. Eppure, entrambi questi elementi – le fiamme e l’applicazione di resina – avvengono su un capo iconico alla base di tutti i guardaroba. Questo confluisce nel passaggio al prêt-à-porter. Il capo speciale rimane sempre, ma il guardaroba si deve semplificare. Senza contare il discorso legato alla qualità, perché io sono convinta che i capi debba durare nel tempo. Bisogna comprare meno, con maggiore attenzione verso il prodotto. Senza contare che poi che abbiamo collezioni più estese e collezioni di quaranta o cinquanta pezzi ben mirati.

courtesy of Balestra

Tu, quindi, sei un’appassionata di rock?
Sì, si tratta di rock. L’anima rock ci dice che la cosiddetta semplificazione è in realtà la sottolineatura di un forte carattere nell’etica e nell’estetica della grande artigianalità sartoriale. È un accento sulla contemporaneità. Soprattutto per quanto riguarda il prêt-à-porter, che in miliardi sanno fare. I drappeggi di cui parlavo prima sono drappeggi a pelle: come fossero costumi, li si indossa senza nessun problema rispetto a i drappeggi che avevano il busto sotto per stare insieme. La capacità di fare il capo consiste nel saper togliere lasciando l’estetica al suo massimo.

Come ti sei avvicinata alla moda? Ci sei cresciuta, eppure il sodalizio non era scontato.
Non era la strada in realtà iniziale, tutt’altro. Volevo fare la curatrice d’arte. Mi interessava anche il giornalismo, il mondo della ricerca insomma. Ho passato la mia prima gioventù nelle biblioteche. Quando sono entrata in aziendasentivo la necessità di creare un archivio, perché io non conoscevo la storia della moda. Da quella semplice domanda è iniziato uno studio, allora non esisteva nulla. Sono stati anni di ricerca, anni spesi a parlare con le persone, a contattare le vecchie clienti, a visionare in archivi diversi, a cercare online alcuni pezzi degli anni Settanta introvabili. Piano piano mi sono innamorata della storia del marchio e ancora di più di ciò che aveva fatto mio nonno. È stato proprio un voler continuare questa storia.

courtesy of Balestra

Come immagini la moda del futuro? Dove sta migrando, considerando anche i tempi che stiamo attraversando?
Il ritorno alla qualità sarà inevitabile, veniamo da anni di fast fashion dove il consumo è stato eccessivo. I nostri armadi sono pieni di stracci. Hai presente l’immagine della Venere di stracci? Abbiamo tutti voglia e bisogno di ripulire, ripulire gli armadi e il modo di vestirsi. I grandi marchi con le loro sfilate ci saranno sempre, ma saranno sempre meno show. Si tornerà progressivamente all’essenza del marchio, al suo valore.

E le donne del futuro, secondo te, in che direzione vanno?
Saranno sempre più guerriere. Avranno il pantalone al momento giusto, e al tempo stesso quando non te l’aspetti. Avranno un abito da sera per dirti qualcosa di speciale. Versatili, colorate. Saranno meno omologate. Abbiamo un vizio di unificazione forse per trovare un’identità, facile perché condivisa. Come i giovani. Tutti devono seguire la stessa tendenza. Invece piano piano sta iniziando a uscire quella che è l’individualità. E questo in realtà tutto il mondo, il mondo digitale, lo sta iniziando a permettere e anzi a valorizzare.

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