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Care femministe di tutto il mondo io sono un’attrice e artista iraniana. Vivo in esilio dal 2008 e cioè da quando ho recitato nel film Nessuna verità di Ridley Scott e le autorità iraniane mi hanno accusato di lavorare per la Cia. Scrivo a nome delle impavide ragazze e degli uomini che si stanno sollevando contro l’oppressione e la disuguaglianza in Iran. Da esiliata non ho l’autorevolezza per rappresentare queste rivolte coraggiose. Sto solo cercando di fare da cassa di risonanza dei sentimenti delle mie sorelle e dei miei fratelli per aiutare il mondo intero a comprendere che cosa sta succedendo. Voglio tradurre una lingua straniera – e non solo le parole ma il loro vero significato. Il fatto chi io sia stata in Iran fino a quando ho avuto venticinque anni e che poi abbia vissuto in esilio per i successivi quattordici, mi rende una sorta di ponte tra due culture molto diverse che hanno però più cose in comune di quanti molti in Occidente possano pensare. E questo è particolarmente vero per la Generazione X, il gruppo di giovani che sono nati tra il 1997 e il 2012 e che sono la forza trainante dell’attuale rivoluzione.
Lasciatemi iniziare dicendo che capisco che ci sia voluto tanto tempo perché molti in Occidente si accorgessero della rivoluzione storica che si sta svolgendo nel mio Paese. La mia casa, l’Iran, si trova in una delle zone del mondo più difficili da capire. Giusto e sbagliato spesso trascolorano confondendosi e il mio popolo vive una grave sofferenza. Benché l’Iran sia, per molti versi, la culla della moderna civiltà umana, il suo tessuto politico, culturale, sociale e religioso è il più complesso che si possa immaginare. E in Iran, forse più di quanto non accada in qualunque altro luogo del mondo, le contraddizioni attraversano in profondità le classi sociali, i gruppi di età e persino le stesse famiglie.
Le contraddizioni e la confusione che si trovano nella politica e nella cultura del Medio Oriente non sono altro che un riflesso ingigantito delle contraddizioni e della confusione che dominano ovunque il dibattito per quanto riguarda alcuni importanti temi globali. Invece che di cose giuste e cose sbagliate e di un bianco-e-nero facile da comprendere, il mondo sembra fatto di un infinito spettro di sfumature di grigio – o dei colori di un arcobaleno, come personalmente preferisco pensare. E allora perché questa rivolta è diversa? Perché questa volta non ci sono sfumature di grigio. Quello che la Generazione Z iraniana vuole è molto semplice: la libertà. Libertà di scelta. Libertà per le donne iraniane di comportarsi, di vestirsi, di comportarsi, di camminare e di parlare come vogliono e cioè come fanno gli uomini.
Non c’è il coinvolgimento di una qualche precisa ideologia né di alcun movimento politico formale, di sinistra o di destra. La semplicità della richiesta di libertà è ciò che la rende così potente. Non ci sono due punti di vista diversi. Non c’è nessuna discussione complessa. Non c’è spazio per la confusione. Credo che questa sia la ragione per la quale precedenti rivolte, soppresse con ancor maggiore violenza e brutalità, non hanno avuto successo e non hanno suscitato la stessa attenzione nel resto del mondo. Dal momento che ci sono molte opinioni infondate sulla parte del mondo da cui provengo, scommetto che sia difficile credere che essa possa diventare anche una fonte di ispirazione. Siamo abituati a sentire di terroristi che si fanno saltare per aria. Abbiamo letto delle pratiche medievali dello Stato islamico e dei talebani.
Abbiamo visto reportage in televisione che mostravano donne coperte dalla testa ai piedi, alle quali non era consentito andare in bicicletta o guidare automobili. Quello che in Occidente non vedete è che la nostra Generazione Z è molto simile alla vostra: i ragazzi che ne fanno parte postano video su TikTok, seguono i loro idoli su Instagram e amano cantare, ballare ed essere felici. Cercano un significato spirituale in un mondo che li confonde. E ora ne hanno abbastanza di vivere questa doppia vita – una vita in cui fanno esperienza della libertà soltanto nel mondo virtuale o dietro porte chiuse e in cui le ragazze sono costrette a coprire i loro capelli in pubblico come se vivessero nel Medioevo.
Fin dall’inizio di questa rivoluzione mi sono domandata perché molte importanti femministe occidentali che difendono i diritti delle donne siano rimaste silenziose, come se facessero fatica a esprimere pubblicamente il loro supporto per la nostra rivoluzione. Avendo vissuto in Occidente per così tanto tempo, capisco bene quanto debba essere difficile per queste femministe comprendere la profondità e l’importanza storica di ciò che sta avvenendo in Iran.
Vorrei dare il benvenuto a un vostro cambio di atteggiamento. E mi sento costretta a dirvi che nei primi giorni della loro durissima lotta le mie sorelle si sono sentite abbandonate dalle grandi femministe occidentali. Il silenzio da parte di quelle donne potenti è stato per loro incomprensibile. Si sono domandate come mai degli uomini come Trevor Noah, Justin Bieber o Chris Martin e i componenti dei Coldplay avessero subito manifestato ad alta voce il loro supporto e invece non troppe donne famose avessero fatto altrettanto. Com’e possibile che delle ragazze in Iran – e tra esse la sedicenne Nika Shakarami e la ventiduenne Mahsa Amini – siano state assassinate brutalmente e che molte donne americane, che sono state in prima fila nei più importanti movimenti femministi, siano rimaste in silenzio?
Ciò che sta avvenendo in Iran è una lotta per la libertà e l’uguaglianza. Non è una lotta contro l’hijab o contro gli uomini. È una lotta contro l’ignoranza. E questo è il motivo per il quale è condotta dagli uomini altrettanto che dalle donne. Per molti versi, le mie sorelle stanno combattendo la loro battaglia anche per tutte le altre donne – per i loro diritti e per l’uguaglianza. L’unica differenza è che loro rischiano ogni giorno le loro vite. E potete stare certi che le ripercussioni di questo movimento non si fermeranno ai confini dell’Iran, ma influenzeranno l’intera regione, dando speranza ad altre donne che non possono neppure sognarsi di alzare la loro voce contro tutti i diversi tipi di oppressione con i quali devono misurarsi ogni giorno della loro vita. Ma senza di voi questo movimento andrà in pezzi.
Non abbiamo bisogno di un intervento militare. E molti in Medio Oriente guardano con sospetto persino gli interventi politici. Il ricordo del coinvolgimento degli stranieri nel golpe del 1953 contro il primo ministro iraniano Muhammad Mossadeq è profondamente radicato nella psicologia degli iraniani. Un movimento come questo ha bisogno che si alzino voci in suo sostegno. Rimanere silenziosi è essere complici. Per come la vedo io, se ignorate le donne iraniane e la loro rivolta coraggiosa significa che state voltando la schiena a secoli di lotta delle donne per la libertà e l’uguaglianza.
© 2022 THE NEW YORK TIMES COMPANY AND GOLSHIFTEH FARAHANI
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