Diplomazia tecnologicaLa differenza tra Stati Uniti ed Europa su come regolare l’intelligenza artificiale

Al Trade and Technology Council in Svezia, i due blocchi hanno abbozzato un codice di condotta sull’Ia. È un segnale positivo, ma non ha potere effettivo sull’operato delle aziende e, in America, le fratture al Congresso rendono improbabile una legislazione specifica prima delle presidenziali

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«La democrazia deve dimostrare di essere veloce tanto quanto la tecnologia». Parola di Margrethe Vestager, commissaria europea per la Concorrenza e l’Innovazione. La frase clou dell’intervista che ha rilasciato a Politico a margine del vertice del Consiglio per il Commercio e la Tecnologia tra Unione europea e Stati Uniti (Ttc) rappresenta una sintesi perfetta dell’evento tenutosi a fine maggio nella cittadina svedese di Luleå.

Il Trade and Technology Council è un forum diplomatico inaugurato nel 2021, in cui alti funzionari statunitensi ed europei definiscono approcci comuni su una moltitudine di temi (può ad esempio capitare che il segretario di Stato americano Antony Blinken e il commissario europeo al Commercio Valdis Dombrovskis definiscano accordi relativi al mercato dei semiconduttori o agli investimenti in tecnologie green). Gli argomenti che hanno monopolizzato l’incontro di alcuni giorni fa sono stati essenzialmente due: le modalità di contrasto commerciale alla Cina e la regolamentazione dell’intelligenza artificiale.

Per quanto riguarda il secondo punto, c’era una certa apprensione. Dal lancio di ChatGpt a oggi, l’impellenza di un intervento delle istituzioni planetarie per contenere la tracotante portata rivoluzionaria dei Large Language Model è andata crescendo. Dopo gli appelli di esperti e (più o meno sedicenti) guru della Silicon Valley, le autorità politiche occidentali hanno premuto sull’acceleratore, per definire il prima possibile una legislazione chiara ed efficace in materia di Ia.

Il futuro è arrivato in anticipo e ha preso in contropiede praticamente chiunque. Con le dovute differenze: dopo alcune comunicazioni risalenti al 2018 e il white paper del 2020, ad aprile 2021 la Commissione europea aveva presentato l’Artificial Intelligence Act («Ai Act»), la prima legge al mondo con lo scopo di regolamentare i software di intelligenza artificiale in maniera strutturale. A seguito dei recenti avvenimenti, una prima bozza del regolamento ha superato il vaglio degli eurodeputati (in Commissione, mentre oggi sarà votata dalla plenaria); la speranza è che l’Unione, forte di un’esperienza di scrittura di gran parte delle regole digitali che ora dominano il mondo occidentale, lo approvi in via definitiva entro la fine di quest’anno.

Come riportato da Politico, nel corso di un pranzo a base di filetto di merluzzo, i funzionari di Bruxelles e Washington hanno trovato l’intesa su un «codice di condotta volontario» rivolto alle aziende che sviluppano Ia generative avanzate. Il documento consiste in una nota informativa di due pagine prodotta dalla Commissione europea, che la danese Vestager ha consegnato personalmente alla segretaria del Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo.

L’obiettivo dichiarato è di elaborare standard non vincolanti in materia di trasparenza, verifiche dei rischi e altri dettagli tecnici per le aziende che sono coinvolte nello sviluppo di queste tecnologie. L’intenzione è quella di presentare il documento redatto ai leader del G7 in autunno, come proposta transatlantica congiunta.

Il codice di condotta rappresenta un punto di incontro tra Ue e Stati Uniti, ma non cancella la profonda divergenza di vedute sulle tematiche di regolamentazione dell’Ia. La Casa Bianca ha scelto finora un approccio più defilato, lasciando all’industria tech l’elaborazione delle proprie salvaguardie, a patto che ci fosse un dialogo costante con la politica e le istituzioni. Le attuali fratture all’interno del Congresso americano rendono improbabile l’approvazione di una legislazione specifica prima delle elezioni presidenziali dell’anno prossimo; nel frattempo però, il governo Biden ha fatto della collaborazione internazionale su questo tema una priorità politica. 

Le scelte dell’Ue in materia, inoltre, sono sotto stretta osservazione da parte di realtà americane come OpenAI e Google (con la sua Ia, Bard). Eventuali limitazioni e impedimenti nel vecchio continente rappresenterebbero un problema per Silicon Valley e soci, che stanno investendo miliardi in questo settore (vedi il blocco di ChatGpt da parte del garante della Privacy in Italia). 

Qualcosa di simile successe nel 2016, a seguito dell’approvazione del Gdpr e di tutto ciò che avrebbe significato per Google & Co sul fronte dell’utilizzo dei dati personali. Non è un caso che Sam Altman, l’amministratore delegato di OpenAI, si sia reso protagonista di un tour europeo per confrontarsi con il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dopo aver tenuto un’audizione al Congresso e aver ottenuto un plauso bipartisan negli States

Non si è trattata di una vacanza di piacere, ma di quella che potremmo definire «diplomazia tecnologica» a fini di business (con l’Italia esclusa dalle tappe dell’itinerario previsto dal padre di ChatGpt). Una vera e propria spedizione, organizzata per rassicurare esponenti politici di spicco sulle buone intenzioni della compagnia finanziata da Microsoft.

«La chiarezza normativa sarà una buona cosa», ha dichiarato Altman in un evento durante la sua visita a Parigi. Al momento, tuttavia, una linea comune è solo abbozzata e i due blocchi atlantici si sono giusto seduti al tavolo per dialogare. Il codice di condotta emerso a Luleå è un segnale positivo ma non ha potere effettivo sull’operato di una qualsiasi azienda alle prese con deep learning e modelli di linguaggio che avranno quell’impatto sovvertitore tanto paventato sulla nostra società.

C’è però una dichiarazione che rende bene l’idea di quale sarà la direzione dell’Unione europea nei prossimi mesi. È quella di Thierry Breton, commissario per il Mercato interno dell’Ue, che non ha usato mezze misure e ha spiegato che qualsiasi coordinamento normativo con partner affini come gli Stati Uniti si baserà sull’approccio europeo già esistente. «Se altri vogliono ispirarsi, naturalmente sono i benvenuti», ha aggiunto. Come a dire: qui in Europa abbiamo le idee ben chiare sulle regolamentazioni digitali, Sam Altman e compagnia ne prendano atto.

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