In fondo a destraLa sconfitta di Sanchez rallenterebbe la lotta al cambiamento climatico in Spagna

Il partito estremista Vox nega gli effetti del riscaldamento globale, mentre i conservatori del Partido popular si comportano come se non esistessero. La loro proposta di aumentare la superficie dei terreni irrigabili nei dintorni del Parco Nazionale di Doñana è un indizio della scarsa sensibilità ai temi ecologici

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In Spagna, le elezioni anticipate del 23 luglio potrebbero mettere fine a uno dei governi più progressisti d’Europa, nato dalla coalizione tra il Partito socialista spagnolo (Psoe, centrosinistra) e Unidas Podemos (sinistra). Dopo la sconfitta alle elezioni amministrative e regionali, il premier Pedro Sánchez ha deciso di anticipare le elezioni nella speranza di ricompattare la sinistra di fronte a una possibile vittoria di una nuova coalizione formata dal Partido Popular (Pp, centrodestra) e da Vox (estrema destra): uno scenario plausibile che porterebbe a conseguenze dal punto di vista climatico e ambientale molto drastiche. 

Oltre ad aver istituito il primo ministero per la Transizione Ecologica della storia della Spagna, fin dal suo insediamento il governo Sanchez ha proposto misure molto ambiziose per l’ambiente e il clima. Nel 2021, il Congresso dei Deputati ha approvato (senza poter contare sui voti del Pp, che si è astenuto, o su quelli di Vox, che ha votato contro) la Legge sul cambiamento climatico e sulla transizione energetica, che prevede tra i molti obiettivi, una riduzione del ventitré per cento delle emissioni di gas a effetto serra rispetto al 1990 e un miglioramento del trentanove per cento dell’efficienza energetica del Paese per raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica. La legge prevede anche un piano di accompagnamento per l’industria dell’automobile, l’adattamento ai criteri di efficienza energetica di più di 100mila abitazioni tra il 2020 e il 2030 e una Strategia per la Transizione Giusta, che comprende misure specifiche per i territori colpiti dalla chiusura di aziende legate alla filiera del carbone e delle centrali nucleari. 

Di fronte alle ondate di calore e ai periodi di siccità che colpiscono con sempre maggiore frequenza la Spagna, l’esecutivo ha anche approvato un piano idrologico 2022-2027 da ventidue milioni di euro, ai quali a inizio maggio si sono aggiunti i due milioni di euro del piano per alleviare gli effetti della siccità sull’agricoltura, sull’allevamento e sull’ambiente approvato a inizio maggio. In vista delle elezioni locali dello scorso 28 maggio, il Partito socialista aveva anche annunciato un progetto strategico (Perte) dedicato alla digitalizzazione del ciclo dell’acqua per ridurre le perdite della rete idrica nazionale. 

Dal canto suo, il principale avversario politico del governo Sánchez, il Partido popular, ha spesso criticato queste misure, senza però mai arrivare a negare il cambiamento climatico. «Da un lato, [Sánchez] dice di essere preoccupato, e dall’altro negli ultimi anni si è semplicemente messo ad aspettare che piovesse, e ora sono cinque anni che utilizziamo l’ideologia al posto della tecnologia stiamo arrivando al collasso dell’agricoltura», ha commentato il leader del Pp Alberto Núñez Feijóo quando il Governo ha annunciato il nuovo piano contro la siccità. Lo stesso non si può dire per il partito di estrema destra Vox, che ha il negazionismo climatico tra i suoi pilastri ideologici. Fin dall’entrata del partito nel Congresso dei Deputati nel 2019, numerosi esponenti hanno criticato il Psoe per quello che il portavoce di Vox Iván Espinosa de los Monteros ha definito un «esagerato e infondato allarmismo sul cambiamento climatico». A livello locale, i toni sono diventati ancora più accesi in occasione degli incendi che lo scorso anno hanno colpito la Castiglia e León: durante una discussione del consiglio regionale, il procuratore David Hierro ha infatti accusato il Psoe di difendere una «religione climatica irrazionale basata su un atto di fede». 

«Vox nega gli effetti del cambiamento climatico e il Pp non li nega, ma si comporta come se non esistessero. Per azione o per omissione, entrambi sono negazionisti climatici», ha dichiarato il premier Sánchez durante un comizio elettorale in vista delle elezioni regionali e comunali, durante le quali lo scontro tra la destra e la sinistra sull’ambiente è stato molto acceso. 

Da mesi infatti in Spagna si discute sulla proposta di legge presentata da Pp e Vox al Parlamento regionale andaluso per aumentare la superficie dei terreni irrigabili nei dintorni del Parco Nazionale di Doñana. Dichiarato nel 1980 area protetta e nel 1994 patrimonio dell’umanità dall’Unesco, questo parco arrivava a ospitare durante l’anno più di trecento specie diverse di uccelli europei e africani. Negli ultimi anni, tuttavia, la biodiversità del Parco di Doñana è notevolmente diminuita, a causa dell’abbassamento del livello dell’acquifero che fornisce acqua alle sue numerosissime paludi e lagune. L’area intorno al Parco Nazionale è infatti il cuore dell’industria agroalimentare spagnola specializzata nella coltivazione di frutti di bosco: l’ottanta per cento della produzione nazionale di fragole si concentra nella Corona Norte, situata a nord del Parco di Doñana, e parte di questi campi vengono irrigati clandestinamente, prelevando acqua dai territori del parco attraverso pozzi illegali. La Giunta dell’Andalusia, governata dal Pp, ha garantito che i nuovi terreni non verranno irrigati con le acque del Parco Nazionale, ma non solo il governo e i gruppi ecologisti, ma anche un comitato di scienziati, l’Unesco e la Commissione Europea si sono opposti alla proposta. 

«Portare l’acqua in Andalusia è un mio impegno personale, politico e istituzionale», ha affermato durante la scorsa campagna elettorale il leader del Pp, che accusato il governo centrale di essersi dimenticato di una regione in cui il 6,7 per cento del PIL dipende dall’agricoltura. Le accuse hanno funzionato e il Pp ha vinto nella maggior parte dei comuni dell’Andalusia, una storica roccaforte socialista. 

La proposta del Pp e Vox è stata provvisoriamente congelata in occasione delle elezioni comunali e amministrative, ma il dibattito sul futuro del Parco di Doñana è, in fondo, lo specchio del dibattito nazionale sull’ambiente e sul clima. Un dibattito in cui forse neanche la sinistra, sostenuta dalla Commissione Europea, dall’Unesco e dalla scienza, potranno impedire all’ala conservatrice di imporre i suoi piani per la ’difesa’ degli agricoltori, a scapito non solo dell’ambiente, ma dei loro stessi terreni e dei prodotti che coltivano.