Nazione in miniaturaL’America di King dove i vampiri sono meglio di Ronald Reagan

Il romanziere si definisce «l’equivalente letterario di un Big Mac con le patatine». Lo racconta per Salani il traduttore dei suoi libri più recenti, che indaga più di settanta romanzi per un ritratto della mente portentosa alla base delle storie da incubo

Foto di Clément Falize su Unsplash

Sul potenziale politico di quello che è il suo primo romanzo compiutamente horror, Steve è stato chiarissimo: «La gente sceglie di leggere Le notti di Salem per potersi immergere in una storia di vampiri. E i vampiri inducono all’ottimismo rispetto a Ronald Reagan, che è la nostra versione americana di un vampiro, di un morto vivente. Ma Reagan è reale, è una persona in carne e ossa, e i vampiri sono quasi brava gente in confronto a lui, se non altro perché puoi sempre sbarazzartene quando il film è finito o quando decidi di richiudere il libro».

Il riferimento a Reagan non è certo casuale: l’ex attore hollywoodiano trasformatosi in leader di una nazione, e le politiche economiche e sociali che ha promosso, sono stati presi ripetutamente di mira da King, che nell’America degli anni Ottanta vede una degenerazione degli ideali e dei valori ai quali è stato educato, e una distorsione dell’individualismo pionieristico sul quale si è fondato il suo Paese e che la ‘Reaganomics’ ha trasformato in una caccia forsennata al benessere e all’accumulazione di ricchezze, quasi sempre in concorrenza e a danno del prossimo, e in sfregio a qualunque forma di solidarietà.

Quando, nel 1991, Steve dà alle stampe il romanzo che dovrebbe rappresentare il suo congedo definitivo da Castle Rock, Cose preziose, il reaganismo volge al termine. Alla Casa Bianca c’è George Bush, al quale l’anno successivo subentrerà Bill Clinton, riportando i democratici al potere a dodici anni dal fallimento della presidenza Carter. Ma è al periodo di Reagan che King guarda nel raccontare la storia di un altro ‘straniero misterioso’, Leland Gaunt, il quale compare dal nulla e apre un negozio di ‘cose preziose’ che corrispondono ai desideri proibiti degli abitanti della cittadina.

Gaunt è pronto a regalare a ognuno il suo oggetto preferito, a condizione che il favore gli venga restituito sotto forma di uno scherzo – apparentemente innocente – a un altro residente di Castle Rock. Progressivamente, gli scherzi diventano sempre più violenti e crudeli, le ritorsioni si susseguono senza sosta, fino a quando l’intera Castle Rock piomba nel caos. Commentando a distanza di qualche anno le sorti del suo romanzo, Steve ha affermato: «Credevo di aver scritto una satira della Reaganomics nell’America degli anni Ottanta. L’idea era semplice: un uomo arriva in una piccola cittadina e la trasforma in un negozio di cianfrusaglie, dove si può comprare tutto ciò che si vuole, ma al prezzo della propria anima».

Che l’intento metaforico di King sia andato a buon fine o meno, la politicità dello schema narrativo, e la capacità di fare di una piccola città del Maine il correlativo oggettivo e la miniaturizzazione di un’intera nazione, sono incontestabili. Steve riprende per l’ennesima volta lo stesso progetto nella Tempesta del secolo, sceneggiatura scritta appositamente per una miniserie televisiva e pubblicata in volume nel 1999.

Ambientata nella stessa isola dove si svolgeva Dolores Claiborne, mentre fervono i preparativi per affrontare una terribile tempesta in arrivo, la miniserie è incentrata sull’arrivo dell’ennesimo straniero misterioso, André Linoge, che sembra conoscere nei minimi dettagli la vita di tutti gli abitanti di Little Tall Island, e i loro segreti. Linoge uccide una vecchietta, si lascia incarcerare senza opporre resistenza, e dalla cella provoca un’ondata di suicidi, dimostrando di poter assoggettare chiunque alla propria volontà.

A ogni morte, non fa che ribadire sempre la stessa, enigmatica richiesta: ‘Datemi ciò che voglio e me ne andrò’. Lo schema è sempre lo stesso, come pure il tema: i segreti che gli abitanti di una piccola cittadina conoscono uno dell’altro, ma che raramente rendono pubblici. Fino a quando un estraneo non si introduce all’interno della comunità e i misteri e i risentimenti reciproci, spesso di antica data, vengono fuori, portando alla distruzione di un mondo.

Se i piccoli mondi, immaginari ma collocati in un Maine che più realistico non si potrebbe, e le comunità che li popolano, sono e rimangono il contributo fondamentale che King ha dato alla riflessione sull’America, sui suoi fantasmi e sulla sua deriva contemporanea – alla quale Trump ha dato un’ulteriore e disperante sterzata –, la riflessione politica di Steve parte da più lontano: trova una prima formulazione nei romanzi distopici e fantascientifici La lunga marcia e L’uomo in fuga, scritti prima ancora di Carrie e pubblicati con lo pseudonimo di Richard Bachman, e raggiunge l’apice della sua forza corrosiva con il trittico composto da L’ombra dello scorpione (1978), La zona morta (1979) e L’incendiaria (1980).

Da “Il re di tutti”, di Luca Briasco, Salani, 160 pagine, 16 euro.

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