«Paul ha un modo di dire: la fortuna è un’arte». Lo diceva qualcuno, forse proprio Joanne Woodward, nel documentario che Ethan Hawke ha diretto su Paul Newman e sua moglie (è su Sky). Me lo sono appuntato un anno fa, e ieri ho capito che sì, Candida Morvillo è fortunata, ma la fortuna è un’arte.
Ogni volta che esce una meraviglia come quella di ieri, le mie conversazioni di giornata sono monopolizzate dal dibattito: diventi la più strepitosa intervistatrice italiana perché sai far dire cose a chi non penseremmo mai ne avesse da dire, o è la fortuna che ti capitino in braccio soggetti incredibili, di quelli che una volta avrebbero alimentato la commedia all’italiana e ora le pagine di giornale?
«Due giorni dopo, lei andava a Bologna per un convegno e l’accompagno in stazione. Quand’è partita, mi sono detto che, alla mia età, non si può perdere tempo. Sono andato a Bologna e mi sono fatto trovare nella sua stanza d’hotel. Il difficile è stato scoprire l’albergo. Poi, è bastato dire alla reception che ero suo marito e chiedere la chiave della camera. Mi sono fatto trovare mentre leggevo un libro e ascoltavo Tchaikovsky».
Italo Bocchino sta raccontando, in un’intervista assieme alla sua imminente moglie, come si siano innamorati. Un’altra, una che non avesse l’arte della Morvillo, gli riderebbe in faccia, gli chiederebbe che razza di albergo sia quello che ti fa entrare in camera mia così, mi dica il nome così non ci vado mai, gli chiederebbe se il libro fosse a rovescio. Candida non fa un plissé, e sappiamo tutti come funziona con la commedia all’italiana: più gli dai corda, più quelli sono temibilmente sé stessi.
Il maschio italiano, sia egli Zanza il bagnino o un ex deputato, ama dipingersi come esigente. Quindi, in quest’intervista con cui informa il paese che sta per sposarsi con una dottoressa di medicina estetica, Italo Bocchino ricostruisce così il loro primo incontro: «Ci siamo conosciuti a una cena a casa mia. Un’amica mi chiede se può portare la sua dottoressa specialista in medicina estetica e io: sì, se non è una rifattona». L’amica, inspiegabilmente, non gli risponde: ma ti sei visto? Ti pare di poter essere esigente?
Bocchino era separato dalla moglie, quando gli portarono a cena la non rifattona. Della crisi con la moglie forse vi ricordate perché, con grandissimo fiuto per gli interlocutori, decise di parlarne a Fabio Fazio, il quale era più ansioso di cambiar discorso di quanto lo sia io quando mi parlano di gioco del calcio. Dopo la separazione, dice alla Morvillo, «avevo avuto delle relazioni di banale consumo, ma desideravo una coppia stabile». Di banale consumo. Saranno lusingate le signore.
Morvillo, che il dio dell’assenza di complessi culturali ce la conservi nei secoli, non teme niente: non di chiedergli chi farà da mangiare al matrimonio (Vissani: la prima repubblica non si scorda mai; la prima repubblica, tu cosa ne sai); non se ora anche lui si faccia rifare dalla moglie; non se l’abbia chiesta in sposa inginocchiandosi (come sa chiunque abbia visto “Stregata dalla luna”, non inginocchiarsi non è di buon auspicio, ma a volte neanche inginocchiarsi basta).
«Ho fatto tutto per bene. Ho scelto l’anello con la figlia maggiore di Giusi, da Eleuteri: una veretta Tiffany anni ’60, con brillanti brown. Gliel’ho data a una festa di Natale, davanti al camino acceso, con le quattro figlie presenti, che già sapevano». Italo Bocchino tra un mese compie 56 anni, la moglie ne ha 44: non vorrei ripetermi, ma questa mistica dei rituali nuziali da ventenni analfabete della provincia americana è ormai pericolosamente diffusa tra adulti che si spererebbe avessero impegni più pregnanti che la scelta degli anelli e dei canapé.
Tuttavia, il contagio è appunto diffuso e Candida conosce i suoi lettori: gente che vuole sapere del brillante brown (che io ignoro cosa sia), gente su cui Tiffany fa ancora la presa della prima volta che videro il film con Audrey Hepburn (il racconto non l’hanno letto, ora non esageriamo con le aspettative), gente che annuisce forte all’idea degli adulti che ricominciano con l’approvazione delle figlie grandi. È così che si fanno i capolavori: arrivando a noialtri che ci diamo un tono ma pure a chi ha un immaginario elementare.
Arrivando a chi somiglia al secolo in cui vive, un secolo in cui la principale ambizione è non dimostrare gli anni che si hanno: non vincere un Nobel, non inventare qualcosa di fondamentale, ma essere quello o quella di fronte a cui gli ex compagni di scuola esclamano «ma sei sempre uguale!».
«Ogni tre settimane, sono costretto a stendermi sul suo lettino per un’ora e mi fa trattamenti che non capisco e di cui non chiedo. Medicina rigenerativa, comunque. Soprattutto, il suo lavoro è difendere i miei capelli. Andrea Scanzi mi accusa di averli tinti. Invece, faccio il Prp: punture di plasma ricco di piastrine ottenuto centrifugando un prelievo di sangue. Giusi me lo inietta su testa, viso, collo, ovunque. Ne fa una questione di marketing familiare: io vado in tv e, se la gente mi vede invecchiato, ci fa lei una brutta figura. Avevo un pregiudizio perché in giro si notano solo gli eccessi della medicina estetica. Ma Giusi dice che quella fatta bene non si deve vedere: la gente deve pensare che hai il viso riposato o che sei innamorato».
Sono ormai molti anni che nessuno si aspetta che dalla classe politica esca uno statista, al massimo un concorrente non noioso di reality. Sono ormai molti anni che non c’è bisogno di nessun carro da far sfilare per affermare il diritto dei maschi a essere le nuove femmine: il maschio di destra parla di trattamenti estetici coi quali risultare piacente con una disinvoltura che mio padre, cresciuto in anni di feticismo della mascolinità, piuttosto si sarebbe fatto mettere in galera.
Sono ormai molti anni che Candida Morvillo, artista dell’inganno, si siede davanti agli intervistati, sorride come una signora di provincia che abbia preso i pasticcini sul corso principale, e quelli si coprono di ridicolo senza farsi pregare, e del tutto inconsapevoli di costituire il Grande Romanzo Italiano, cadenzato in risposte brevi che non spaventino un pubblico ormai completamente analfabetizzato. La fortuna aiuta i Paul Newman, le Candida Morvillo, e pochi altri.