Fortunatamente sono numerose le insegne italiane nate come semplici trattorie e diventate nel corso della loro vita ristoranti stellati. Meglio ancora, tanti cuochi sono talmente cambiati, evoluti, cresciuti nel corso della loro carriera da guadagnarsi il titolo di chef ancora prima che di intrattenitori del gusto. E se facciamo un passo indietro quando a Milano non c’èra pressoché nulla di quello che oggi è il trend incalzante delle nuove aperture, degli indirizzi instagrammabili e modaioli, contenitori privi di alcun contenuto e messaggio legato al mondo dell’alimentazione, vediamo subito stagliarsi un nome, tra tutti. È il 1962 quando Aimo Moroni insieme a Nadia scelgono di aprire la loro trattoria – letteralmente Trattoria da Aimo e Nadia – in via Montecuccoli, periferia pura a quel tempo. Toscani nel DNA ma anche nei gusti, tant’è che la cucina da subito racconta la regione del centro Italia non solo nelle ricette della tradizione proposte ma anche nella selezione accurata, appassionata e minuziosa dell’ingrediente corretto per ogni determinata ricetta. Se la celebrazione dell’ingrediente oggi è diventata per alcuni chef il vero motore della propria cucina, andando talvolta a perdere quasi il focus su tecnica e ricerca, a metà del secolo scorso risultò tremendamente innovativo come approccio.
Non limitarsi al territorio lombardo ma spaziare tra le primizie e le bontà del suolo italiano, scegliere quel pomodoro per il suo gusto e colore, quell’erba aromatica perché perfetta per un piatto e non sostituibile. Aimo e Nadia lo hanno fatto tra i primi, in città, e con un’eleganza che ha ben presto distinto la loro cucina nei favori del pubblico e nella critica passando dall’essere semplice trattoria a Luogo. Ecco perché ancora oggi dopo sessant’anni di attività questo resta un luogo di storia: della cucina, del gusto, della professionalità di chi ci lavora con passione ogni giorno, del cliente che segue da anni l’evoluzione della cucina, di pura «memoria gustativa e gusto contemporaneo».
E come tutte le eredità, anche questa non ha un peso indifferente per chi si trova oggi a doverne tenere alto il nome, l’allure e ovviamente anche le due stelle Michelin. A partire dal 2012 Alessandro Negrini e Fabio Pisani hanno preso in mano le redini della realtà insieme alla figlia dei fondatori, Stefania Moroni. Prima con un lavoro di analisi a ritroso dei piatti simboli dell’identità di Aimo e Nadia, tra quelli più apprezzati e quelli più riusciti, fino a liberare la propria creatività e immaginazione ripensando quella stessa idea di cucina ma attraverso un percorso attualizzato. Oggi come oggi in menu è possibile tornare indietro negli anni così come vivere un percorso totalmente nuovo ma in continuità, armonia e coerenza con il lavoro degli anni passati. La grande cucina italiana, la pienezza dei suoi sapori, la celebrazione dell’ingredienti all’apice della sua stagionalità, il lavoro sulle carni pregiate così come sui crostacei, l’unione di due stili differenti quelli di Negrini e Pisani capaci di dialogare con determinazione e anima. Il lavoro con il singolo produttore, tenuto vivo e anzi approfondito e ampliato dalla nuova generazione al comando, definisce l’anima di un percorso come Territori, forse il più rappresentativo in questo momento in carta. Un metodo di lavoro che diventa menu, mettendo in tavola il frutto della ricerca e dello studio. Se zuppa etrusca, spaghetto al cipollotto o minestra di orzo trionfano nei racconti sul vegetale per i menu degustazione di nuova ideazione si salta dal pesce alla carne sempre con grande eleganza celebrando con enfasi i primi piatti – nobili, golosi, ricchi. Ravioli farciti, risotti, paste fatte in casa, omaggi a Milano così come all’Italia del Sud per una cucina capace di condurti a braccetto, di raccontarti la cultura mediterranea nelle sue sfumature più raffinate ed eleganti.