Durante la seconda edizione del Festival di Gastronomika uno dei temi centrali è stato quello della formazione, dove più rappresentanti provenienti dai maggiori istituti di formazione italiana si sono riuniti per confrontarsi e discutere sui temi più attuali legati al settore. Lidia Baratta, giornalista del Linkiesta nonché moderatrice di uno dei tavoli di discussione, scrive: «Dal 2014 a oggi, le iscrizioni negli istituti alberghieri sono calate di quasi il 46 per cento. Solo negli anni del Covid si è registrato un meno 20 per cento. Non è una sorpresa, nel Paese dove oltre la metà dei ragazzi va al liceo. Alberghieri, tecnici e professionali vengono percepiti come scuole di serie B». E ancora: «Secondo il rapporto Ristorazione 2023, sette ristoranti su dieci oggi lavorano sei giorni a settimana con un solo giorno di riposo, ma stanno crescendo i ristoranti che chiudono anche più di un giorno». E «se non dai due giorni di riposo ormai sei fuori mercato», dicono.
Il tema è controverso ma impellente perché grazie alla passione che ancora guida molti giovani aspiranti professionisti, nonostante le “scomodità” del settore in merito a orari e dimensioni lavorative, restano numerosi gli aspetti da migliorare, cambiare, rivedere, eliminare. Il focus tuttavia è giusto che non si concentri solo tra le mura della cucina, da sempre cuore del dibattito, ma si estenda alla sala. Si scoprono dinamiche differenti, comportamenti nuovi, professionalità distinte e ancora poco raccontate e talvolta in ombra. Cercando il più possibile di dare spazio ai più giovani, in ogni manifestazione e progetto pensato come redazione, abbiamo dato inizio ormai qualche mese fa a un lavoro di esplorazione della sala italiana. Stiamo raccogliendo testimonianze e punti di vista, spunti, pareri, opinioni, critiche, stimoli, da parte di tantissimi ragazzi e ragazze operativi sul floor e nel comparto accoglienza di strutture ricettive di varia tipologia e livello. Michele Chianese (1991), è un giovane chef de rang al Reale | Casadonna, il tristellato di Niko Romito, il quale ben presto partirà per una nuova esperienza europea sempre sotto l’ala del cuoco abruzzese.
Abbiamo provato a chiedere a lui, operativo sul campo, in che modo è possibile spostare l’attenzione dalla cucina alla sala. «Ho avuto una breve parentesi di solo un mese prima del Covid al Piccolo Lago di Marco Sacco a Verbania, in Piemonte. Lì il servizio è strutturato in modo che anche alcuni chef escano dalla cucina e servano in sala. Questo stile di servizio sposta il racconto e lo storytelling in un dialogo misto sala / cucina. Al Reale | Casadonna il servizio è molto personalizzato, noi siamo i portavoce della cucina e della sala, e facciamo di tutto per rendere l’esperienza dei nostri ospiti unica e autentica». Questo già è un punto di vista che non sempre chi scrive è in grado di cogliere. Ma come è scoppiata questa passione? :«Non so bene da dove sia scattata la scintilla, ma una cosa che ricordo è che ho sempre voluto fare l’alberghiero (definita un po’ la scuola dei nullafacenti). Ho un cugino che lavora in sala all’estero, è più grande di me e per me questa figura, questo lavoro è stato da subito affascinante. Alla fine sono felice di ogni scelta che ho fatto, proprio nella direzione di mio cugino. Credo sia stato per un impulso di vedere il mondo, di evadere in un certo senso». Tra pochi mesi lo vedremo in un nuovo contesto lavorativo perché grazie alla sua costanza e al suo impegno si è guadagnato un’esperienza al Bulgari Hotel Il ristorante Niko Romito di Parigi. «Questo mestiere se si vuole con tenacia, ti porta a vedere una buona fetta di mondo che un posto d’ufficio non ti dà. Credo di amare la parte filosofica e culturale della scoperta del posto nuovo, della nuova cultura, che questo lavoro, viaggiando, ti permette di sperimentare. Un lavoro come questo ti dà grandi possibilità di crescita e scoperta» ci racconta. «Anche se oggi non ce più bisogno di emigrare come tempo fa, resta importante avere una formazione internazionale, conoscere l’inglese e avere conoscenza di come lavorano altri grandi Paesi della ristorazione. Allontanarsi il più possibile dalla propria comfort zone, lavorare all’estero e confrontarsi con stili di servizio diversi è una tappa formativa importante sia a livello culturale che professionale».
Quando gli chiediamo se è vero che a molti giovani di oggi mancano determinazione, passione e impegno arriva un momento di pausa a cui segue una duplice risposta. «Io vengo da una generazione in cui ogni posizione, ogni lavoro bisognava guadagnarsela. Studio, dedizione e rigore hanno segnato molti anni della mia vita. Ho vissuto molti anni all’estero per farmi le ossa con questo mantra, ma posso dire, con sincerità, che dopo il Covid mi è venuto naturale mettere tutto in discussione. Oggi è tutto diverso. Ci affacciamo in una società tutta nuova e penso che quello che conti di più sia l’attitudine al lavoro. Vedo ragazzi che magari sono formati più di me che in sala non funzionano, sono rigidi. Oggi è importantissimo come ti muovi in sala, come ti approcci, come dialoghi. In questi ultimi mesi, incontrando e colloquiando tanti ragazzi giovani ho notato che non sono propensi (o almeno non tutti) a fare esperienze lontano da casa, a farsi le ossa, crescendo». Inevitabilmente il confronto con la diversità e l’estero come in questo caso stimola in modo formativo, intellettuale, psicologico e caratteriale ogni individuo, a maggior ragione per giovani ancora in fase di esplorazione, formazione e scoperta. Giovane ma con i piedi ben piantati, questa è l’impressione che ci siamo fatti di Michele Chianese, che se dal canto suo vanta una passione e una determinazione invidiabili ha avuto la fortuna di trovarsi in un ambiente ricco di stimoli, opportunità formative e grande serenità.
Come ultima battuta, anche se con qualche timore, gli abbiamo chiesto di dare lui a noi giornalisti un consiglio, per come approcciarci a questo mondo, al nostro modo di raccontarlo. «Mi piacerebbe sentire davvero cosa pensano i critici e giornalisti di un’esperienza al Reale | Casadonna. Vorrei sempre scambiare due parole con questo tipo di pubblico attento per comunicare loro la passione e la cura che noi di sala mettiamo nel nostro lavoro. L’esperienza di un ristorante è Sala e Cucina ma questo binomio organico e reciproco spesso non viene comunicato. Poi ci sono dei giornalisti attenti come voi che lo fanno e questo è un bellissimo punto di partenza».
Courtesy immagini Andrea Straccini