Quando sabato la colonna della Wagner stava marciando su Mosca, Mikhail Khodorkovsky, uno dei principali oppositori di Vladimir Putin, ha chiesto ai cittadini russi di aiutare. Un tempo l’uomo più ricco di Russia, è stato rinchiuso dieci anni in un campo di lavoro e dall’esilio da tempo sta pianificando la costruzione di un nuovo Stato russo per quando Putin se ne sarà andato. Tanto da aver invitato i russi a fornire benzina alla milizia di Evgenij Prigozhin.
«Prigozhin ha inferto un colpo durissimo al regime. Fosse arrivato a Mosca, l’impatto sarebbe stato ancor più destabilizzante», dice Khodorkovsky al Corriere. «Putin ha lasciato la capitale e il suo entourage era completamente disorientato. Prigozhin è del tutto incapace di reggere le leve del potere e si è visto. È un bandito e un criminale di guerra, come Putin. Però avrebbe potuto creare una situazione in cui altri sarebbero forse riusciti a instaurare una forma di democrazia. Putin ha capito e si è affrettato a prendere accordi con lui. Prigozhin non ce l’ha fatta, ma c’è questa transizione può ancora avvenire».
Sull’accordo tra Putin e Prigozhin, spiega, «possiamo solo fare delle ipotesi. Ha chiesto l’amnistia per tutti i suoi combattenti e probabilmente riuscirà a ottenere uno cambio di ruoli a danno dei suoi nemici del ministero della Difesa».
Ma ora il regime di Putin «è fortemente debilitato. È stato evidente a tutti i russi che Putin questa volta non ha avuto l’appoggio delle forze armate, né risulta averne dalla popolazione. L’uscita di Prigozhin da Rostov è stata trionfale e non perché la popolazione lo ami particolarmente: si è talmente stancata di Putin che sono pronti ad accettare qualunque cambiamento».
Mikhail Khodorkovsky dice che il cambiamento in Russia non verrà dalle urne. L’opposizione democratica, spiega, deve «avere il controllo delle forze armate. Naturalmente noi possiamo incidere sulle strutture forti del Paese, in particolare su determinate sezioni delle strutture forti. Come è avvenuto nel ’91 o nel ’93, con la reazione delle forze armate a sostegno di Boris Yeltsin e dei democratici contro i golpisti o contro i leader del Parlamento. Però sarebbe bene essere pronti anche a uno scenario diverso». Ma se non succede, «dobbiamo essere pronti ad avere la nostra forza militare o delle persone in armi. Di questo stiamo parlando. Dobbiamo essere pronti a entrambi gli scenari».
La fine di Putin, per Khodorkovsky, potrebbe passare anche per una fase di guerra civile: «In questa situazione abbiamo il dovere di dimostrarci pronti anche all’uso della forza, perché per la fine del regime una protesta pacifica non basterà», dice.
E cosa dovrebbero fare intanto i governi occidentali? «Per il futuro delle Russia è molto importante chi sostituirà Putin: sarà un nuovo leader autoritario oppure ci sarà un sistema democratico. Per l’Occidente e in particolare per gli Stati Uniti, la cosa più semplice è che un leader ne sostituisca un altro. Ma nel caso della Russia sarebbe un errore colossale. Ogni leader autoritario in Russia significa limitazione delle libertà e centralizzazione eccessiva. Ma quando il sistema diventa così, ha bisogno di un nemico esterno per coalizzare il sostegno del popolo. Invece una coalizione democratica seguirebbe il modello di un fronte popolare. Questo darebbe alla Russia delle chance di democratizzazione, con l’appoggio delle regioni russe. Cerco in tutti i modi di convincere gli americani, ma con scarsi risultati».
Oggi – prosegue – «l’Occidente ha una certa influenza sulla Russia a causa delle sanzioni e qualunque nuovo governo russo dovrà negoziare in proposito. È il momento di iniziare parlarne. È anche importante che i governi occidentali riconoscano una legittima rappresentanza dei russi che non appoggiano il regime di Putin: una coalizione democratica, come avviene per la Bielorussia. Lì è più semplice perché c’è una leader dell’opposizione legittimata dalle elezioni, Svetlana Tikhanovskaya. Noi non ce l’abbiamo, ma abbiamo bisogno di un riconoscimento politico in Occidente».
Oggi questa unione di partiti si chiama «Comitato russo d’azione». E, aggiunge, «spero che riusciremo in qualche modo a trovare una concordanza su questo punto anche con gli ucraini. Soprattutto vorremmo una comprensione dei governi occidentali, sperando che non cerchino di trovare un nuovo leader autoritario da sostenere in Russia. Sarebbe un errore». «Abbiamo bisogno di riconoscimento e sostegno ideale, per l’unione delle opposizioni democratiche».
Ma sarebbe un errore puntare sulla frammentazione della Russia: «Il centro delle decisioni è Mosca. Se qualcuno cercasse di distruggere la Russia e ci riuscisse, quel che resta del Paese finirebbe nelle mani di un leader autoritario. Sarebbe una dittatura molto aggressiva, ostile ai vicini che dovessero essere considerati colpevoli della distruzione della Russia».