QUESTA È LA PRIMA PUNTATA DI KITCHEN ROULETTE, LA NEWSLETTER DI CHIARA BUZZI RISERVATA AGLI ISCRITTI AL GASTRONOMIKA CLUB: per continuare a riceverla bisogna iscriversi a Gastronomika Club QUI
Una newsletter sulle tendenze e derive gastronomiche di oggi
Con l’arrivo dell’estate le pagine social e la maggior parte delle pubblicità di moda, travel o lifestyle ci bombardano con immagini de La Dolce Vita italiana. Il maggiolino decappottabile, la tovaglia a quadri con i bicchieri da osteria mezzi pieni di vino (rosso), le goccioline di acqua salata sulla spiaggia e i limoni amalfitani raccolti a mano. Per quanto questa specifica iconografia di un’Italia ormai d’antan ci abbia aiutato ad affermarci nel mondo, possibile che oggi non ci si possa raccontare in modo altro da un piatto di spaghetti al sugo arrotolati sulla forchetta? Se i colori sono sbiaditi resta comunque il patinato. Quindi dove sta quella parte dell’Italia più ruvida e viva? Oltre al filare di cipressi – che confermo ci sono ancora e meritano uno scatto sempre e comunque – c’è altro che possiamo raccontare di questo dannato Bel Paese che ci consenta di evolvere verso nuovi paradigmi di gusto e di immagine, nuove forme di turismo, di scoperta, di comprensione culturale e storica? Molto di questo possibile trapasso viaggia attraverso il cibo, le nostre abitudini alimentari e quello che noi facciamo vedere agli americani assetati di «gnocci pomodoro and piza» con infradito e shorts. Possiamo fare di meglio.
Procediamo.
Mocho people
Sogno americano. Viral effect. Burger mania. Chiamatelo come volete sta di fatto che quello che abbiamo assistito in queste settimane per l’apertura di Meat Crew ci ha affascinato – scioccato non possiamo dirlo perché è da boomer. La prima sede (di sicuro ve ne saranno altre) del fast food ideato da Mocho – nome d’arte dello youtuber Massimo Novati – è stata per qualche giorno una Mecca milanese. Siamo a due passi dalla Bocconi, viale Bligny 18, e nonostante questo i prezzi non sono affatto da studenti. Diciotto-diciannove-venti euro per un menu con Crispy Double Smash o un temibile Mac ’n Cheese Burger, cifre che senza indugio una coda interminabile di follower ha scelto di investire per sostenere il proprio idolo. Mocho è trangugiatore seriale di prodotti da fast food, amante del “cibo spazzatura” e stregato dal barbecue fin dal suo primo viaggio negli Usa a nove anni. Attualmente il suo canale YouTube conta oltre 11 milioni di visualizzazioni e più di 167.000 iscritti. Doppio successo quindi per Mocho: una fan base più che responsive anche nella realtà e non solo virtualmente, capace di aprire il portafoglio (almeno le prime volte), e un esercizio commerciale di vendita al pubblico che sembra rispettare le aspettative dei più importanti burger critics milanesi.
Colazione is the new pranzo
Se c’è stata un’epoca – forse non ancora finita del tutto – di pranzetty, siamo inequivocabilmente entrati in una fase di caffettini, croissantini, pasticcini e biscottini farciti di chiacchiere spesso frivole e ambienti merlettati. Al di là di questo cliché Milano sta vivendo un boom di aperture sul tema colazione. Finalmente si inizia a raccontare e studiare questo catartico momento della giornata non più solo nella sua versione zuccherina ma anche salata, dove più artigianalità vengono dispiegate in campo nello stesso momento e le opzioni raddoppiano, in certi casi triplicano. La prima colazione in un posto nuovo ma classico come Marlà prevede il maritozzo così come la veneziana alla crema, la sfoglia salata con brie e asparagi ma pure un* gigantesc* arancin*. Un ristorante come Horto, il progetto concepito da Norbert Niederkofler sulla filosofia del Tempo Etico ora apre anche per la prima colazione per iniziare la giornata con uno sguardo sui tetti di Milano. Le Polveri, il più che noto micropanificio di Aurora Zancanaro, ha finalmente ampliato i suoi spazi con una nuova seconda sede. Oltre alla classica scelta – sempre più variegata – di lievitati dolci e salati arrivano anche i famosi piattiny. Le novità non si limitano all’Italia perché dal team Bentoteca è arrivato da pochi mesi PAN, la nuova bakery wine bar coffee hub di Yoji Tokuyoshi e Alice Yamada. In settimana si arraffa – se sei fortunato – un bombolone al curry o una brioche di impasto al latte in stile giappo mentre nel weekend puoi provare il brunch. Per chi non sa scegliere resta l’opzione di tutto un po’ ma con spezia annessa degli amici libanesi di Mezè: halloumi, hummus, frutta secca, marmellate, kataif, pinzimonio, saj, limonata e frutta fresca. Ollé!
Luoghi (im)possibili
Ci sono tanti luoghi, cortili, vie, anfratti della città di cui non siamo a conoscenza e che spesso – grazie alla visione e all’intraprendenza anche economica di certi visionari – vengono riportati alla luce. Mi ricordo quando per la prima volta sono passata davanti al cortile dell’ormai defunto Sixième Bistrot in cui mi sono sentita a Beirut. O forse Palermo. Una galleria a cielo aperto delabré e fascinosamente piena di rampicanti e vegetazione spontanea, qualche tavolino e una galleria di arredi di design uno più bello dell’altro. Mi ricordo di aver desiderato per mesi dei paralumi dorati in stile liberty sognando di poterli vedere un giorno nel mio salotto di casa. Oggi quello stesso spazio in via Scaldasole, una piccola traversa buia che parte da corso di porta Ticinese e arriva in Conca del Naviglio, ha un nuovo proprietario e una storia diversa. La nuova gestione è di Ofelé (che dal vecchio milanese si traduce in pasticciere), insegna già nota per le sue colazioni lente, brunch golosi e merende. Questa nuova sede si chiama «Una Cosa» (giuro si chiama così), nell’ottica di dare un servizio da bistrot e ospitare una cucina più articolata e piccoli eventi/momenti di socialità.
Vivalaprovincia e i giovani che ci credono
Il suo nome è Ambrogio, il suo sorriso e la sua cortesia sono davvero commoventi, così come la passione e la determinazione per la miscelazione, il mondo degli spiriti, il servizio e l’ospitalità. Bar is the name è il giovanissimo, embrionale, sperimentale progetto di cocktail bar che Ambrogio Ferraro ha aperto a Busto Arsizio (e manco in centro ma in una via apparentemente anonima) ormai più di un anno fa. Lavora con i locals, cercando di fare del suo meglio ogni giorno, inventandosi kombuche e infusioni, sodati home made, serate di degustazione e cucinando anche non pochi piattini per i suoi clienti. Trovare qualcosa che non sia drammaticamente provinciale nella provincia più profonda non è semplice e questo ragazzo di soli 23 anni ci sta provando con tutto sé stesso. Se andate ora c’è anche qualche tavolo all’aperto. Io, personalmente, ci tornerei.
Quanto è buono questo vino
Nonostante i report stilino un trend in crescita degli spiriti a 0% vol e bevande analcoliche, ci sono anche determinati mercati alcolici che non cessano di crescere e guadagnare notorietà, immagine, posizionamento – c’è ancora speranza per un mondo felice insomma. È il caso del Vermouth di Torino la bevanda che ha segnato indissolubilmente il colore e il sapore dell’aperitivo italiano nel mondo, le cui prime vere tracce di ricettazione risalgono ai primi del 1700. Questo nuovo vino aromatico così balsamico, dolce e alcolico inizia ad essere apprezzato anche fuori dalla capitale piemontese e il vero successo arriva nel secolo successivo con le prime esportazioni e l’incontro con la cultura della miscelazione negli Stati Uniti. Dal 2018 ai primi mesi del 2023, i volumi della produzione sono più che raddoppiati, arrivando a 4,4 milioni di litri, con un aumento medio annuale del +23% (fonte vermouthditorino.org). Quest’anno da sabato 26 giugno a domenica 2 luglio a Torino si festeggia la seconda edizione della Vermouth Week o Settimana del Vermouth. I bar aderenti all’iniziativa proporranno ricette inedite con il vino aromatizzato preferito, tasting di prodotti diversi (tutti rigorosamente parte del Consorzio) e aneddoti più o meno fantasiosi.
QUESTA È LA PRIMA PUNTATA DI KITCHEN ROULETTE, LA NEWSLETTER DI CHIARA BUZZI RISERVATA AGLI ISCRITTI AL GASTRONOMIKA CLUB: per continuare a riceverla bisogna iscriversi a Gastronomika Club QUI