Con la guerra la Russia rischia di tornare a una economia pianificata. Se non altro, il fantasma evocato da alcuni come misura positiva è stato oggetto di una dura reprimenda da parte il governatore della Banca centrale russa Elvira Nabiullina, che ha avvertito giovedì come per la Russia sarebbe negativo tornare a un sistema economico pianificato mentre per via dell’aumento delle spese di guerra e delle sanzioni occidentali si trova alle prese con sfide di ristrutturazione senza precedenti. «La tentazione di gestire la ristrutturazione economica può portare a una situazione in cui sopprimiamo l’iniziativa privata da parte delle imprese, per non parlare del rischio di ripristinare un’economia pianificata»
Considerata una tecnocrate liberale piuttosto efficiente, la Nabiulina è un personaggio piuttosto non in sintonia con il profilo medio dei pezzi grossi della Russia putiniana, e circola dunque insistente la voce secondo cui al momento dell’attacco all’Ucraina avrebbe cercato di dimettersi, ma ne sarebbe stata impedita. Sia vero o no, effettivamente il suo ruolo ricorda abbastanza quello di un tecnocrate antifascista e riformista come Alberto Beneduce, che per fedeltà al Paese più forte delle ideologie accettò di collaborare con Mussolini, e gli creò l’Iri.
Comunque, è attribuito a lei il merito di non aver fatto precipitare l’economia russa più in basso di come sia caduta. Se vogliamo, ha anche avuto il merito d avere dato un minimo di interesse a un appuntamento come il Forum economico internazionale di San Pietroburgo: la già «Davos russa» ha infatti aperto mercoledì in quella che è stata subito percepita come l’edizione più moscia nei 25 anni di storia dell’evento.
La annuale vetrina economica di quattro giorni della Russia, che un tempo aveva attirato folle di investitori e di statisti stranieri nella città natale di Putin è stata boicottata dai Paesi occidentali per il secondo anno consecutivo a causa della guerra in Ucraina, e alcuni organizzatori hanno confessato off records che è stato un problema mettere assieme i partecipanti. Ne sono venuti dalle nazioni della Csi, dall’Africa, da Cuba e dagli Emirati Arabi Uniti, ma neanche i leader di Cina e India si sono fatti vedere, e perfino il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev si è tirato fuori all’ultimo minuto.
Ci sono in compenso gli stand della Repubblica popolare di Donetsk, della Repubblica popolare di Luhansk e della regione di Kherson, e il Cremlino ha pubblicizzato come i principali protagonisti del forum di quest’anno il ministro degli Esteri ungherese, il presidente dell’Algeria, il primo ministro di Cuba, il presidente dell’Armenia e il capo dello staterello georgiano separatista dell’Ossezia del Sud.
A tutti i partecipanti internazionali è stato comunque consigliato di portarsi dollari ed euro in contanti, poiché la maggior parte delle carte bancarie straniere non funziona più in Russia a causa delle sanzioni legate alla guerra. Gli organizzatori hanno revocato le credenziali di stampa a tutti i giornalisti dei cosiddetti «Paesi ostili» pochi giorni prima dell’inizio dell’evento, e peraltro i biglietti per partecipare sono stati salatissimi.
A una sessione, però, ha parlato la Nabiullina. E lì, probabilmente, il Forum ha giustificato questa edizione. Ammonendo sulla involuzione che incombe, ha detto: «Sembra che questo sia impossibile dal momento che abbiamo un’economia di mercato. Ma in realtà, basterebbe che lo Stato si assumesse la responsabilità di decidere quali industrie e progetti richiedono sviluppo e dove indirizzare le risorse finanziarie». E via di ritorno ai piani quinquennali!
Il governatore ha insistito che invece il settore privato è essenziale come principale forza motrice dietro le trasformazioni in corso nell’economia russa colpita dalle sanzioni, anche se lo Stato può avere un ruolo nella creazione di condizioni favorevoli per la crescita e gli investimenti nelle industrie nazionali. «Penso che tutti capiscano quello che stiamo attraversando in questo momento», ha spiegato. «Ciò include la ridistribuzione del lavoro, gli investimenti e così via. La ristrutturazione dell’economia sta avvenendo più velocemente di quanto ci aspettassimo».