Il leader della Lega Matteo Salvini è tornato a cavalcare uno dei suoi cavalli di battaglia, invocando «una grande e definitiva pace fiscale». Gli ha indirettamente risposto a stretto giro il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che ha ricordato quali sono stati i risultati ottenuti lo scorso anno nella lotta all’evasione: «Nel 2022 abbiamo recuperato nel complesso la cifra record di oltre 20 miliardi di evasione», restituendo «al bilancio dello Stato 3,2 miliardi di euro».
Ernesto Maria Ruffini è stato confermato alla guida dell’Agenzia lo scorso gennaio. Lo nominò Paolo Gentiloni nel 2017, e da allora – come ha raccontato ieri in un discorso pubblico – i funzionari per gli accertamenti fiscali non hanno fatto che diminuire. «Lo scorso 31 dicembre erano 28mila, il 30 per cento in meno di dieci anni fa», ha detto. Il governo ora gli ha promesso di recuperare la gran parte di quelle persone con un piano di assunzioni straordinarie da undicimila unità entro il 2025.
Nel 2012 la macchina fiscale contava 41 mila dipendenti – ricorda La Stampa. In poco più di dieci anni ne ha persi 13 mila. Nel frattempo era stata creata Equitalia, la società dedicata alla riscossione dei tributi, di cui Ruffini era stato nominato amministratore delegato. Quando nel 2017 lo stesso Ruffini viene scelto per guidare l’Agenzia delle entrate, è lui che si occupa di riunificare i due grandi rami dell’amministrazione tributaria. Ma complice anche l’informatizzazione dei processi, la presenza sul territorio non ha fatto però che diradarsi.
Da quest’anno potrebbe esserci l’inversione di tendenza: nei primi sei mesi del 2023 sono state assunte 2.303 persone. Per altre novecento si stanno svolgendo gli esami orali. Il piano impostato dall’Agenzia prevede a breve nuovi concorsi per quattromila funzionari addetti all’attività tributaria, ai quali se ne aggiungeranno altri tremila entro la fine del 2024. L’obiettivo del piano è tornare a 37mila dipendenti entro il 2025.
Ma non è solo un problema di personale. Il più grande problema del fisco italiano – su cui Ruffini chiede da anni l’intervento del legislatore – è il cosiddetto «magazzino della riscossione», dentro quella voce ci sono tutte le tasse che lo Stato non riesce a riscuotere: imposte non pagate da aziende fallite, defunti, nullatenenti.
Dai dati più recenti diffusi in Parlamento dall’Agenzia, emergono dettagli interessanti. A fine anno, il totale di quella voce vale ancora 1.153 miliardi di euro. Circa l’85 per cento è dovuto da persone fisiche, solo il 15 per cento è attribuibile ad aziende. Il dettaglio fin qui rimasto nell’ombra e messo in evidenza da una delle tabelle consegnate ai parlamentari è la distribuzione per fascia di debito: quasi un italiano due – il 47,5 per cento degli italiani – è presente nel magazzino della riscossione con una cifra inferiore ai mille euro. Ma quella voce vale meno dell’un per cento (per la precisione lo 0,9) di quei 1.153 miliardi. In compenso c’è una piccolissima percentuale di contribuenti – l’1,3 per cento – che ha lasciato inevase tasse e imposte per cifre superiori al mezzo milione di euro. Questa voce vale il 69 per cento dell’intero magazzino, ovvero più di settecento miliardi.
E ora si torna a parlare di «condoni». In realtà, tutte le operazioni di «rottamazione» fatte fin qui hanno garantito un gettito nettamente più basso di quello promesso. Le tre avviate fra il 2016 e il 2018 hanno permesso di incassare meno di venti miliardi di euro, una frazione dei 53 promessi e dei quasi cento di mancate entrate.
All’inizio della legislatura, il viceministro Maurizio Leo mise a punto un provvedimento che avrebbe permesso un colpo di spugna su tutti i reati di natura tributaria, civili e penali in cambio del dovuto. Poi, anche in seguito all’intervento del Quirinale, l’ipotesi è stata circoscritta. Dall’arrivo del governo Meloni sono state varate ben dodici sanatorie, seppure diverse fra loro. Si va dall’allargamento di quella voluta da Draghi (alle cartelle del 2015) al salvataggio delle società calcistiche i cui bilanci erano stati appesantiti dalla pandemia. C’è stata anche una sanatoria per il «possesso non dichiarato di criptovalute». L’ultima proposta di Salvini – fin qui generica – è una sanatoria generalizzata su tutte le imposte non versate fino a trentamila euro.
Con l’aumento dei tassi di interesse e il ritorno al Patto di stabilità europeo, però, è sempre più probabile che il governo sia costretto a evitare nuovi condoni e semmai tentare di abbassare la propensione all’evasione attraverso strumenti di semplificazione.