Il 17 e il 18 luglio si terrà a Bruxelles il terzo vertice UE-CELAC, l’appuntamento che riunisce i leader europei e quelli della comunità degli Stati latino-americani e caraibici. L’incontro, il primo dopo otto anni, cade in un momento in cui l’Unione europea sta provando a ritagliarsi un ruolo da protagonista nella regione. Risale a circa un mese fa il tour sudamericano della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per presentare la nuova strategia europea Global Gateway, un piano di investimenti in infrastrutture, digitale, clima, energia, salute e istruzione che coinvolgerà i Paesi del centro e Sud America e che sarà oggetto degli incontri di questa settimana. Sullo sfondo, ovviamente, rimane sempre il trattato di libero scambio UE-Mercosur sul quale i quattro Paesi del blocco (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) continuano a prendere tempo.
Dalla visita dell’inquilina di Palazzo Berlaymont di giugno sono cambiate però alcune cose, a partire dalla presidenza del gruppo Mercosur che è passata sotto la guida del Paese più influente: il Brasile. Le speranze che con il gigante verdeoro potesse esserci un’accelerata nella ratifica del trattato sono state un po’ ridimensionate durante il vertice sudamericano che si è tenuto ad inizio luglio a Puerto Iguazu, in Argentina. Durante l’incontro tra i quattro presidenti del blocco sono emerse posizioni ancora abbastanza distanti rispetto a quelle europee, soprattutto sui capitoli relativi all’ambiente e all’accesso al mercato degli appalti per le imprese europee.
«Non siamo interessati ad accordi che ci condannino all’eterno ruolo di esportatori di materie prime, minerali e petrolio. Non è ammissibile rinunciare al potere d’acquisto dello Stato, uno dei pochi strumenti di politica industriale che ci è rimasto. (…) Mi impegno a concludere un accordo con l’Unione europea, che deve essere equilibrato. Il documento aggiuntivo presentato dall’Ue a marzo di quest’anno è inaccettabile, i partner strategici non negoziano con diffidenza. È imperativo che il Mercosur presenti una risposta rapida e energica» ha dichiarato Luiz Inácio Lula da Silva a margine dell’incontro secondo quanto riportato dall’agenzia ANSA. A fare da sponda al collega brasiliano ci ha pensato il presidente argentino Alberto Fernández, secondo cui la proposta europea è «eccessivamente focalizzata sull’ambiente, senza alcuna registrazione delle tre dimensioni della sostenibilità: ambientale, economica e sociale».
Brasilia e Buenos Aires continuano ad insistere nel voler eliminare i vincoli ambientali dall’accordo e nel ridiscutere il tema dell’accesso agli appalti rallentandone, di fatto, la ratifica. Sembra però che all’interno dei due Paesi ci sia maggiore apertura rispetto a quella mostrata dai Presidenti: «Non ha senso riaprire un accordo già firmato per ridiscutere la partecipazione delle imprese europee agli appalti pubblici brasiliani. Il governo intende mantenere questa riserva di mercato anacronistica senza approfittare del trattato con l’UE per avere maggiore concorrenza nel mercato interno e aumentare la produttività», scriveva qualche giorno fa O Globo, il principale quotidiano brasiliano.
A fare notizia questa volta sono state anche le divisioni interne al blocco sudamericano. Stando a quanto riporta El Pais Uy l’Uruguay, il più piccolo e il meno popolato tra i quattro Paesi, non ha firmato il comunicato congiunto a conclusione del vertice. Il ministro degli Esteri di Montevideo Francisco Bustillo ha detto che potrebbe essere riconsiderato il tipo di appartenenza al blocco e che in futuro «si potrebbe pensare di modificare lo stesso trattato istitutivo, o eventualmente considerare la possibilità di uscire dal Mercosur come Stato fondatore e diventare uno Stato associato». A margine dell’incontro con i capi di governo di Brasile, Argentina e Paraguay, il presidente dell’Uruguay Luis Lacalle Pou ha rincarato la dose sottolineando la necessità di accelerare sugli scambi commerciali.
Lacalle vorrebbe una maggiore velocità dal blocco a trazione argentino-brasiliana nella rimozione degli ostacoli e nell’attuazione dei trattati, a partire da quello firmato con l’Unione europea nel 2019. Ma la visione uruguaiana va ben oltre Bruxelles: l’Uruguay è un attore importante nell’area nonostante le dimensioni ridotte ed è al centro di un doppio corteggiamento commerciale da parte di Cina e Stati Uniti, che vedono un’opportunità politica sia nei confronti del reciproco competitor sia nei confronti del Brasile (il Paese più influente del continente).
Difficile dire se quello di Lacalle Pou sia o meno un bluff anche se sembra improbabile che l’Uruguay si sganci da Brasile e Argentina, due Paesi dal quale l’economia uruguaiana dipende in maniera importante e i cui mercati non sarebbero più così “aperti” in caso di uscita dal blocco. Sicuramente c’è frustrazione dalle parti di Montevideo vista soprattutto la poca apertura che Brasilia e Buenos Aires hanno dimostrato negli ultimi anni. Sempre O Globo sottolinea ad esempio come il Paese verdeoro abbia tredici trattati commerciali in fase di stallo firmati ma non ratificati, il più vecchio dei quali risale a dodici anni fa.
Nonostante non si sia ancora trovato un punto di caduta interno al Mercosur, è facile pensare che i vertici di Commissione e Consiglio proveranno ad approfittare della presenza dei leader a Bruxelles per forzare ulteriormente la mano. Lula ha assicurato la propria presenza al premier spagnolo Pedro Sanchéz (che guida il Consiglio dell’Unione europea) e a Bruxelles potrebbe presentare la controproposta alla lettera ricevuta dall’UE qualche settimana fa. Stabilire se ci saranno novità significative in occasione del 17 e 18 luglio è difficile: molto dipenderà da come reagiranno Lula e Fernández alle pressioni uruguaiane, oltre che a quelle europee. Quella dei due leader potrebbe anche essere una strategia per ottenere migliori condizioni al tavolo negoziale. Certo che, se fosse così, sarebbe stata una buona idea avvisare anche Montevideo.