Considerando l’impatto dei cambiamenti climatici di origine antropica e l’assenza di una riduzione drastica delle emissioni di gas serra, quella del 2023 rischia di rivelarsi l’estate più fresca del resto della nostra vita. Le temperature sempre più elevate implicano un ripensamento della vita quotidiana, da cima a fondo. Soprattutto per quanto riguarda le categorie di cittadini e lavoratori più vulnerabili, come chi opera nei cantieri o i conduttori di forni per la produzione di laterizi. Basti pensare che, negli ultimi giorni, in Italia sono morte cinque persone sui luoghi di lavoro a causa delle conseguenze del caldo estremo sull’organismo.
Nel pieno dell’anticiclone Caronte, con più di quindici città italiane da bollino rosso, i sindacati alzano la voce per ottenere misure in linea con quelle che, stando agli scenari della comunità scientifica internazionale, saranno temperature sempre più comuni nelle prossime estati. Ieri, giovedì 20 luglio, Cgil, Cisl e Uil hanno incontrato i rappresentanti del governo, ma come riporta Repubblica, «il tavolo, a cui hanno partecipato anche le imprese, non ha dato per ora risposte. La ministra del Lavoro Marina Calderone ne ha capito l’urgenza al punto da riconvocarlo per lunedì».
Ivana Veronese, segretaria confederale Uil, ritiene che sia necessario un decreto d’urgenza per fermare le attività lavorative quando si oltrepassano i trentadue-trentatré gradi: «La situazione è drammaticamente urgente nell’edilizia, nei cantieri stradali, nell’agricoltura, nella logistica e non solo per i rider. Non si possono attendere le decisioni delle aziende se chiedere o meno la Cig. E intanto contare i morti», spiega a Repubblica.
Cgil, invece, vuole più soldi e semplificazioni burocratiche per la Cassa integrazione ordinaria per gli eventi meteo estremi. Al momento, l’impresa può richiederla quando si superano i trentacinque gradi reali o percepiti. Più prudente Confcommercio, che propone di tarare gli interventi «sulle tipologie di attività nei singoli settori e in base alle mansioni svolte».
Le richieste dei sindacati testimoniano una bocciatura completa del piano “anti-caldo” della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone. L’ex presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro aveva proposto lo smart working emergenziale (ma i problemi non sono affatto dentro gli uffici, spesso rinfrescati da aria condizionata e ventilatori) nel quadro di un “protocollo caldo”, simile a quello stilato durante la pandemia da Coronavirus. Un’idea giudicata poco incisiva dai sindacati, che chiedono meno burocrazia.