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Qualche sera fa, ho approfondito la conoscenza di due distillati molto interessanti, tequila e soprattutto mezcal, con il nostro club di fumatori di sigari, lo Standard Club, nel bellissimo hotel Falkensteiner. Abbiamo assaggiato mezcal artigianali e ancestrali, prodotti con agavi di diversa provenienza e di diverse varietà.
Questi distillati vengono prodotti con un metodo incredibile: le agavi vengono tagliate, eliminando le foglie rimane la cosiddetta piña (pigna), il cuore centrale, che può arrivare a pesare anche settanta chilogrammi (alcune riescono ad andare anche il oltre il quintale!). Questa “pigna” viene a sua volta dimezzata e messa a cuocere su un fuoco all’aperto per diversi giorni. Con l’utilizzo della brace e dei carboni vengono scaldate delle pietre, che vengono poi ricoperte dalle pigne di agave tagliate a metà, e successivamente a loro volta vengono ricoperte con fibre di agave, legno e terra, in modo che cuociano per 4-5 giorni.
Durante questa fase le pigne si modificano acquistando un sapore affumicato/torbato e l’amido viene tramutato in zuccheri fermentescibili. Poi le pigne vengono pestate a mano o in mulini di pietra e il succo e la polpa vengono fermentate in maniera del tutto naturale. Per favorire il raffreddamento e l’insediamento di lieviti indigeni, dalla cottura alla macinatura vengono lasciate per 4 o 5 giorni all’aria aperta. Il fermentato di agave viene poi distillato in piccoli alambicchi discontinui, sia di rame che – per alcuni prodotti- di terracotta di fattura incredibile.
Sopra l’alambicco c’è un pentolino di metallo in cui scorre dell’acqua fredda, i vapori che salgono dalla camera in cui c’è il fermentato da distillare evaporano, si condensano sul fondo di questa padellina piena di acqua fredda, gocciolano all’interno di una padellina sottostante il centro dell’alambicco e si accumulano, finendo poi attraverso una canna di bambù in un recipiente in cui finirà tutto il distillato. Nei mezcal ancestrali vengono prodotti dei batch al massimo di 170/200 litri e da disciplinare sono tutti “full proof”, senza tagli con acqua, per ridurne la gradazione alcolica, esattamente come escono dall’alambicco. È un mondo davvero interessante, che dà vita a prodotti molto complessi che giocano fra sentori fruttati, salati e affumicati.
E la tequila? La differenza con il mezcal è essenzialmente la “larga scala”. La tequila viene prodotta solo con l’agave Azul, che cresce più in fretta e viene coltivata in impianti intensivi, quindi non si usano agavi spontanee come per il mezcal. Per la cottura delle pigne nel caso della tequila si usano dei grossi forni a vapore: si perde quindi il sapore di affumicato, a meno che non venga aggiunto del fuoco di legna durante la cottura. Nel caso della tequila, l’agave può essere macinata e fermentata in serbatoi d’acciaio, anche con lieviti selezionati, e la distillazione avviene in alambicchi di rame, come quelli che utilizziamo in occidente.
Attenzione: questo non vuol dire che sia un prodotto scadente, anzi! Viene utilizzata molta più tecnica, ma la produzione è più su larga scala.
Per spiegare quanto possa valere una tequila ben fatta, basta ricordare la storia di George Clooney, che dopo aver fondato con alcuni amici il marchio di tequila Casamigos nel ’97, l’hanno poi venduta alla multinazionale Diageo per un miliardo di dollari. Mica male!