Innovatori e immobilistiLa sceneggiata elettorale dei sovranisti e i personaggi europei in cerca d’autore

Chiunque vincerà il voto del giugno 2024 i capi di Stato e di governo saranno costretti obtorto collo a scegliere come presidente della Commissione un candidato di una grande coalizione che comprenda sia i conservatori (ECR), o almeno alcuni di essi, sia i socialdemocratici con i liberali fra gli uni e gli altri e Germania e Francia

LaPresse

Nel 2005 e all’indomani della fine del progetto di Trattato costituzionale, partorito da quel corpo estraneo ai trattati che decise di auto-chiamarsi “convenzione” e che i governi vollero storpiare in un patchwork giuridicamente contraddittorio fra una parte breve di diritto primario ed una parte insopportabilmente lunga di diritto secondario, Giuliano Amato – che era uno dei genitori (molti padri e qualche madre) della parte breve – disse che «quello che ha preso corpo è un processo di crescente ibridazione fra il maschio Trattato e la femmina Costituzione che tuttavia non è giunto alla trasformazione dell’uno nell’altra ma ha portato alla formazione di un ermafrodito. E l’ermafrodito (che oggi vuole essere chiamato «intersessuale», n.d.r.)  ha finito per pretendere e ancora oggi pretende di essere riconosciuto e accettato come tale».

La sceneggiata, che alcuni personaggi in cerca di autore stanno recitando sul palcoscenico europeo in vista delle elezioni europee fra il 6 e il 9 giugno 2024, è in qualche modo l’innesto ermafroditico fra il maschio-Trattato – di cui i governi continuano ad essere i “signori” – e la femmina-Costituzione concepita dalla Convenzione ma incapace di sopprimere il maschio come il fuco muore invece dopo l’accoppiamento con l’ape regina.

Cerchiamo di far luce, nella misura del possibile, fra le nebbie provocate dall’ancora embrionale campagna elettorale europea – incardinata nelle logiche nazionali – e dallo sforzo sovrumano di molti giornalisti che vorrebbero imporre all’ermafrodito europeo le logiche nazionali, fondate sulla contrapposizione fra maggioranze uscenti e opposizioni che aspirano a diventare maggioranza.

In primo luogo, le elezioni europee avranno luogo sulla base di ventisette leggi elettorali nazionali in competizioni nazionali fra leader e candidati nazionali in assenza di interazioni europee perché – salvo  rare eccezioni  – non ci saranno candidati provenienti da altri paesi europei, non ci saranno le liste transnazionali chieste dal Parlamento europeo, una percentuale irrisoria di elettori voterà al di fuori del proprio paese e le regole di voto differiranno da paese a paese come l’elettorato attivo al sedicesimo anno di età in sei Stati e a diciotto anni negli altri ventuno.

Il Trattato di Lisbona afferma che: «Tenuto conto delle elezioni europee (ma stranamente non del loro risultato) e dopo aver fatto le consultazioni appropriate (senza precisare con chi e perché), il Consiglio europeo, decidendo alla maggioranza qualificata (e cioè con il voto favorevole del cinquantacinque per cento degli Stati membri pari ad almeno quindici Stati membri su ventisette e il sessantacinque per cento della popolazione europea e cioè almeno duecento novanta milioni di cittadine e cittadini su quattrocentocinquanta milioni) propone al Parlamento europeo un candidato alla presidenza della Commissione. Questo candidato è eletto dal Parlamento europeo alla maggioranza (assoluta e cioè trecentocinquantatré membri) dei membri che lo compongono».

Il Trattato prevede anche che nel Consiglio europeo si possa formare una minoranza di blocco di quattro paesi sapendo che, quando tutti gli Stati membri tranne tre votano a favore, la maggioranza qualificata si considera ugualmente raggiunta anche se i 24 Stati membri che votano a favore rappresentano meno del sessantacinque per cento della popolazione globale.

È difficile oggi prevedere quale sarà la composizione politica del Consiglio europeo a fine giugno 2024 – considerando le scadenze elettorali legislative in Spagna, Polonia, Slovacchia, Lussemburgo, Belgio e Bulgaria per non parlare delle elezioni presidenziali in Slovacchia, Polonia, Lituania, Finlandia e Croazia – ma è possibile immaginare che gli ipotetici schieramenti di centro-destra (e cioè i governi a trazione PPE e/o ECR) e quelli di centro-sinistra (e cioè i governi a trazione S&D o ALDE talvolta in alleanza con i Verdi) possano costituire ciascuno una minoranza di blocco nel caso in cui l’uno o l’altro schieramento cerchi di imporre un proprio candidato alla presidenza della Commissione e che, dunque, i capi di Stato e di governo saranno costretti – obtorto collo e con un accordo inimmaginabile a livello nazionale che provocherebbe forti tensioni nei paesi in cui anche l’estrema destra è al governo –  a scegliere un candidato di una grande coalizione che comprenda sia i conservatori (ECR), o almeno alcuni di essi, sia i socialdemocratici con i liberali fra gli uni e gli altri e Germania e Francia in condizione di avvicinarsi alla soglia del trentacinque per cento della popolazione globale europea.

La decisione del Consiglio europeo è condizionata inoltre dall’incertezza che pesa sulla volontà dei gruppi politici nel Parlamento europeo di ripetere nel 2024 il metodo – non previsto dal Trattato di Lisbona ma proposto dal leader SPD Martin Schulz nel 2013 nell’illusione che i socialisti avrebbero superato i popolari alle elezioni europee nel 2014 – di presentare alle elezioni europee dei candidati-leader (Spitzenkandidaten) alla presidenza della Commissione europea.

Il metodo fu apparentemente applicato nel 2014 nella scelta del lussemburghese Jean-Claude Juncker, che fu il frutto invece di accordo preelettorale franco-tedesco gestito da Angela Merkel e accantonato nel 2019 quando ancora Angela Merkel preferì al bavarese Manfred Weber la fedele Ursula von der Leyen.

La stessa Ursula von der Leyen, che vorrebbe restare al Berlaymont dal 2024 al 2029 per gestire i negoziati con i paesi candidati all’adesione e in particolare l’ingresso dell’Ucraina nell’UE, sa bene che la sua conferma nel Consiglio europeo di fine giugno 2024 sarebbe facilitata da una nuova maggioranza Ursula e sarebbe resa invece più difficile se accettasse di essere la Spitzenkandidatin del PPE o, peggio ancora, se fosse la candidata di una coalizione PPE-ECR, comunque minoritaria nell’attuale e nel futuro Parlamento europeo.

Le pene di Ursula von der Leyen o di un altro candidato-presidente non finiranno dopo l’eventuale accordo nel Consiglio europeo perché la scelta dei capi di Stato e di governo dovrà essere confermata dall’elezione a maggioranza assoluta nel Parlamento europeo che avvenne nel 2019 per Ursula von der Leyen con soli nove voti di scarto.

Dopo di che, il candidato o la candidata alla presidenza della Commissione europea dovrà presentarsi di nuovo davanti alla assemblea con il suo collegio e cioè con ventisei commissari scelti di comune accordo con i governi nazionali, dove quelli a trazione PPE sceglieranno un popolare, quelli a trazione S&D un socialista, quelli a trazione ALDE un liberale, quelli a trazione ECR un conservatore a meno che in un governo di centro-sinistra prevalga un commissario appartenente ai Verdi.

L’unico, ma consistente, margine di manovra del Presidente o della Presidente della Commissione starà nella distribuzione dei portafogli e cioè di quelli che chiameremmo, in una logica nazionale, gli incarichi ministeriali dove il Parlamento europeo si è tuttavia auto-attribuito un potere di veto che costò il posto di commissario a Rocco Buttiglione nel 2009.

Qui finisce la sceneggiata preelettorale con un copione che deve ancora essere in buona parte scritto ma in cui appare molto impervia la strada di coloro che immaginano di rovesciare il tavolo nel 2024 e conquistare il governo dell’Europa a uso e consumo dei sovranisti.

La vita della legislatura 2024-2029 sarà invece soggetta ad un altro copione e dipenderà dagli equilibri politici fra i gruppi politici nel prossimo Parlamento europeo. Se la nomina della Commissione europea sarà condizionata dalla ricerca di una larga maggioranza, l’attuazione delle priorità politiche e legislative della nuova legislatura europea sarà invece il frutto della contrapposizione fra innovatori e immobilisti sulle politiche da realizzare e sul processo che porterà inevitabilmente – prima dell’allargamento dell’Unione europea – al superamento dell’ermafrodito insito nel Trattato di Lisbona.

Ne sapremo qualcosa di più dopo le elezioni in Spagna, Polonia, Lussemburgo, Slovacchia, Bulgaria e Belgio che ci indicheranno gli orientamenti di quegli elettorati.