Non è esplicitamente una moral suasion a non andare avanti sulla strada della commissione d’inchiesta sul Covid, ma tutti hanno letto così l’ammonimento di Sergio Mattarella. Il riferimento è chiaro: il Parlamento non è «un contropotere» della magistratura. La quale, com’è noto, sulla vicenda Covid già si è espressa con l’assoluzione di Giuseppe Conte e Roberto Speranza dalle accuse che gli erano state rivolte. La botta del presidente della Repubblica è giunta un po’ a sorpresa durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio, dato che la questione della Commissione d’inchiesta sul Covid, approvata dalla Camera ma non ancora dal Senato, è finita un po’ nel dimenticatoio ma è (sarebbe) destinata a tornare d’attualità.
Ci si chiede adesso se queste parole di Mattarella verranno in qualche modo valutate dalle forze politiche, in primo luogo dalla destra che insieme al Terzo Polo ha insistito per istituire una commissione che fin dalle premesse è evidentemente politicamente di parte giacché esclude dalle indagini le Regioni, quelle guidate appunto dalla destra, che come tutti sanno hanno avuto una responsabilità primaria nella gestione degli interventi contro la pandemia.
C’è una frase nel discorso di Mattarella che è suonata come particolarmente incisiva: «Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della magistratura». Sembra quasi (o forse senza “quasi”) il preannuncio di una opposizione giuridica del Quirinale alla legge che istituisce la commissione sul Covid: Mattarella non la firmerebbe? Di certo dopo queste parole per la maggioranza c’è da riflettere.
Questo forte richiamo alla politica, combinazione, è caduto nel giorno in cui la magistratura di Firenze ha preso un cazzotto nell’occhio da parte della Corte Costituzionale sul ricorso circa l’attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal Senato nei confronti della Procura fiorentina in relazione agli atti di indagine compiuti in un procedimento penale pendente nei confronti, tra gli altri, di Matteo Renzi: la Consulta ha affermato in particolare la necessità che l’acquisizione, anche presso terzi, di messaggi di conversazioni mail e whatsapp di cui è parte un parlamentare sia preceduta dall’autorizzazione della Camera di appartenenza, dovendo tali messaggi essere ricondotti alla nozione di “corrispondenza” per cui si impone il rispetto dell’articolo 68 della Carta. Quello che sosteneva Renzi.
Anche per questa inattesa coincidenza il richiamo del Capo dello Stato alla politica combacia perfettamente con il più alto senso istituzionale di cui egli è garante. E conferma una volta di più la necessità di un preciso argine alle smanie di una maggioranza arrembante che pretende di regolare conti con alcuni e non con altri secondo una logica di convenienza politica e non di equilibrato senso di giustizia. Il che tra l’altro non pregiudica affatto, in presenza di atti motivati, che in seguito la magistratura possa intervenire su questo o quell’episodio verificatosi durante la battaglia contro il virus (ancora non si è capito bene per esempio il ruolo dei russi nei giorni più tragici a Bergamo), ma è escluso che il Parlamento possa invadere, appunto, il ruolo del potere giudiziario come vorrebbe la destra, quando gli torna comodo.
Il rispetto dei ruoli, la cultura dei confini, dei limiti, delle prerogative è stato sempre ed è un assillo di questo presidente della Repubblica dinanzi a scavalcamenti, pressioni, invasioni di campo da tutte le parti. Ecco l’arbitro, dunque. Pronto a richiamare tutti, maggioranza e opposizione, a fare il loro dovere anche e soprattutto sul piano della politica con la “P” maiuscola, che in questo frangente si chiama attuazione del Pnrr mentre sul clima – ha detto mollando un’altra sberla al governo Meloni – «siamo in ritardo».
Lavorate, pare dica Mattarella ai politici, richiamando ancora una volta la «stanga» di degasperiana memoria. Seppur nel suo stile sempre attento ai toni, è un Mattarella molto politico quello che ha pronunciato parole che inseguono Giorgia Meloni sbarcata negli Stati Uniti. La presidente del Consiglio deve annotare che forse è meglio lasciarla perdere, questa commissione d’inchiesta sugli anni più terribili della nostra storia.