L’arte è donnaCinque grandi artiste da riscoprire sotto l’egida di giovani curatrici italiane

Da Milano a Napoli, passando per Bologna, Bergamo e Roma: una manciata di consigli per un’estate all’insegna della creatività

Kazuko Miyamoto nella sua mostra Behind Paradise Door (Courtesy: artista, fotografo ignoto)

Artiste e curatrici sono le protagoniste delle grandi mostre istituzionali dell’estate 2023. Sperimentatrici, innovatrici, ma sempre laterali al sistema, cinque grandi artiste conquistano la ribalta nei grandi musei italiani, sotto l’egida di giovani curatrici. Carriere decennali da scoprire in esperienze a allestimenti immersivi, che avvolgono lo spettatore nella pratica delle creatrici, rivendicando a gran voce un posto di rilievo nel mondo dell’arte contemporanea.

Ann Veronica Jannsen, Grand Ball
a cura di Roberta Tenconi
Dove: Milano, Pirelli Hangar Bicocca
Quando: Fino al 30 luglio.

Nella decostruzione post-monumentale dell’opera, centro della produzione della britannica Ann Veronica Jannsen fin dall’inizio, la luce gioca un ruolo fondamentale. La grande mostra, allestita nella vastità delle navate, vede per la prima volta l’Hangar Bicocca inondato di luce naturale, grazie alle porte e ai lucernari aperti. Grand Ball esplora la carriera di Ann Veronica Janssens e diversi aspetti della sua pratica, presentando per la prima volta la più comprensiva selezione di opere, tra lavori storici e nuove produzioni. Superfici riflettenti, trasparenze, metallo e fumo concorrono a rendere la visita una lunga esperienza di slittamento e deprivazione sensoriale, stimolando in modo ludico e immersivo la riflessione sul fare arte.

Ann Veronica Janssens, Grand Bal, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023 © 2023 Ann Veronica Janssens / SIAE (Foto Andrea Rossetti)

Rachel Whiteread …and the animals were sold
a cura di Sara Fumagalli e Lorenzo Giusti
Dove: Bergamo, Palazzo della Ragione
Quando: fino al 30 ottobre

Nella sala delle Capriate del Palazzo della Ragione di Bergamo, Rachel Whiteread mette in scena l’assedio dell’assenza e il peso del ritorno nella prima delle opere che affronta apertamente i cambiamenti sociali dovuti alla pandemia di Covid-19 del 2020. Disposti nella sala, sessanta calchi in pietra dello spazio tra le gambe di altrettante sedie ricordano come spomenik contemporanei l’isolamento forzato e si prestano a diventare, a loro volta, sedute nel ritrovato spazio condiviso della mostra.

Rachel Whiteread., …And the Animals Were Sold Vedute dell’installazione – GAMeC / Palazzo della Ragione, Bergamo, 2023 (Foto: Lorenzo Palmieri, courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo)

Le sculture sono realizzate in diverse tipologie di pietre che si ritrovano nei materiali di costruzione sia del Palazzo della Ragione, sia di Piazza Vecchia, come nel caso della pietra di Sarnico nella facciata del Palazzo della Ragione e del marmo di Zandobbio nella Fontana del Contarini, e che vengono tutt’ora estratte dalle cave del territorio bergamasco. L’artista ha voluto in questo modo creare una stretta relazione con il territorio e la sua storia, nonché con l’architettura del luogo che ospita la mostra.

Yvonne Rainer: Words, Dances, Films
a cura di Caterina Molteni
Dove: Bologna, MamBo
Quando: fino al 10 settembre

Danzatrice, coreografa, regista, teorica e poeta, Yvonne Rainer è sempre rimasta una figura laterale nelle arti visive e performative. Il suo lavoro, in realtà, non solo ha rivoluzionato il linguaggio della danza promuovendo negli anni Sessanta un approccio minimalista che trovava ispirazione nel naturale movimento cinetico del corpo e nella gestualità quotidiana, ma ha anche fatto dell’ibridazione tra le arti la sua traccia distintiva.

Yvonne Rainer: Words, Dances, Films. Veduta di allestimento, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, 2023. Foto RMphotostudio

Nell’impostazione intermediale delle performance degli anni Sessanta e Settanta, parlato, proiezioni di fotografie, testi e immagini in movimento ricoprivano un ruolo centrale. Già dalle prime coreografie, Rainer include versi e brevi frasi che sviluppa, successivamente, in veri e propri dialoghi o monologhi registrati. La Galleria e la Sala delle Ciminiere del MamBo ospitano per la prima volta tutta la produzione video, oltre a una ricognizione storica e documentativa, dell’artista americana, classe 1934 e ancora in attività.

Pauline Oliveros, Beethoven Was a Lesbian
Dove: Roma, Macro
Quando: fino al 10 settembre

Pauline Oliveros è stata una compositrice, performer, autrice ed educatrice tra le prime ad adottare un approccio alla musica sperimentale e multidisciplinare rivolto a includere i suoni sia interiori che ambientali che ci accompagnano ogni giorno. Integrando nella sua ricerca il corpo e le sue estensioni tecnologiche in continua evoluzione, ha cercato di trasformare e sovvertirne le funzioni quotidiane attraverso l’ascolto e il suono.

Pauline Oliveros, Beethoven Was a Lesbian
Veduta esterna /External view, MACRO 2023
Ph.Melania Dalle Grave–DSLStudio

Le sue meditazioni hanno gettato le basi sia per la pratica del Deep Listening, che svilupperà a partire dagli anni Ottanta e diventerà l’impegno della sua vita, sia per lo sviluppo degli aspetti politici e collettivi del suo lavoro. È stata una delle prime a sostenere le donne compositrici e a denunciare l’ingiustificata assenza di donne nella musicologia e nella storia della musica. Questo impegno era parte integrante della sua metodologia che metteva in discussione l’autorialità e intrecciava estetica, psicologia e movimento corporeo, prendendo in prestito tanto dalla ricerca scientifica quanto dalle credenze spirituali. La mostra comprende pubblicazioni e registrazioni sonore che ripercorrono l’intera carriera di Oliveros, dai suoi primi lavori che uniscono improvvisazione, montaggio e suoni elettronici a quelli successivi che cercano sempre più di ampliare l’interazione tra dispositivi tecnologici, ambiente e musicisti.  Il titolo, Beethoven Was a Lesbian, è tratto da una serie di cartoline postali che Oliveros ha realizzato con l’artista Fluxus Alison Knowles nel 1976.

Kazuko Miyamoto, a cura di Eva Fabbris
Dove: Napoli, MADRE
Quando: fino al 9 ottobre

Eva Fabbris, nuova direttrice del museo MADRE di Napoli, sceglie per inaugurare il suo percorso alla guida del museo Kazuko Miyamoto nella prima ricognizione storiografica dedicata all’artista giapponese di base a New York da un’istituzione pubblica europea. Dai primi anni Settanta, Miyamoto opera a cavallo tra due continenti e due culture, trovando un personalissimo modo di connetterne le istanze più profonde, contribuendo e allo stesso tempo contravvenendo al linguaggio modernista.

Nine Bridges in The Bryant Park, 1982-83 (Courtesy: artista e EXILE)

È stata inoltre promotrice di contesti attivisti ed espositivi che per primi a New York hanno esteso i confini della rappresentatività per artiste donne e non occidentali. Il racconto di questa attitudine trova oggi immediate rispondenze nelle istanze più attuali nell’arte. Questa mostra accompagna i visitatori del Madre nel riconoscimento di paradigmi narrativi e storiografici che integrano e ampliano lo sguardo sull’arte del nostro immediato passato secondo una sensibilità del tutto contemporanea.

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